Il 1 luglio 1837 Stendhal pubblica su La Revue des Deux Mondes una novella, Les Cenci, liberamente tradotta da uno dei manoscritti romani di Palazzo Caetani (BnF, Ms Italien 172). Questo lavoro di traduzione, non nuovo per Stendhal che ha già pubblicato una novella dei manoscritti e si appresta a tradurne altre, progressivamente evolve in una vera e propria riscrittura del testo originale. Ne Les Cenci, dove ancora persiste una moderata aderenza al testo originale, le prime avvisaglie di un graduale mutamento del paradigma di traduzione stendhaliano si possono rintracciare nella lunghezza dell’introduzione e soprattutto grazie a quelle occorrenze testuali che segnalano delle aggiunte o degli “scarti” rispetto al testo manoscritto. Il mio obbiettivo è evidenziare come alcuni di questi “scarti” testuali siano il sintomo di una poetica della mistificazione che individua a sua volta una precisa poetica dell’enunciazione e di ricezione da parte dell’autore. Non solo, è proprio grazie all’analisi pragmatica collegata ai deittici testuali, alla disposizione dei piani enunciativi e soprattutto agli “scarti” che si può evidenziare come l’assetto dell’intero testo e la concordanza tra mondo finzionale e mondo reale sia riorganizzata in funzione della (ri)configurazione del “mito letterario” del Don Giovanni.

Les Cenci e il don Giovanni: traduzione, (ri)configurazione e “scarto” in una novella Stendhaliana

Serena Perego
2020-01-01

Abstract

Il 1 luglio 1837 Stendhal pubblica su La Revue des Deux Mondes una novella, Les Cenci, liberamente tradotta da uno dei manoscritti romani di Palazzo Caetani (BnF, Ms Italien 172). Questo lavoro di traduzione, non nuovo per Stendhal che ha già pubblicato una novella dei manoscritti e si appresta a tradurne altre, progressivamente evolve in una vera e propria riscrittura del testo originale. Ne Les Cenci, dove ancora persiste una moderata aderenza al testo originale, le prime avvisaglie di un graduale mutamento del paradigma di traduzione stendhaliano si possono rintracciare nella lunghezza dell’introduzione e soprattutto grazie a quelle occorrenze testuali che segnalano delle aggiunte o degli “scarti” rispetto al testo manoscritto. Il mio obbiettivo è evidenziare come alcuni di questi “scarti” testuali siano il sintomo di una poetica della mistificazione che individua a sua volta una precisa poetica dell’enunciazione e di ricezione da parte dell’autore. Non solo, è proprio grazie all’analisi pragmatica collegata ai deittici testuali, alla disposizione dei piani enunciativi e soprattutto agli “scarti” che si può evidenziare come l’assetto dell’intero testo e la concordanza tra mondo finzionale e mondo reale sia riorganizzata in funzione della (ri)configurazione del “mito letterario” del Don Giovanni.
2020
Perego, Serena
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/1035780
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