In Toscana, la tignoletta della vite Lobesia botrana e la cocciniglia farinosa Planococcus ficus si configurano come i principali fitofagi della vite, sia per i danni diretti che per quelli indiretti che le loro popolazioni sono in grado di determinare sulle uve da vino e da tavola, predisponendo il grappolo rispettivamente allo sviluppo di marciumi e fumaggini, o svolgendo un ruolo importante nella trasmissione di pericolose virosi della vite, come nel caso del planococco (Lucchi e Benelli, 2018). A questo quadro, già di per sé preoccupante, si è aggiunta negli ultimi anni una nuova avversità biotica, che nei vigneti toscani, ma non solo, ha assunto una valenza importante, contribuendo al danneggiamento delle uve in maturazione, con grosse perdite in termini di quantità e qualità, per sviluppo di marciumi primari e secondari del grappolo: si tratta del lepidottero piralide ficitino Cryptoblabes gnidiella, insetto polifago che compare nel vigneto ad estate inoltrata, e contro il quale è sempre più necessaria la definizione di una strategia di controllo adeguata e tempestiva. La notevole variabilità nella consistenza delle popolazioni di questi temibili insetti in vigneto rende non semplice la gestione della difesa della produzione, che può contare solo parzialmente, a tutt’oggi, sulla disponibilità di modelli previsionali basati su parametri affidabili e facilmente rilevabili. La lotta insetticida in vigneto ha registrato negli ultimi anni un significativo miglioramento, attraverso l’adozione sempre più mirata di principi attivi efficaci e selettivi. Ciononostante, ancora oggi gli insetticidi di sintesi sembrano non rappresentare, in molti casi, una garanzia affidabile per il controllo delle infestazioni, anche a fronte di un uso sistematico e ripetuto degli stessi contro i diversi stadi vitali degli insetti in questione. In più, la Direttiva 2009/128/CE del Parlamento Europeo, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei prodotti fitosanitari, promuove l’adozione della difesa integrata e invita a ricorrere ad approcci o tecniche sostenibili, che facciano sempre meno affidamento sugli insetticidi (Lucchi e Benelli, 2018). In accordo con tale maturata sensibilità è avvertibile un crescente interesse per metodi alternativi, utilizzabili anche in agricoltura biologica e, comunque, caratterizzati da basso impatto ambientale, come la “confusione sessuale” e il controllo biologico con insetti predatori e parassitoidi. Le prime applicazioni europee di feromoni di sintesi per confusione sessuale contro la tignoletta della vite sono state condotte nella seconda metà degli anni ’70 in Francia. In Italia un primo approccio all’applicazione del metodo si deve a Vita e collaboratori (1985) che, per l’inibizione degli accoppiamenti degli adulti del terzo volo di L. botrana in un vigneto laziale di due ettari, impiegarono tubicini di gomma impregnati di feromone sintetico fornito dall’IRCHA di Parigi. Nei confronti della medesima specie, analoghe prove preliminari furono condotte alcuni anni più tardi con diffusori di tipo artigianale in vigneti trentini di ridotte dimensioni. Allo stato attuale le superfici viticole protette con il metodo della confusione sessuale, relativamente a L. botrana, ammontano in Italia a circa 36000 ha. Tale superficie, che rappresenta poco più del 4% dell’intero territorio viticolo nazionale, insiste per circa il 30% in Trentino Alto Adige. I motivi che hanno favorito l’applicazione della confusione in quella regione sono fondamentalmente riconducibili a fattori socio-economici, agronomico-colturali e bio-etologici della specie bersaglio. L’attività scientifica dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige (oggi Fondazione Mach) e quella di “extension service” assicurata in anni passati dall’Ente di Sviluppo Agricolo Trentino (ESAT) hanno rappresentato il presupposto fondamentale per l’affermazione del metodo nell’area in questione. Tale attività si è ben coniugata con l’organizzazione cooperativistica affermatasi nella regione che, anche nel caso specifico della confusione sessuale, ha permesso di superare i limiti strutturali della frammentazione aziendale. In questo contesto, rilevante è stata l’opera realizzata dalle Cantine Mezzacorona (Mezzocorona, Trento) che, fin dai primi anni ‘90 e con grande lungimiranza, hanno svolto attività di sensibilizzazione e promozione del metodo e garantito supporto finanziario e organizzativo nei confronti dei loro associati. In Toscana, per vari motivi, il metodo della confusione sessuale non ha avuto la stessa fortuna. Le prime sperimentazioni iniziate