L’idea di antropocene invita ad esaminare la lunga durata delle emergenze e dei processi di mutamento, ripensando la modalità con cui si evolvono le società umane e riflettendo sul modo in cui si articolano con temporalità differenti e non-umane. In questo senso, le nozioni alternative di ecologia mondo, di plantationocene o quella di wasteocene esortano a spostare lo sguardo verso la storia coloniale della modernità, collegandosi anche al pensiero postmaterialista, non solo per mettere in discussione la visione universale e progressiva delle società capitalistiche, ma anche per pluralizzare la storia dei rapporti società-ambiente nello sviluppo del capitalismo. Nel mio percorso di ricerca ho interrogato le dinamiche dello sviluppo capitalista alla luce della crisi socioecologica del presente globale, intesa quest’ultima quale campo di riorganizzazione delle logiche di accumulazione, dominio e sfruttamento legate al rapporto capitale-natura. Il mio lavoro si è articolato con l’analisi dei conflitti socio-ambientali e delle pratiche di resistenza dal basso nel contesto dello sviluppo agro-industriale e degli investimenti agricoli in alcune aree rurali dell’Africa subsahariana. In particolare, ho esaminato le lotte pastorali contro l’accaparramento di terra in Senegal; ho poi collaborato ad un progetto su sovranità alimentare e transizione ecologica che coinvolgeva gruppi di piccoli produttori in Kenya. Infine ho interrogato la rinnovata insistenza sull’economia della tecnoscienza quale vettore di sviluppo appoggiandomi alle analisi di alcuni rappresentanti della società civile in Burkina Faso che contestano l’applicazione di soluzioni bio-tecnologiche per affrontare problemi socio-ecologici legati all’alimentazione ed alla salute. Ne è scaturita una riflessione sul ruolo centrale della riproduzione, sia sociale che socio-ambientale, che rivede criticamente la dinamica dello sviluppo capitalista e le trasformazioni delle relazioni tra valore, ambiente e lavoro, e tra colonialità, sviluppo e marginalità. Tale analisi mi ha permesso di mettere in evidenza le prospettive speculative che caratterizzano il (bio)capitalismo contemporaneo e la sua particolare relazione con i rischi sistemici legati alla crescita. Ha inoltre sottolineato l’importanza di un approccio de-coloniale per ripensare le trasformazioni sociali in corso ed immaginare traiettorie alternative di sviluppo sociale e di risposta alle crisi ecologiche e sanitarie, come le pandemie. Queste riflessioni hanno anche alimentato un dibattito interno all’ecologia politica italiana, che ha coinvolto l’ambiente accademico, i recenti movimenti per la giustizia climatica e ambientale (a loro volta impegnati con lotte territoriali contro le grandi opere e la nocività), contribuendo così a costruire una risposta specifica e locale all’attuale emergenza climatico-sanitaria.

Decolonizzare l’emergenza climatica: ecologia politica della riproduzione e crisi socio-ecologiche

Benegiamo Maura
2020-01-01

Abstract

L’idea di antropocene invita ad esaminare la lunga durata delle emergenze e dei processi di mutamento, ripensando la modalità con cui si evolvono le società umane e riflettendo sul modo in cui si articolano con temporalità differenti e non-umane. In questo senso, le nozioni alternative di ecologia mondo, di plantationocene o quella di wasteocene esortano a spostare lo sguardo verso la storia coloniale della modernità, collegandosi anche al pensiero postmaterialista, non solo per mettere in discussione la visione universale e progressiva delle società capitalistiche, ma anche per pluralizzare la storia dei rapporti società-ambiente nello sviluppo del capitalismo. Nel mio percorso di ricerca ho interrogato le dinamiche dello sviluppo capitalista alla luce della crisi socioecologica del presente globale, intesa quest’ultima quale campo di riorganizzazione delle logiche di accumulazione, dominio e sfruttamento legate al rapporto capitale-natura. Il mio lavoro si è articolato con l’analisi dei conflitti socio-ambientali e delle pratiche di resistenza dal basso nel contesto dello sviluppo agro-industriale e degli investimenti agricoli in alcune aree rurali dell’Africa subsahariana. In particolare, ho esaminato le lotte pastorali contro l’accaparramento di terra in Senegal; ho poi collaborato ad un progetto su sovranità alimentare e transizione ecologica che coinvolgeva gruppi di piccoli produttori in Kenya. Infine ho interrogato la rinnovata insistenza sull’economia della tecnoscienza quale vettore di sviluppo appoggiandomi alle analisi di alcuni rappresentanti della società civile in Burkina Faso che contestano l’applicazione di soluzioni bio-tecnologiche per affrontare problemi socio-ecologici legati all’alimentazione ed alla salute. Ne è scaturita una riflessione sul ruolo centrale della riproduzione, sia sociale che socio-ambientale, che rivede criticamente la dinamica dello sviluppo capitalista e le trasformazioni delle relazioni tra valore, ambiente e lavoro, e tra colonialità, sviluppo e marginalità. Tale analisi mi ha permesso di mettere in evidenza le prospettive speculative che caratterizzano il (bio)capitalismo contemporaneo e la sua particolare relazione con i rischi sistemici legati alla crescita. Ha inoltre sottolineato l’importanza di un approccio de-coloniale per ripensare le trasformazioni sociali in corso ed immaginare traiettorie alternative di sviluppo sociale e di risposta alle crisi ecologiche e sanitarie, come le pandemie. Queste riflessioni hanno anche alimentato un dibattito interno all’ecologia politica italiana, che ha coinvolto l’ambiente accademico, i recenti movimenti per la giustizia climatica e ambientale (a loro volta impegnati con lotte territoriali contro le grandi opere e la nocività), contribuendo così a costruire una risposta specifica e locale all’attuale emergenza climatico-sanitaria.
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