The Golden Bough di James G. Frazer è uno di quei classici che restano sem- pre “buoni per pensare”: un’opera che al di là di specializzazioni discipli- nari, di scuole e paradigmi teorici, dell’alternarsi delle mode intellettuali, conserva la capacità di toccare corde profonde, di offrire alla lettura piste sempre nuove di ispirazione ed evocazione. È trascorso un secolo dall’usci- ta della sua edizione più famosa e tradotta in tutto il mondo, quella abbre- viata del 1922; più di 130 anni dalla sua prima e ancora embrionale versione del 1890. Da allora l’opera è stata di volta in volta esaltata, disprezzata, ri- valutata. Ha circolato con strani e tortuosi percorsi tra ambiti diversi del- la cultura: antropologia e storia delle religioni, studi classici e antichistici, filosofia, psicologia e psicoanalisi, e poi – e forse soprattutto – letteratura e critica letteraria. Di più: è una delle pochissime opere di erudizione che ha conosciuto un’ampia diffusione non solo tra gli studiosi e gli accade- mici ma anche tra un pubblico più ampio e “popolare”. La si può trovare negli scaffali specializzati delle librerie scientifiche così come nelle edicole delle stazioni. Un destino che, nella saggistica, è stato riservato forse solo alle opere di Darwin, Marx o Freud: tutti fondatori o “profeti” di gran- di correnti di pensiero, cosa che invece Frazer non è affatto. Quale segreto racchiude dunque questo complesso testo? Quale incantesimo ci impedisce di lasciarlo a prender polvere negli scaffali più irraggiungibili delle biblioteche (o nei recessi meno visitati del web) e ci spinge invece periodicamente a rileggerlo e ripensarlo?

Introduzione. La legge segreta del Ramo d'oro

Fabio Dei
2023-01-01

Abstract

The Golden Bough di James G. Frazer è uno di quei classici che restano sem- pre “buoni per pensare”: un’opera che al di là di specializzazioni discipli- nari, di scuole e paradigmi teorici, dell’alternarsi delle mode intellettuali, conserva la capacità di toccare corde profonde, di offrire alla lettura piste sempre nuove di ispirazione ed evocazione. È trascorso un secolo dall’usci- ta della sua edizione più famosa e tradotta in tutto il mondo, quella abbre- viata del 1922; più di 130 anni dalla sua prima e ancora embrionale versione del 1890. Da allora l’opera è stata di volta in volta esaltata, disprezzata, ri- valutata. Ha circolato con strani e tortuosi percorsi tra ambiti diversi del- la cultura: antropologia e storia delle religioni, studi classici e antichistici, filosofia, psicologia e psicoanalisi, e poi – e forse soprattutto – letteratura e critica letteraria. Di più: è una delle pochissime opere di erudizione che ha conosciuto un’ampia diffusione non solo tra gli studiosi e gli accade- mici ma anche tra un pubblico più ampio e “popolare”. La si può trovare negli scaffali specializzati delle librerie scientifiche così come nelle edicole delle stazioni. Un destino che, nella saggistica, è stato riservato forse solo alle opere di Darwin, Marx o Freud: tutti fondatori o “profeti” di gran- di correnti di pensiero, cosa che invece Frazer non è affatto. Quale segreto racchiude dunque questo complesso testo? Quale incantesimo ci impedisce di lasciarlo a prender polvere negli scaffali più irraggiungibili delle biblioteche (o nei recessi meno visitati del web) e ci spinge invece periodicamente a rileggerlo e ripensarlo?
2023
Dei, Fabio
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