negli anni ’90 con metodo e materiali BASF non fornirono risultati positivi mentre le applicazioni iniziate nel Chianti nel 2000 con materiali Shin-Etsu si rivelarono più affidabili, tant’è che il metodo si è poi di anno in anno affermato nelle aree litoranee e in quelle più interne, interessando superfici sempre maggiori di vigneto, che ammontano, nel 2018, a circa 4400 ha. Ad oggi, le conoscenze disponibili sul metodo, collaudato in diverse aree viticole europee, garantiscono livelli di efficacia considerevoli, che possono portare ad una gestione sostenibile ed efficace del problema tignoletta su gran parte del territorio regionale toscano. Per quanto riguarda la cocciniglia farinosa Planococcus ficus, comunemente conosciuta anche come planococco della vite, la sua dannosità è legata, oltre che all’asportazione di linfa, anche all’intensa eliminazione di melata, che si deposita sui grappoli, rendendoli substrato idoneo allo sviluppo di fumaggini (Varner et al., 2015). Notevole preoccupazione proviene anche dalla capacità del planococco di acquisire virus da piante malate e trasferirli a piante sane, essendo esso vettore di cinque specie di GLRaV ampelovirus e del vitivirus GVA. In Toscana, le infestazioni di questa cocciniglia sono sempre più preoccupanti, non solo nelle aree litoranee, climaticamente più favorevoli al suo insediamento, ma anche nelle aree più interne del Chianti e di Montalcino. La ricerca ha recentemente messo a disposizione dei viticoltori alcuni agenti di controllo biologico che, opportunamente impiegati, possono svolgere un ruolo determinante nel controllo della cocciniglia. Si tratta di un parassitoide, l’imenottero encirtide Anagyrus sp. near pseudococci, e di un predatore, il coleottero coccinellide Cryptolaemus montrouzieri. Recenti ricerche svolte proprio in Toscana hanno evidenziato le grandi potenzialità, nel controllo del planococco, di questi due agenti di controllo biologico che, in seguito ad una recente attività di collaudo e coordinamento, hanno trovato un utilizzo assai più capillare ed efficace nei nostri vigneti. Con riferimento, infine, a Cryptoblabes gnidiella (criptoblabe), occorre rimarcare l’importanza economica che questo piralide polifago sta assumendo in diverse regioni europee, oltre che in Toscana, con una netta prevalenza nei vigneti delle aree litoranee. Come sopra accennato, questo lepidottero compare su vite nel mese di maggio, ma diviene particolarmente pericoloso in piena estate, quando le sue femmine depongono numerose uova nei grappoli in maturazione, che vengono ad essere, per l’attività trofica delle larve che si sviluppano gregariamente al loro interno, completamente compromessi, in seguito al disseccamento degli acini, allo sviluppo di marciumi e all’avvento di altri processi degenerativi (Lucchi et al., 2011). La gestione di queste tre problematiche entomologiche è stata attuata in una proficua collaborazione tra l’Università di Pisa ed alcune aziende toscane, nell’ambito di un PIF (Progetto Integrato di Filiera - PSR 2014-2020) dal titolo “Artigiani del Vino Toscano” (capofila Marchesi Antinori). La misura 16.2 del progetto menzionato, denominata “Introduzione e collaudo di tecniche di lotta biologica per un controllo efficace e sostenibile di insetti dannosi alla vite in Toscana” (acronimo BIOCONVITO) aveva lo scopo di contenere le infestazioni dei tre insetti sopracitati utilizzando strategie a basso impatto ambientale e puntando su una netta riduzione delle molecole di sintesi a favore di feromoni, insetti utili e microrganismi entomopatogeni (Lucchi et al., 2018). L’intensa attività di trasferimento delle conoscenze disponibili – arricchita dal forte spirito collaborativo di tutti gli attori in gioco – ha portato in un biennio all’adozione delle strategie proposte da “BIOCONVITO” su gran parte dei vigneti del Bolgherese, in alcune aziende della Maremma grossetana e della DOC del Vino Nobile di Montepulciano. A sostegno delle attività intraprese, abbiamo ritenuto utile pubblicare questo manuale, per fornire agli operatori del settore viticolo alcune informazioni utili, corredate da una estesa rassegna fotografica, che possa aiutarli nell’identificazione dei diversi stadi vitali degli insetti in questione e dei tipici danni che essi arrecano alla vite. Per quanto riguarda le tecniche di controllo delle tre specie trattate si rimanda a testi più approfonditi come le “Note di entomologia viticola, 3a edizione” (Lucchi, 2017), la “Difesa della vite dagli artropodi dannosi” (Ragusa e Tsolakis, 2006) e “I fitofagi della vite in Sardegna” (Lentini et al., 2015).

