Tra la "Storia vera di Piero d’Angera, che alla crociata non c’era" (dicembre 1960) e "La colpa è sempre del diavolo" (settembre 1965) corrono 5 anni, l’esperienza troncata di “Canzonissima” e due commedie di vaglia, "Isabella, tre caravelle e un cacciaballe" e "Settimo: ruba un po’ meno". Si motivano anzitutto le ragioni della nostra scelta esegetica: da un lato un testo mai messo in scena da Fo, e pubblicato tardivamente nel 19972, dall’altro una commedia non particolarmente studiata, non ritenuta degna dal suo autore d’una edizione tv; eppure – a nostro avviso – entrambi interessanti per una serie di motivi che fanno capo a una specie di primogenitura, una prima volta che rimanda poi a Mistero buffo. Per la prima volta, l’immersione in un Medioevo pseudostorico e pseudofantastico, fiabesco in "La vera storia," addirittura fantascientifico in "La colpa...," manifesta anche il rapporto sacro-profano alla maniera di Fo, ossia carnevalizzato e intriso già di spirito giullaresco. Quanto alle divergenze fra i due testi in esame, l'analisi diventa un esercizio di immaginazione scenica, su base drammaturgica, considerando che la drammaturgia dell’attore-autore lombardo è frutto sempre d’una proiezione o sedimentazione performativa e consente quindi una ricostruzione dello spettacolo da parte del lettore- spettatore.
Il primo Medioevo di Dario Fo: tra angelastri e diavoli nani. Dal fiabesco alla storia mitizzata
Barsotti A
2020-01-01
Abstract
Tra la "Storia vera di Piero d’Angera, che alla crociata non c’era" (dicembre 1960) e "La colpa è sempre del diavolo" (settembre 1965) corrono 5 anni, l’esperienza troncata di “Canzonissima” e due commedie di vaglia, "Isabella, tre caravelle e un cacciaballe" e "Settimo: ruba un po’ meno". Si motivano anzitutto le ragioni della nostra scelta esegetica: da un lato un testo mai messo in scena da Fo, e pubblicato tardivamente nel 19972, dall’altro una commedia non particolarmente studiata, non ritenuta degna dal suo autore d’una edizione tv; eppure – a nostro avviso – entrambi interessanti per una serie di motivi che fanno capo a una specie di primogenitura, una prima volta che rimanda poi a Mistero buffo. Per la prima volta, l’immersione in un Medioevo pseudostorico e pseudofantastico, fiabesco in "La vera storia," addirittura fantascientifico in "La colpa...," manifesta anche il rapporto sacro-profano alla maniera di Fo, ossia carnevalizzato e intriso già di spirito giullaresco. Quanto alle divergenze fra i due testi in esame, l'analisi diventa un esercizio di immaginazione scenica, su base drammaturgica, considerando che la drammaturgia dell’attore-autore lombardo è frutto sempre d’una proiezione o sedimentazione performativa e consente quindi una ricostruzione dello spettacolo da parte del lettore- spettatore.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.