Il critico James R. Giles ha coniato il termine “quartospazio” per descrivere l’Appalachia oscura e surreale descritta da Cormac McCarthy nel suo cosiddetto Tennessee Period. Il Quartospazio è definito in negativo rispetto al famoso costrutto del Terzospazio a opera del geografo Edward W. Soja – uno spazio di «radical openness» nel quale «everything comes together», creando un rapporto dialettico con quello che Soja definisce «an-other», un’alterità periferica che, grazie al Terzospazio, dialoga continuamente con il monolito culturale centrale, rinegoziando i confini normativi di questo. La teoria di Giles, diametralmente opposta all’idea democratizzante ed egalitaria di Soja, definisce invece uno spazio nel quale vengono a convergere «the material, the metaphoric or linguistic, and the psychological or subconscious, and only the darkest forms of freedom, the most horrific possibilities result from the merger». Idealmente assimilabile all’idea di uno spazio irrazionale e caotico, il quartospazio, nelle opere di Stephen King, acquista qualità lovecraftiane, configurandosi come dimensione concreta piuttosto che come astrazione psicogeografica. L’idea che, a contatto con questo mondo, ne esista un altro idealmente coincidente con il primo ma generalmente inaccessibile, è in fondo una delle nozioni fondamentali nella mitologia kinghiana. L’intento di questo saggio è quello di focalizzarsi su due racconti nei quali la narrazione sia a tutti gli effetti modellata e diretta dalla presenza di questo spazio di «horrific possibilities». Nello specifico, è mia intenzione intersecare tra di loro N. e La scorciatoia della signora Todd, utilizzando anche sezioni e suggestioni da altre opere, per dimostrare come, attraverso la mitografia di Lovecraft, King suggerisca l’esistenza di un mondo d’orrore, metaforico ma spesso assolutamente reale, appena oltre la soglia apparentemente invalicabile dei limiti della percezione umana; e come, in definitiva, sia proprio questa dimensione d’incubo a situarsi in una posizione gerarchicamente più elevata rispetto al mondo “reale” nella definizione dei destini e delle azioni dei protagonisti di questi racconti.

Soglie d'ombra: spazio e orrore in due racconti di Stephen King

Marco Petrelli
2019-01-01

Abstract

Il critico James R. Giles ha coniato il termine “quartospazio” per descrivere l’Appalachia oscura e surreale descritta da Cormac McCarthy nel suo cosiddetto Tennessee Period. Il Quartospazio è definito in negativo rispetto al famoso costrutto del Terzospazio a opera del geografo Edward W. Soja – uno spazio di «radical openness» nel quale «everything comes together», creando un rapporto dialettico con quello che Soja definisce «an-other», un’alterità periferica che, grazie al Terzospazio, dialoga continuamente con il monolito culturale centrale, rinegoziando i confini normativi di questo. La teoria di Giles, diametralmente opposta all’idea democratizzante ed egalitaria di Soja, definisce invece uno spazio nel quale vengono a convergere «the material, the metaphoric or linguistic, and the psychological or subconscious, and only the darkest forms of freedom, the most horrific possibilities result from the merger». Idealmente assimilabile all’idea di uno spazio irrazionale e caotico, il quartospazio, nelle opere di Stephen King, acquista qualità lovecraftiane, configurandosi come dimensione concreta piuttosto che come astrazione psicogeografica. L’idea che, a contatto con questo mondo, ne esista un altro idealmente coincidente con il primo ma generalmente inaccessibile, è in fondo una delle nozioni fondamentali nella mitologia kinghiana. L’intento di questo saggio è quello di focalizzarsi su due racconti nei quali la narrazione sia a tutti gli effetti modellata e diretta dalla presenza di questo spazio di «horrific possibilities». Nello specifico, è mia intenzione intersecare tra di loro N. e La scorciatoia della signora Todd, utilizzando anche sezioni e suggestioni da altre opere, per dimostrare come, attraverso la mitografia di Lovecraft, King suggerisca l’esistenza di un mondo d’orrore, metaforico ma spesso assolutamente reale, appena oltre la soglia apparentemente invalicabile dei limiti della percezione umana; e come, in definitiva, sia proprio questa dimensione d’incubo a situarsi in una posizione gerarchicamente più elevata rispetto al mondo “reale” nella definizione dei destini e delle azioni dei protagonisti di questi racconti.
2019
Petrelli, Marco
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/1154653
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