Lepidotteri ed Emitteri dannosi alla vite in Toscana

Andrea Lucchi
Primo
Writing – Review & Editing
;
Renato Ricciardi
Secondo
Writing – Review & Editing
;
Francesca Cosci
Penultimo
Writing – Review & Editing
;
Giovanni Benelli
Ultimo
Writing – Review & Editing
2018-01-01

Abstract

In Toscana, la tignoletta della vite Lobesia botrana e la cocciniglia farinosa Planococcus ficus si configurano come i principali fitofagi della vite, sia per i danni diretti che per quelli indiretti che le loro popolazioni sono in grado di determinare sulle uve da vino e da tavola, predisponendo il grappolo rispettivamente allo sviluppo di marciumi e fumaggini, o svolgendo un ruolo importante nella trasmissione di pericolose virosi della vite, come nel caso del planococco (Lucchi e Benelli, 2018). A questo quadro, già di per sé preoccupante, si è aggiunta negli ultimi anni una nuova avversità biotica, che nei vigneti toscani, ma non solo, ha assunto una valenza importante, contribuendo al danneggiamento delle uve in maturazione, con grosse perdite in termini di quantità e qualità, per sviluppo di marciumi primari e secondari del grappolo: si tratta del lepidottero piralide ficitino Cryptoblabes gnidiella, insetto polifago che compare nel vigneto ad estate inoltrata, e contro il quale è sempre più necessaria la definizione di una strategia di controllo adeguata e tempestiva. La notevole variabilità nella consistenza delle popolazioni di questi temibili insetti in vigneto rende non semplice la gestione della difesa della produzione, che può contare solo parzialmente, a tutt’oggi, sulla disponibilità di modelli previsionali basati su parametri affidabili e facilmente rilevabili. La lotta insetticida in vigneto ha registrato negli ultimi anni un significativo miglioramento, attraverso l’adozione sempre più mirata di principi attivi efficaci e selettivi. Ciononostante, ancora oggi gli insetticidi di sintesi sembrano non rappresentare, in molti casi, una garanzia affidabile per il controllo delle infestazioni, anche a fronte di un uso sistematico e ripetuto degli stessi contro i diversi stadi vitali degli insetti in questione. In più, la Direttiva 2009/128/CE del Parlamento Europeo, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei prodotti fitosanitari, promuove l’adozione della difesa integrata e invita a ricorrere ad approcci o tecniche sostenibili, che facciano sempre meno affidamento sugli insetticidi (Lucchi e Benelli, 2018). In accordo con tale maturata sensibilità è avvertibile un crescente interesse per metodi alternativi, utilizzabili anche in agricoltura biologica e, comunque, caratterizzati da basso impatto ambientale, come la “confusione sessuale” e il controllo biologico con insetti predatori e parassitoidi. Le prime applicazioni europee di feromoni di sintesi per confusione sessuale contro la tignoletta della vite sono state condotte nella seconda metà degli anni ’70 in Francia. In Italia un primo approccio all’applicazione del metodo si deve a Vita e collaboratori (1985) che, per l’inibizione degli accoppiamenti degli adulti del terzo volo di L. botrana in un vigneto laziale di due ettari, impiegarono tubicini di gomma impregnati di feromone sintetico fornito dall’IRCHA di Parigi. Nei confronti della medesima specie, analoghe prove preliminari furono condotte alcuni anni più tardi con diffusori di tipo artigianale in vigneti trentini di ridotte dimensioni. Allo stato attuale le superfici viticole protette con il metodo della confusione sessuale, relativamente a L. botrana, ammontano in Italia a circa 36000 ha. Tale superficie, che rappresenta poco più del 4% dell’intero territorio viticolo nazionale, insiste per circa il 30% in Trentino Alto Adige. I motivi che hanno favorito l’applicazione della confusione in quella regione sono fondamentalmente riconducibili a fattori socio-economici, agronomico-colturali e bio-etologici della specie bersaglio. L’attività scientifica dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige (oggi Fondazione Mach) e quella di “extension service” assicurata in anni passati dall’Ente di Sviluppo Agricolo Trentino (ESAT) hanno rappresentato il presupposto fondamentale per l’affermazione del metodo nell’area in questione. Tale attività si è ben coniugata con l’organizzazione cooperativistica affermatasi nella regione che, anche nel caso specifico della confusione sessuale, ha permesso di superare i limiti strutturali della frammentazione aziendale. In questo contesto, rilevante è stata l’opera realizzata dalle Cantine Mezzacorona (Mezzocorona, Trento) che, fin dai primi anni ‘90 e con grande lungimiranza, hanno svolto attività di sensibilizzazione e promozione del metodo e garantito supporto finanziario e organizzativo nei confronti dei loro associati. In Toscana, per vari motivi, il metodo della