Dovendo inserirmi in un dibattito che fa riferimento, per parlare del “futuro della mente”, alle categorie di “corpo”, “coscienza” e “intelligenza”, intendo soffermarmi nello specifico proprio sulla questione del corpo e della corporeità. Parlerò anzitutto del corpo umano. Lo farò per due motivi. Da una parte, non solo nella storia della filosofia – soprattutto in quella di matrice greca – ma anche nell’età contemporanea – dominata da quella “realtà virtuale” a cui ci danno accesso soprattutto le ICT – il corpo risulta, appunto nel suo legame con la mente (o con la coscienza, o con l’intelligenza), l’elemento forse più trascurato, quello maggiormente sacrificato. Una sorta di messa fra parentesi del corpo, nella riflessione e nella pratica, sembra infatti unire oggi, in un’inedita alleanza, un modo di pensare tendenzialmente platonico (o neo-platonico) e lo sviluppo delle tecnologie. Ne derivano un’astrazione dalla realtà, un generale orientamento intellettualistico, per i quali è del tutto accettabile la sostituzione del corpo – della «nuda vita», biologicamente intesa – con surrogati, rappresentazioni, avatar1. Dall’altra parte, poi, ritengo interessante parlare del corpo perché sono convinto, mettendomi sulla scia di altri pensatori del passato, che la mente, la coscienza, l’intelligenza umane non solo non si possono esercitare, ma non possono neppure svilupparsi se non in stretta connessione con il corpo: con quel corpo che vive nella realtà offline e con essa interagisce. Sono cose ben note, certamente. Ma oggi, ciò è tanto più vero in quanto il nostro corpo rappresenta quello snodo ineludibile, sebbene spesso non riconosciuto, che ci permette di accedere anche e proprio agli ambienti virtuali, i quali peraltro sono modellati a sua immagine e somiglianza, affinché li si possa utilizzare. Ecco perché il “futuro della mente” non può che essere, per noi umani, anche il futuro del corpo.

Il futuro della mente, il corpo e la carne

Adriano Fabris
2021-01-01

Abstract

Dovendo inserirmi in un dibattito che fa riferimento, per parlare del “futuro della mente”, alle categorie di “corpo”, “coscienza” e “intelligenza”, intendo soffermarmi nello specifico proprio sulla questione del corpo e della corporeità. Parlerò anzitutto del corpo umano. Lo farò per due motivi. Da una parte, non solo nella storia della filosofia – soprattutto in quella di matrice greca – ma anche nell’età contemporanea – dominata da quella “realtà virtuale” a cui ci danno accesso soprattutto le ICT – il corpo risulta, appunto nel suo legame con la mente (o con la coscienza, o con l’intelligenza), l’elemento forse più trascurato, quello maggiormente sacrificato. Una sorta di messa fra parentesi del corpo, nella riflessione e nella pratica, sembra infatti unire oggi, in un’inedita alleanza, un modo di pensare tendenzialmente platonico (o neo-platonico) e lo sviluppo delle tecnologie. Ne derivano un’astrazione dalla realtà, un generale orientamento intellettualistico, per i quali è del tutto accettabile la sostituzione del corpo – della «nuda vita», biologicamente intesa – con surrogati, rappresentazioni, avatar1. Dall’altra parte, poi, ritengo interessante parlare del corpo perché sono convinto, mettendomi sulla scia di altri pensatori del passato, che la mente, la coscienza, l’intelligenza umane non solo non si possono esercitare, ma non possono neppure svilupparsi se non in stretta connessione con il corpo: con quel corpo che vive nella realtà offline e con essa interagisce. Sono cose ben note, certamente. Ma oggi, ciò è tanto più vero in quanto il nostro corpo rappresenta quello snodo ineludibile, sebbene spesso non riconosciuto, che ci permette di accedere anche e proprio agli ambienti virtuali, i quali peraltro sono modellati a sua immagine e somiglianza, affinché li si possa utilizzare. Ecco perché il “futuro della mente” non può che essere, per noi umani, anche il futuro del corpo.
2021
Fabris, Adriano
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/1120744
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