Mummificazione, imbalsamazione:arti antico-egiziane di una tanatopratica che, nell’ideologia originaria della totalità individuale e della conseguente unità corpo-spirito, permetteva a quest’ultimo di ritrovare il proprio «guscio» e in esso ricollocarsi per l’eternità. Nell’antico Egitto morire significava davvero «passare a miglior vita». Ma, per garantire tale continuità, il corpo doveva essere correttamente preservato dal suo deperimento, cosí che lo spirito ba potesse ritrovarlo e a lui ricongiungersi.Questo fu il motivo che indusse gli antichi Egiziani a ricercare una pratica,che col tempo divenne sempre piú complessa, per sottrarre i corpi al naturale processo di decomposizione e renderli incorruttibili e,quindi,capaci di sopravvivere. Nacque cosí, forse anche suggerita dall’osservazione dei numerosi corpi naturalmente mummificati affioranti dalla sabbia del deserto,l’arte della imbalsamazione. All’inizio della storia dell’antico Egitto,l’imbalsamazione (ora detta anche mummificazione antropogenica) era riservata unicamente al re e alla sua famiglia. In un secondo momento fu estesa ai membri della corte, per poi divenire processo accessibile alle classi medie e, solo alla fine,risultare possibile per tutti con vere e proprie squadre di esperti imbalsamatori per l’intero popolo egizio. La conoscenza delle tecniche di imbalsamazione in uso nell’antico Egitto si basa su fonti letterarie, classiche e archeologiche. Queste ultime sono dirette – alludiamo alle centinaia di mummie a oggi recuperate – o indirette – costituite cioè dalle raffigurazioni sulle pare ti delle tombe e dei sarcofagi:scene che riguardano il corredo funerario e, piú raramente, la preparazione del corpo del defunto e della fasciatura della sua mummia.

Alla ricerca dell'Eternità

Gino Fornaciari
2009-01-01

Abstract

Mummificazione, imbalsamazione:arti antico-egiziane di una tanatopratica che, nell’ideologia originaria della totalità individuale e della conseguente unità corpo-spirito, permetteva a quest’ultimo di ritrovare il proprio «guscio» e in esso ricollocarsi per l’eternità. Nell’antico Egitto morire significava davvero «passare a miglior vita». Ma, per garantire tale continuità, il corpo doveva essere correttamente preservato dal suo deperimento, cosí che lo spirito ba potesse ritrovarlo e a lui ricongiungersi.Questo fu il motivo che indusse gli antichi Egiziani a ricercare una pratica,che col tempo divenne sempre piú complessa, per sottrarre i corpi al naturale processo di decomposizione e renderli incorruttibili e,quindi,capaci di sopravvivere. Nacque cosí, forse anche suggerita dall’osservazione dei numerosi corpi naturalmente mummificati affioranti dalla sabbia del deserto,l’arte della imbalsamazione. All’inizio della storia dell’antico Egitto,l’imbalsamazione (ora detta anche mummificazione antropogenica) era riservata unicamente al re e alla sua famiglia. In un secondo momento fu estesa ai membri della corte, per poi divenire processo accessibile alle classi medie e, solo alla fine,risultare possibile per tutti con vere e proprie squadre di esperti imbalsamatori per l’intero popolo egizio. La conoscenza delle tecniche di imbalsamazione in uso nell’antico Egitto si basa su fonti letterarie, classiche e archeologiche. Queste ultime sono dirette – alludiamo alle centinaia di mummie a oggi recuperate – o indirette – costituite cioè dalle raffigurazioni sulle pare ti delle tombe e dei sarcofagi:scene che riguardano il corredo funerario e, piú raramente, la preparazione del corpo del defunto e della fasciatura della sua mummia.
2009
Fornaciari, Gino
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