Un’altra invenzione sprecata dal teatro italiano: la drammaturgia di Rosso di San Secondo Prendo a prestito dal titolo di un libro meldolesiano l’espressione “invenzione sprecata”, a proposito degli anni Venti (1915-1925) per la situazione italiana, a confermare che una serie di «fondamentali esperienze» furono scoraggiate dal nostro teatro negli anni Trenta-Cinquanta, che si caratterizzano soprattutto come «tempo di normalizzazione». Aggiungo il caso Rosso di San Secondo, autore di una drammaturgia ricca di invenzioni, ovvero di aspetti disturbanti (anche) rispetto al teatro corrente, perché avrebbero richieste soluzioni di contraddittorietà con il sistema o almeno di innovative fuoriuscite – sotto il profilo tecnico – dalla macchina produttiva; il drammaturgo non conobbe soltanto una battuta d’arresto negli anni della normalizzazione, ma è andato sprecato sostanzialmente anche dopo, con l’avvento del Nuovo Teatro, e lo è tuttora, quando tali invenzioni sarebbero realizzabili. Ne indago i motivi ri-analizzando i suoi due capolavori, Marionette, che passione! (1918) e La bella addormentata (1919), e cercando di mostrare anche la relativa inadeguatezza delle loro rare riprese, per concludere con il disegno scenico di una eventuale videoistallazione del secondo testo regalatomi da Fabrizio Crisafulli.
Un’altra invenzione sprecata dal teatro italiano: la drammaturgia di Rosso di San Secondo
Barsotti A
2019-01-01
Abstract
Un’altra invenzione sprecata dal teatro italiano: la drammaturgia di Rosso di San Secondo Prendo a prestito dal titolo di un libro meldolesiano l’espressione “invenzione sprecata”, a proposito degli anni Venti (1915-1925) per la situazione italiana, a confermare che una serie di «fondamentali esperienze» furono scoraggiate dal nostro teatro negli anni Trenta-Cinquanta, che si caratterizzano soprattutto come «tempo di normalizzazione». Aggiungo il caso Rosso di San Secondo, autore di una drammaturgia ricca di invenzioni, ovvero di aspetti disturbanti (anche) rispetto al teatro corrente, perché avrebbero richieste soluzioni di contraddittorietà con il sistema o almeno di innovative fuoriuscite – sotto il profilo tecnico – dalla macchina produttiva; il drammaturgo non conobbe soltanto una battuta d’arresto negli anni della normalizzazione, ma è andato sprecato sostanzialmente anche dopo, con l’avvento del Nuovo Teatro, e lo è tuttora, quando tali invenzioni sarebbero realizzabili. Ne indago i motivi ri-analizzando i suoi due capolavori, Marionette, che passione! (1918) e La bella addormentata (1919), e cercando di mostrare anche la relativa inadeguatezza delle loro rare riprese, per concludere con il disegno scenico di una eventuale videoistallazione del secondo testo regalatomi da Fabrizio Crisafulli.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.