Nel saggio su Visconti, la ricostruzione dello spettacolo alfieriano è partita non solo dal rapporto, magistrale e poi polemico, del regista con il primo attore, Vittorio Gassman (a sua volta, in seguito, regista dello stesso "Oreste"), ma anche da quello con l'autore settecentesco: rapporto che si rivela non solo polemico ma venato di evidenti affinità. L'analisi dell'edizione a stampa utilizzata da Visconti e attraversata da segni, disegni e postille autografe, ha consentito di integrare l'esame delle recensioni, note di regia e dichiarazioni dello scenografo (Mario Chiari), producendo risultati nuovi anche rispetto alla precedente ricostruzione dello spettacolo in "Alfieri e la scena. Da fantasmi di personaggi a fantasmi di spettatori" (A. Barsotti, p. 255 con illustr, ROMA, Bulzoni, 2001). Si scopre come un “passo doppio” costituisca la chiave registica dell’"Oreste" viscontiano: da un lato un lavoro di levigazione del testo che accelera la stessa velocità dell’azione testuale, dall’altro, l’indugio prodotto dall’impiego di codici spettacolari quali scena e costumi metaforici e fantasmagorici (analizzati sulla base dell’apparato iconografico), attorialità palese della musica e polifonia vocale degli interpreti, allo scopo di rilevare le segrete e moderne rispondenze (non detto, sospensioni, pause) anche del difficile verso dell’Astigiano. Il pregio del saggio è nel metodo interdisciplinare intrapreso, oltre che nell'originalità dei risultati.
"Visconti e Alfieri: un passo doppio per l' 'Oreste' "
BARSOTTI, ANNA
2006-01-01
Abstract
Nel saggio su Visconti, la ricostruzione dello spettacolo alfieriano è partita non solo dal rapporto, magistrale e poi polemico, del regista con il primo attore, Vittorio Gassman (a sua volta, in seguito, regista dello stesso "Oreste"), ma anche da quello con l'autore settecentesco: rapporto che si rivela non solo polemico ma venato di evidenti affinità. L'analisi dell'edizione a stampa utilizzata da Visconti e attraversata da segni, disegni e postille autografe, ha consentito di integrare l'esame delle recensioni, note di regia e dichiarazioni dello scenografo (Mario Chiari), producendo risultati nuovi anche rispetto alla precedente ricostruzione dello spettacolo in "Alfieri e la scena. Da fantasmi di personaggi a fantasmi di spettatori" (A. Barsotti, p. 255 con illustr, ROMA, Bulzoni, 2001). Si scopre come un “passo doppio” costituisca la chiave registica dell’"Oreste" viscontiano: da un lato un lavoro di levigazione del testo che accelera la stessa velocità dell’azione testuale, dall’altro, l’indugio prodotto dall’impiego di codici spettacolari quali scena e costumi metaforici e fantasmagorici (analizzati sulla base dell’apparato iconografico), attorialità palese della musica e polifonia vocale degli interpreti, allo scopo di rilevare le segrete e moderne rispondenze (non detto, sospensioni, pause) anche del difficile verso dell’Astigiano. Il pregio del saggio è nel metodo interdisciplinare intrapreso, oltre che nell'originalità dei risultati.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.