La narrazione di Tito Livio ebbe un ruolo fondamentale nell’elaborare un’immagine di Silla poi divenuta canonica, i cui elementi chiave erano, da un lato, l’idea di un mutamento radicale dell’ethos del dittatore dopo la fine della guerra civile; dall’altro, l’enfasi su tre episodi di crudeltà resi famosi dalla propaganda antisillana: il massacro dei prigionieri di guerra, il genocidio dei Prenestini, l’esecuzione di Marco Mario Gratidiano. Stando alle periochae, Livio narrava non solo le campagne di Silla contro nemici esterni ma anche le sue iniziative contro la fazione mariana, inclusa la famigerata ‘marcia su Roma’, da un punto di vista fondamentalmente filosillano, dipendente in parte dalle Storie di Sisenna, in parte dalle stesse memorie del dittatore; tale impostazione era tuttavia rovesciata dopo la fine della guerra civile, allorché Silla avrebbe approfittato del potere supremo per sfogare la propria sete di vendetta con inaudita crudeltà. Il contributo mette a confronto la narrazione liviana con la rappresentazione di Silla ricostruibile per le fonti più antiche (in particolare Cicerone, Sisenna e Sallustio), allo scopo di mostrare l’assoluta novità dell’impostazione liviana. La tesi è che lo storico padovano usasse l’esempio di Silla, e il repentino mutamento del suo ethos, come prova dei rischi insiti nella natura stessa del potere assoluto: persino il più nobile dei Romani, condottiero valoroso e animato da un profondo rispetto degli dei e delle leggi, si era rivelato deleterio per la Repubblica una volta investito di un potere privo di limitazioni. La costruzione liviana della memoria di Silla può quindi essere interpretata come una riflessione su un problema politico di scottante attualità: il Silla di Livio, in altre parole, era presentato come un Doppelgänger di Augusto, il cui esempio doveva ammonire i lettori, e forse il principe stesso, sui pericoli di un’autorità priva di contrappesi istituzionali. Ciò è in accordo con le simpatie repubblicane attribuite allo storico dalla tradizione successiva, e trova conferma nella presenza insistita dell’esempio di Silla, ereditato dal modello liviano, in autori di età giulio-claudia quali Valerio Massimo, Seneca e Lucano, che lo utilizzano per riflettere sulla natura del potere assoluto e sulle sue potenziali degenerazioni.
Da eroe a tiranno: Livio e la costruzione della memoria di Silla
Guidetti F
2021-01-01
Abstract
La narrazione di Tito Livio ebbe un ruolo fondamentale nell’elaborare un’immagine di Silla poi divenuta canonica, i cui elementi chiave erano, da un lato, l’idea di un mutamento radicale dell’ethos del dittatore dopo la fine della guerra civile; dall’altro, l’enfasi su tre episodi di crudeltà resi famosi dalla propaganda antisillana: il massacro dei prigionieri di guerra, il genocidio dei Prenestini, l’esecuzione di Marco Mario Gratidiano. Stando alle periochae, Livio narrava non solo le campagne di Silla contro nemici esterni ma anche le sue iniziative contro la fazione mariana, inclusa la famigerata ‘marcia su Roma’, da un punto di vista fondamentalmente filosillano, dipendente in parte dalle Storie di Sisenna, in parte dalle stesse memorie del dittatore; tale impostazione era tuttavia rovesciata dopo la fine della guerra civile, allorché Silla avrebbe approfittato del potere supremo per sfogare la propria sete di vendetta con inaudita crudeltà. Il contributo mette a confronto la narrazione liviana con la rappresentazione di Silla ricostruibile per le fonti più antiche (in particolare Cicerone, Sisenna e Sallustio), allo scopo di mostrare l’assoluta novità dell’impostazione liviana. La tesi è che lo storico padovano usasse l’esempio di Silla, e il repentino mutamento del suo ethos, come prova dei rischi insiti nella natura stessa del potere assoluto: persino il più nobile dei Romani, condottiero valoroso e animato da un profondo rispetto degli dei e delle leggi, si era rivelato deleterio per la Repubblica una volta investito di un potere privo di limitazioni. La costruzione liviana della memoria di Silla può quindi essere interpretata come una riflessione su un problema politico di scottante attualità: il Silla di Livio, in altre parole, era presentato come un Doppelgänger di Augusto, il cui esempio doveva ammonire i lettori, e forse il principe stesso, sui pericoli di un’autorità priva di contrappesi istituzionali. Ciò è in accordo con le simpatie repubblicane attribuite allo storico dalla tradizione successiva, e trova conferma nella presenza insistita dell’esempio di Silla, ereditato dal modello liviano, in autori di età giulio-claudia quali Valerio Massimo, Seneca e Lucano, che lo utilizzano per riflettere sulla natura del potere assoluto e sulle sue potenziali degenerazioni.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.