È la prima DOCG della Maremma, ottenuta nel 200. Il Morellino di Scansano è un vino che rappresenta l’espressione di un territorio collinare ricco di storia, di cultura e di paesaggi suggestivi. Qui il “Sangiovese”, localmente denominato “Morellino”, esprime particolari caratteristiche di morbidezza, dovute ai tannini nobili che si ottengono grazie alla notevole disponibilità di illuminazione e al regime termico assai favorevole, dove parte dei vigneti “vedono il mare”, e dopo il caldo diurno vengono rinfrescati dalle brezze marine della notte. I terreni di questa zona sono quasi tutti d’origine sedimentaria e derivano, a nord-est di Scansano, dal complesso delle argille e calcari di origine eocenica, mentre nel versante a nord ovest, che volge da Montorgiali a Montiano e a Grosseto, si ritrovano soprattutto terreni argillo-marnosi ed arenacei derivanti dal disfacimento del macigno toscano, dell’oligocene e miocene inferiore. Verso sud est, da Magliano all’Albegna compaiono terreni sciolti neoautoctoni originatisi da sedimenti marini o continentali di origine pliocenica. Tracce della civiltà etrusca e dell’importanza della vite si ritrovano in una serie di reperti archeologici risalenti dal VII - VI secolo a.C. nei recenti scavi di Ghiaccio Forte. Questi ed altri ritrovamenti fanno ritenere probabile che la media valle dell’Albegna sia stato il cuore dell’antico agro Caletrano, vicino alla attuale fattoria di Colle di Lupo e che, dopo la dominazione dei romani, iniziata nel 278 a.C., vi sia stata fondata la città di Heba, comprendente diversi centri minori, tra i quali Pagus Manlianus, Montianus e Scansianus, cioè gli odierni Scansano, Magliano e Montiano. Nel secolo scorso un particolare impulso alla viticoltura venne dato dalla Comunità di Scansano che istituì premi per chi coltivava la vite nel modo migliore. Anche il progresso tecnico fu notevole sotto la spinta di illustri studiosi come Luigi Vannuccini (1877), che propose tra l’altro un nuovo sistema di allevamento “a basso ceppo con sostegni ad un solo sperone e tralcio a frutto”. I vigneti di allora venivano coltivati con sistemazioni di traverso in unità dette "rasole", dove le viti erano poste a distanze di m 1,40-1,10 tra i filari ed circa 60-100 cm sulla fila, ed erano lavorati manualmente. Di questo sistema ne rimane traccia in qualche piccolo vigneto, dove alternativamente è stato tolto un filare per rendere più agevole la meccanizzazione che negli impianti attuali è assicurata da distanze di piantagione di m 2,50-3,00 x 0,8-1,2. I vigneti di quest’area realizzati prima degli anni 80’ erano allevati a Guyot, mentre negli impianti più recenti è stato introdotto il cordone speronato adottando densità di piantagione più elevate (4.000 viti/ha ed oltre). Nell’ambito del processo di rinnovamento dei vigneti, si sottolineano le ricerche intraprese dall’Università di Pisa e di Firenze sui vari aspetti delle tecniche d’impianto e di coltivazione ed in particolare sulla selezione clonale del “Sangiovese” locale, e del “Morellino” che ha lo scopo di valorizzare la variabilità genetica ed eventualmente la tipicità espressa in questa zona. I vini prodotti tendono verso due tipologie principali, il Morellino “di annata” e quello da “affinamento”, il primo più legato alla tradizione ed il secondo più orientato al mercato internazionale.

Morellino di Scansano DOCG

SCALABRELLI, GIANCARLO
2008-01-01

Abstract

È la prima DOCG della Maremma, ottenuta nel 200. Il Morellino di Scansano è un vino che rappresenta l’espressione di un territorio collinare ricco di storia, di cultura e di paesaggi suggestivi. Qui il “Sangiovese”, localmente denominato “Morellino”, esprime particolari caratteristiche di morbidezza, dovute ai tannini nobili che si ottengono grazie alla notevole disponibilità di illuminazione e al regime termico assai favorevole, dove parte dei vigneti “vedono il mare”, e dopo il caldo diurno vengono rinfrescati dalle brezze marine della notte. I terreni di questa zona sono quasi tutti d’origine sedimentaria e derivano, a nord-est di Scansano, dal complesso delle argille e calcari di origine eocenica, mentre nel versante a nord ovest, che volge da Montorgiali a Montiano e a Grosseto, si ritrovano soprattutto terreni argillo-marnosi ed arenacei derivanti dal disfacimento del macigno toscano, dell’oligocene e miocene inferiore. Verso sud est, da Magliano all’Albegna compaiono terreni sciolti neoautoctoni originatisi da sedimenti marini o continentali di origine pliocenica. Tracce della civiltà etrusca e dell’importanza della vite si ritrovano in una serie di reperti archeologici risalenti dal VII - VI secolo a.C. nei recenti scavi di Ghiaccio Forte. Questi ed altri ritrovamenti fanno ritenere probabile che la media valle dell’Albegna sia stato il cuore dell’antico agro Caletrano, vicino alla attuale fattoria di Colle di Lupo e che, dopo la dominazione dei romani, iniziata nel 278 a.C., vi sia stata fondata la città di Heba, comprendente diversi centri minori, tra i quali Pagus Manlianus, Montianus e Scansianus, cioè gli odierni Scansano, Magliano e Montiano. Nel secolo scorso un particolare impulso alla viticoltura venne dato dalla Comunità di Scansano che istituì premi per chi coltivava la vite nel modo migliore. Anche il progresso tecnico fu notevole sotto la spinta di illustri studiosi come Luigi Vannuccini (1877), che propose tra l’altro un nuovo sistema di allevamento “a basso ceppo con sostegni ad un solo sperone e tralcio a frutto”. I vigneti di allora venivano coltivati con sistemazioni di traverso in unità dette "rasole", dove le viti erano poste a distanze di m 1,40-1,10 tra i filari ed circa 60-100 cm sulla fila, ed erano lavorati manualmente. Di questo sistema ne rimane traccia in qualche piccolo vigneto, dove alternativamente è stato tolto un filare per rendere più agevole la meccanizzazione che negli impianti attuali è assicurata da distanze di piantagione di m 2,50-3,00 x 0,8-1,2. I vigneti di quest’area realizzati prima degli anni 80’ erano allevati a Guyot, mentre negli impianti più recenti è stato introdotto il cordone speronato adottando densità di piantagione più elevate (4.000 viti/ha ed oltre). Nell’ambito del processo di rinnovamento dei vigneti, si sottolineano le ricerche intraprese dall’Università di Pisa e di Firenze sui vari aspetti delle tecniche d’impianto e di coltivazione ed in particolare sulla selezione clonale del “Sangiovese” locale, e del “Morellino” che ha lo scopo di valorizzare la variabilità genetica ed eventualmente la tipicità espressa in questa zona. I vini prodotti tendono verso due tipologie principali, il Morellino “di annata” e quello da “affinamento”, il primo più legato alla tradizione ed il secondo più orientato al mercato internazionale.
2008
Scalabrelli, Giancarlo
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/119487
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