Obiettivo del presente contributo è ragionare sul rapporto che intercorre fra la descrizione del tragico come struttura dialettica e il problema filosofico della natura del linguaggio umano. Confrontando le tesi di Szondi, Benjamin e Adorno nel primo paragrafo si avanzerà l’ipotesi che il tragico scaturisca dal manifestarsi della negatività del reale in forma linguistica. Il linguaggio deve essere, però, inteso nel senso proposto da Benjamin come la capacità di produrre immagini dialettiche attraverso cui fissare la negatività del reale in forma di costellazione. Successivamente, si cercherà di capire come questa concezione del tragico si concretizzi nella rappresentazione drammatica. In particolare, nel secondo paragrafo ci si soffermerà sull’idea che la condizione tragica dell’uomo greco venga superata dal silenzio dell’eroe, momento che innesca il passaggio a una concezione martirologica della morte. Nel terzo paragrafo, con il ricorso a due illustri esempi, La Torre di Hofmannstahl ed Endgame Beckett, si tenterà di contrapporre dialetticamente il lamento salvifico dell’eroe al riso dianoetico dell’anti-eroe che ride dell’infelicità della condizione umana.
Il silenzio, il lamento o il riso. Benjamin e Szondi su tragico e linguaggio
MANCA D
2015-01-01
Abstract
Obiettivo del presente contributo è ragionare sul rapporto che intercorre fra la descrizione del tragico come struttura dialettica e il problema filosofico della natura del linguaggio umano. Confrontando le tesi di Szondi, Benjamin e Adorno nel primo paragrafo si avanzerà l’ipotesi che il tragico scaturisca dal manifestarsi della negatività del reale in forma linguistica. Il linguaggio deve essere, però, inteso nel senso proposto da Benjamin come la capacità di produrre immagini dialettiche attraverso cui fissare la negatività del reale in forma di costellazione. Successivamente, si cercherà di capire come questa concezione del tragico si concretizzi nella rappresentazione drammatica. In particolare, nel secondo paragrafo ci si soffermerà sull’idea che la condizione tragica dell’uomo greco venga superata dal silenzio dell’eroe, momento che innesca il passaggio a una concezione martirologica della morte. Nel terzo paragrafo, con il ricorso a due illustri esempi, La Torre di Hofmannstahl ed Endgame Beckett, si tenterà di contrapporre dialetticamente il lamento salvifico dell’eroe al riso dianoetico dell’anti-eroe che ride dell’infelicità della condizione umana.| File | Dimensione | Formato | |
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