confusione sessuale non ha avuto la stessa fortuna. Le prime sperimentazioni iniziate negli anni ’90 con metodo e materiali BASF non fornirono risultati positivi mentre le applicazioni iniziate nel Chianti nel 2000 con materiali Shin-Etsu si rivelarono più affidabili, tant’è che il metodo si è poi di anno in anno affermato nelle aree litoranee e in quelle più interne, interessando superfici sempre maggiori di vigneto, che ammontano, nel 2018, a circa 4400 ha. Ad oggi, le conoscenze disponibili sul metodo, collaudato in diverse aree viticole europee, garantiscono livelli di efficacia considerevoli, che possono portare ad una gestione sostenibile ed efficace del problema tignoletta su gran parte del territorio regionale toscano. Per quanto riguarda la cocciniglia farinosa Planococcus ficus, comunemente conosciuta anche come planococco della vite, la sua dannosità è legata, oltre che all’asportazione di linfa, anche all’intensa eliminazione di melata, che si deposita sui grappoli, rendendoli substrato idoneo allo sviluppo di fumaggini (Varner et al., 2015). Notevole preoccupazione proviene anche dalla capacità del planococco di acquisire virus da piante malate e trasferirli a piante sane, essendo esso vettore di cinque specie di GLRaV ampelovirus e del vitivirus GVA. In Toscana, le infestazioni di questa cocciniglia sono sempre più preoccupanti, non solo nelle aree litoranee, climaticamente più favorevoli al suo insediamento, ma anche nelle aree più interne del Chianti e di Montalcino. La ricerca ha recentemente messo a disposizione dei viticoltori alcuni agenti di controllo biologico che, opportunamente impiegati, possono svolgere un ruolo determinante nel controllo della cocciniglia. Si tratta di un parassitoide, l’imenottero encirtide Anagyrus sp. near pseudococci, e di un predatore, il coleottero coccinellide Cryptolaemus montrouzieri. Recenti ricerche svolte proprio in Toscana hanno evidenziato le grandi potenzialità, nel controllo del planococco, di questi due agenti di controllo biologico che, in seguito ad una recente attività di collaudo e coordinamento, hanno trovato un utilizzo assai più capillare ed efficace nei nostri vigneti. Con riferimento, infine, a Cryptoblabes gnidiella (criptoblabe), occorre rimarcare l’importanza economica che questo piralide polifago sta assumendo in diverse regioni europee, oltre che in Toscana, con una netta prevalenza nei vigneti delle aree litoranee. Come sopra accennato, questo lepidottero compare su vite nel mese di maggio, ma diviene particolarmente pericoloso in piena estate, quando le sue femmine depongono numerose uova nei grappoli in maturazione, che vengono ad essere, per l’attività trofica delle larve che si sviluppano gregariamente al loro interno, completamente compromessi, in seguito al disseccamento degli acini, allo sviluppo di marciumi e all’avvento di altri processi degenerativi (Lucchi et al., 2011). La gestione di queste tre problematiche entomologiche è stata attuata in una proficua collaborazione tra l’Università di Pisa ed alcune aziende toscane, nell’ambito di un PIF (Progetto Integrato di Filiera - PSR 2014-2020) dal titolo “Artigiani del Vino Toscano” (capofila Marchesi Antinori). La misura 16.2 del progetto menzionato, denominata “Introduzione e collaudo di tecniche di lotta biologica per un controllo efficace e sostenibile di insetti dannosi alla vite in Toscana” (acronimo BIOCONVITO) aveva lo scopo di contenere le infestazioni dei tre insetti sopracitati utilizzando strategie a basso impatto ambientale e puntando su una netta riduzione delle molecole di sintesi a favore di feromoni, insetti utili e microrganismi entomopatogeni (Lucchi et al., 2018). L’intensa attività di trasferimento delle conoscenze disponibili – arricchita dal forte spirito collaborativo di tutti gli attori in gioco – ha portato in un biennio all’adozione delle strategie proposte da “BIOCONVITO” su gran parte dei vigneti del Bolgherese, in alcune aziende della Maremma grossetana e della DOC del Vino Nobile di Montepulciano. A sostegno delle attività intraprese, abbiamo ritenuto utile pubblicare questo manuale, per fornire agli operatori del settore viticolo alcune informazioni utili, corredate da una estesa rassegna fotografica, che possa aiutarli nell’identificazione dei diversi stadi vitali degli insetti in questione e dei tipici danni che essi arrecano alla vite. Per quanto riguarda le tecniche di controllo delle tre specie trattate si rimanda a testi più approfonditi come le “Note di entomologia viticola, 3a edizione” (Lucchi, 2017), la “Difesa della vite dagli artropodi dannosi” (Ragusa e Tsolakis, 2006) e “I fitofagi della vite in Sardegna” (Lentini et al., 2015).
2018
Lucchi, Andrea; Ricciardi, Renato; Cosci, Francesca; Benelli, Giovanni
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