La produzione narrativa ispano-americana di metà Novecento definita magico realista, che indaga e rappresenta gli aspetti della realtà autoctona ritenuti inusitati e straordinari, e prodotta da autori come il colombiano García Márquez, il venezuelano Arturo Uslar Pietri, il guatemalteco Miguel Ángel Asturias e il cubano Alejo Carpentier, è stata al centro di dibattiti accesissimi a partire dagli anni Sessanta. Tale interessamento si deve in primo luogo all’evento storico della rivoluzione cubana, circostanza politica che solletica la curiosità della comunità intellettuale internazionale nei riguardi della sperimentazione narrativa sudamericana, favorendone promozione e diffusione, e contribuendo ad ampliare il dibattito critico sulle estetiche del Novecento. In secondo luogo esso si deve al carattere fortemente innovativo di questa narrativa, concepita come risposta al bisogno profondo di un’intera generazione di affabulatori di raccontare la realtà culturale, sociale, economica dei propri paesi, rompendo gli schemi del realismo, del criollismo, dell’indigenismo. Trasportando il lettore in luoghi di sogno, dove le piogge non finiscono mai, dove l’onirico, il meraviglioso, lo straordinario, il perturbante sono i temi ma anche le forme scelte dalla narrazione, l’obiettivo è raccontare l’America sincretica, multiculturale, meticcia, minata da sanguinarie dittature, spiegare cosa si cela dietro a quella realtà verginale che aveva lasciato gli europei in preda allo sconcerto e, sulla quale, in modo fantasioso e pregiudiziale avevano speculato. Già agli inizi degli anni Settanta, tuttavia, studiosi di fama mondiale ritenevano che la formula realismo magico, impiegata per definire questa produzione narrativa, fosse divenuta sterile, che essa avesse condotto la discussione ad arenarsi, producendo rigide tassonomie quando non vere e proprie tautologie a causa dell’ambiguità e della vaghezza dell’aggettivo “magico”. A partire da questa considerazione, e recuperando alcune delle idee su cui si è avviato il dibattito critico, si cercherà di illustrare gli aspetti più significativi dell’estetica magico realista; lo si farà cercando di evidenziare quanto sia risultato infruttuoso l’atteggiamento che ha portato la critica a favorire le separazioni piuttosto che le contaminazioni tra le tendenze, le correnti, le modalità discorsive che ad essa possono dirsi connesse (penso al real-maravilloso ma anche al fantastico rioplatense) e focalizzando, invece, l’attenzione sui procedimenti di naturalizzazione dell’irreale e di soprannaturalizzazione del reale, esposti per la prima volta da Ángel Flores nel 1954, e condivisi, almeno in parte, tanto dai testi magico realisti quanto dai racconti fantastici novecenteschi. Sarà mia cura inoltre dar conto dell’importanza rivestita dal surrealismo francese sottolineando come e in che forme la concezione di merveilleux concepita dagli scrittori magico realisti debba la sua originalità e specificità ai modi in cui essa prende le distanze, accogliendone alcune istanze, dall’estetica surrealista. Infine si commenteranno alcune opere molto note, El reino de este mundo di Alejo Carpentier e Cien años de soledad di García Márquez, per offrire esempi testuali di realismo magico in progetti narrativi molto diversi tra loro ma concepiti tutti dalla volontà dei rispettivi autori di raccontare aspetti reconditi, inusitati, prodigiosi, anche perché drammatici e contraddittori, della realtà e della Storia, dei rispettivi paesi di origine.

Reale ma non vero. Osservazioni sul testo magico realista ispano-americano

alessandra ghezzani
2020-01-01

Abstract

La produzione narrativa ispano-americana di metà Novecento definita magico realista, che indaga e rappresenta gli aspetti della realtà autoctona ritenuti inusitati e straordinari, e prodotta da autori come il colombiano García Márquez, il venezuelano Arturo Uslar Pietri, il guatemalteco Miguel Ángel Asturias e il cubano Alejo Carpentier, è stata al centro di dibattiti accesissimi a partire dagli anni Sessanta. Tale interessamento si deve in primo luogo all’evento storico della rivoluzione cubana, circostanza politica che solletica la curiosità della comunità intellettuale internazionale nei riguardi della sperimentazione narrativa sudamericana, favorendone promozione e diffusione, e contribuendo ad ampliare il dibattito critico sulle estetiche del Novecento. In secondo luogo esso si deve al carattere fortemente innovativo di questa narrativa, concepita come risposta al bisogno profondo di un’intera generazione di affabulatori di raccontare la realtà culturale, sociale, economica dei propri paesi, rompendo gli schemi del realismo, del criollismo, dell’indigenismo. Trasportando il lettore in luoghi di sogno, dove le piogge non finiscono mai, dove l’onirico, il meraviglioso, lo straordinario, il perturbante sono i temi ma anche le forme scelte dalla narrazione, l’obiettivo è raccontare l’America sincretica, multiculturale, meticcia, minata da sanguinarie dittature, spiegare cosa si cela dietro a quella realtà verginale che aveva lasciato gli europei in preda allo sconcerto e, sulla quale, in modo fantasioso e pregiudiziale avevano speculato. Già agli inizi degli anni Settanta, tuttavia, studiosi di fama mondiale ritenevano che la formula realismo magico, impiegata per definire questa produzione narrativa, fosse divenuta sterile, che essa avesse condotto la discussione ad arenarsi, producendo rigide tassonomie quando non vere e proprie tautologie a causa dell’ambiguità e della vaghezza dell’aggettivo “magico”. A partire da questa considerazione, e recuperando alcune delle idee su cui si è avviato il dibattito critico, si cercherà di illustrare gli aspetti più significativi dell’estetica magico realista; lo si farà cercando di evidenziare quanto sia risultato infruttuoso l’atteggiamento che ha portato la critica a favorire le separazioni piuttosto che le contaminazioni tra le tendenze, le correnti, le modalità discorsive che ad essa possono dirsi connesse (penso al real-maravilloso ma anche al fantastico rioplatense) e focalizzando, invece, l’attenzione sui procedimenti di naturalizzazione dell’irreale e di soprannaturalizzazione del reale, esposti per la prima volta da Ángel Flores nel 1954, e condivisi, almeno in parte, tanto dai testi magico realisti quanto dai racconti fantastici novecenteschi. Sarà mia cura inoltre dar conto dell’importanza rivestita dal surrealismo francese sottolineando come e in che forme la concezione di merveilleux concepita dagli scrittori magico realisti debba la sua originalità e specificità ai modi in cui essa prende le distanze, accogliendone alcune istanze, dall’estetica surrealista. Infine si commenteranno alcune opere molto note, El reino de este mundo di Alejo Carpentier e Cien años de soledad di García Márquez, per offrire esempi testuali di realismo magico in progetti narrativi molto diversi tra loro ma concepiti tutti dalla volontà dei rispettivi autori di raccontare aspetti reconditi, inusitati, prodigiosi, anche perché drammatici e contraddittori, della realtà e della Storia, dei rispettivi paesi di origine.
2020
Ghezzani, Alessandra
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/1049690
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