L’archeologia si basa sui dati che gli archeologi raccolgono in enorme quantità e che spesso risultano incredibilmente complessi, vari e disordinati (sia in termini pratici, sia statistici). Gli scavi su ampia o piccola scala, di ricerca o professionali, gestiscono regolarmente da migliaia a centinaia di migliaia di dati. L’archeologia di scavo, nel suo essere una pratica distruttiva, lascia di sé resti materiali e soprattutto la documentazione di quanto distrutto, cioè l’insieme dei dati raccolti, importanti non solo per la quantità, ma per la loro unicità. Per non parlare dei dati che provengono, tra gli altri, dal remote sensing, dall’archeometria, dalle fonti geomorfologiche, geologiche, ambientali e chimiche. Questo enorme volume e la complessità dei dati archeologici sono spesso difficili da comunicare non solo ai non archeologi, ma agli archeologi stessi. Infatti, mentre gli archeologi generalmente concordano su quelli che potrebbero essere chiamati meta-standard metodologici, la disciplina nel suo insieme mostra una estrema varietà sia nella raccolta, sia nella registrazione dei dati. Questo deriva dalla natura complessa ed eterogenea dei materiali e delle ricerche archeologiche, in cui gli ambiti spaziali e cronologici hanno un impatto significativo sul tipo di dati che si raccolgono e sul modo in cui si raccolgono.
Idee, dati, condivisione. Gli Open data in archeologia non sono mai abbastanza
Francesca Anichini
Co-primo
Writing – Original Draft Preparation
;Gabriele GattigliaCo-primo
Writing – Original Draft Preparation
;M. Letizia GualandiCo-primo
Writing – Review & Editing
2021-01-01
Abstract
L’archeologia si basa sui dati che gli archeologi raccolgono in enorme quantità e che spesso risultano incredibilmente complessi, vari e disordinati (sia in termini pratici, sia statistici). Gli scavi su ampia o piccola scala, di ricerca o professionali, gestiscono regolarmente da migliaia a centinaia di migliaia di dati. L’archeologia di scavo, nel suo essere una pratica distruttiva, lascia di sé resti materiali e soprattutto la documentazione di quanto distrutto, cioè l’insieme dei dati raccolti, importanti non solo per la quantità, ma per la loro unicità. Per non parlare dei dati che provengono, tra gli altri, dal remote sensing, dall’archeometria, dalle fonti geomorfologiche, geologiche, ambientali e chimiche. Questo enorme volume e la complessità dei dati archeologici sono spesso difficili da comunicare non solo ai non archeologi, ma agli archeologi stessi. Infatti, mentre gli archeologi generalmente concordano su quelli che potrebbero essere chiamati meta-standard metodologici, la disciplina nel suo insieme mostra una estrema varietà sia nella raccolta, sia nella registrazione dei dati. Questo deriva dalla natura complessa ed eterogenea dei materiali e delle ricerche archeologiche, in cui gli ambiti spaziali e cronologici hanno un impatto significativo sul tipo di dati che si raccolgono e sul modo in cui si raccolgono.File | Dimensione | Formato | |
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