Attraverso il caso eclatante del conflitto attorno all’eredità di Anton Bogos, detto “il Celibì”, il più ricco e importante mercante armeno della Livorno del Seicento, il capitolo analizza il trattamento giudiziario delle trasmissioni ereditarie ab intestato nella Toscana del Seicento, con particolare attenzione al problema dei beni degli stranieri qualificati come “turchi di nazione”. Nel Granducato a partire dalla fine del Cinquecento, infatti, erano stati aboliti i diritti di albinaggio o d’ubena in vigore in altri Stati italiani ed europei, secondo i quali i beni di uno straniero morto ab intestato sarebbero stati incamerati dal fisco. Dopo aver presentato brevemente il personaggio, la cui vicenda è già nota alla storiografia ma è sicuramente meritevole di ulteriori indagini, il capitolo si concentra sulle fasi iniziali della disputa sorta attorno ai beni del Celibì, e sulle varie rivendicazioni concorrenti dei beni ab intestato di un mercante straniero: da quelle del fisco granducale a quelle dei possibili eredi “turchi di nazione” ma cristiani di religione. Con l’analisi di questo caso, si intende contribuire al dibattito sullo statuto dei beni degli stranieri nell’Europa di antico regime e sull’intreccio tra trasmissioni ereditarie e frontiere giurisdizionali e confessionali.
Anton Bogos Celibì e le eredità ab intestato nella Toscana di fine XVII secolo
alessandro buono
2024-01-01
Abstract
Attraverso il caso eclatante del conflitto attorno all’eredità di Anton Bogos, detto “il Celibì”, il più ricco e importante mercante armeno della Livorno del Seicento, il capitolo analizza il trattamento giudiziario delle trasmissioni ereditarie ab intestato nella Toscana del Seicento, con particolare attenzione al problema dei beni degli stranieri qualificati come “turchi di nazione”. Nel Granducato a partire dalla fine del Cinquecento, infatti, erano stati aboliti i diritti di albinaggio o d’ubena in vigore in altri Stati italiani ed europei, secondo i quali i beni di uno straniero morto ab intestato sarebbero stati incamerati dal fisco. Dopo aver presentato brevemente il personaggio, la cui vicenda è già nota alla storiografia ma è sicuramente meritevole di ulteriori indagini, il capitolo si concentra sulle fasi iniziali della disputa sorta attorno ai beni del Celibì, e sulle varie rivendicazioni concorrenti dei beni ab intestato di un mercante straniero: da quelle del fisco granducale a quelle dei possibili eredi “turchi di nazione” ma cristiani di religione. Con l’analisi di questo caso, si intende contribuire al dibattito sullo statuto dei beni degli stranieri nell’Europa di antico regime e sull’intreccio tra trasmissioni ereditarie e frontiere giurisdizionali e confessionali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.