Questo saggio offre una rilettura critica della sociologia del diritto di Eugen Ehrlich che prova a superarne la tradizionale interpretazione antiformalistica dimostrando che essa è animata innanzitutto dall’intento di confutare la «filosofia socialista della storia» secondo la quale «i ceti dirigenti della società» si avvalgono della giustizia e del diritto per imporre all’«intera classe lavoratrice» l’ordine sociale che ne determina lo sfruttamento. I subalterni obbediscono perché ritengono di avere interesse a farlo, non perché vi sono costretti tramite la minaccia della pena e dell’esecuzione forzata, poiché secondo Ehrlich in fondo anch’essi sono persuasi che l’ordinamento vigente non potrebbe essere sostituito con un altro e che anche per loro avere un ordinamento sia meglio che non averne alcuno. Per Ehrlich il diritto e la giustizia sono espressione a un tempo degli equilibri delle forze e degli interessi della società nel suo complesso, che egli è disposto a identificare con le sue «classi» e i suoi «strati» più «influenti» solo finché prevalgano le classi e i ceti i cui interessi sono effettivamente tutelati dall’ordinamento. Se a prevalere fossero forze sociali diverse e opposte, le loro istanze non avrebbero nulla a che fare con il diritto e la giustizia, poiché si dovrebbe escludere a priori che a loro volta potrebbero farsi società, nel cui potere consistono il diritto e la giustizia, e si dovrebbe credere piuttosto che si siano sottratte per qualche caso alla sua influenza e al suo comando.

Giuristi e profeti. Sociologia del diritto e filosofia della storia in Eugen Ehrlich

Lorenzo Milazzo
2020-01-01

Abstract

Questo saggio offre una rilettura critica della sociologia del diritto di Eugen Ehrlich che prova a superarne la tradizionale interpretazione antiformalistica dimostrando che essa è animata innanzitutto dall’intento di confutare la «filosofia socialista della storia» secondo la quale «i ceti dirigenti della società» si avvalgono della giustizia e del diritto per imporre all’«intera classe lavoratrice» l’ordine sociale che ne determina lo sfruttamento. I subalterni obbediscono perché ritengono di avere interesse a farlo, non perché vi sono costretti tramite la minaccia della pena e dell’esecuzione forzata, poiché secondo Ehrlich in fondo anch’essi sono persuasi che l’ordinamento vigente non potrebbe essere sostituito con un altro e che anche per loro avere un ordinamento sia meglio che non averne alcuno. Per Ehrlich il diritto e la giustizia sono espressione a un tempo degli equilibri delle forze e degli interessi della società nel suo complesso, che egli è disposto a identificare con le sue «classi» e i suoi «strati» più «influenti» solo finché prevalgano le classi e i ceti i cui interessi sono effettivamente tutelati dall’ordinamento. Se a prevalere fossero forze sociali diverse e opposte, le loro istanze non avrebbero nulla a che fare con il diritto e la giustizia, poiché si dovrebbe escludere a priori che a loro volta potrebbero farsi società, nel cui potere consistono il diritto e la giustizia, e si dovrebbe credere piuttosto che si siano sottratte per qualche caso alla sua influenza e al suo comando.
2020
Milazzo, Lorenzo
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/1077469
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