Negli ultimi vent’anni il territorio delle province di Lucca e Massa Carrara ha visto nascere, in collaborazione tra Soprintendenza e Università, vari progetti di ricerca dedicati allo scavo di sepolture e allo studio di resti umani. I cantieri di scavo nei siti di Benabbio (LU), Badia Pozzeveri (LU) e San Caprasio ad Aulla (MS) hanno costituito non solo un laboratorio scientifico e metodologico per l’archeologia funeraria e la bioarcheologia ma hanno permesso di sviluppare, in sinergia tra Università e Soprintendenza, nuove strategie di approccio dal punto di vista della comunicazione col pubblico e della valorizzazione del bene culturale costituito dai resti scheletrici umani. Nel trattare di questi tre casi studio non ci soffermeremo sui risultati scientifici di ambito bioarcheologico o sulle metodologie archeologico-funerarie, tafonomiche e antropologiche applicate sul campo e in laboratorio, che sostanzialmente convergono con quelle enucleate nelle linee guida del 2022, piuttosto cercheremo di evidenziare quale rapporto con gli enti locali e le comunità è stato sviluppato nelle fasi di progettazione, svolgimento e valorizzazione degli interventi sui resti umani. Ci sembra che un simile approccio possa offrire spunti di riflessione interessanti su un principio presente nella convenzione di Faro ratificata dall’Italia il 23 settembre 2020: “Oggetti e luoghi non sono di per sé ciò che è importante del patrimonio culturale. Essi sono importanti per i significati e gli usi che le persone attribuiscono loro e per i valori che rappresentano”1. 1 FARO CONVENTION 2005. 1 ISTITUTO CENTRALE PER L’ARCHEOLOGIA ANTONIO FORNACIARI*, NEVA CHIARENZA**, MARTA COLOMBO** L’ATTIVITÀ DI TUTELA E RICERCA BIOARCHEOLOGICA NELL’AREA DELLA SABAP PER LE PROVINCE DI LUCCA E MASSA CARRARA: CASI DI STUDIO E SPUNTI DI RIFLESSIONE A PARTIRE DALLE “LINEE GUIDA PER IL TRATTAMENTO DEI RESTI UMANI” PROTECTION AND BIOARCHAEOLOGICAL RESEARCH IN THE SABAP-LU AREA: CASE-STUDIES AND INSIGHTS FROM THE MINISTRY OF ITALIAN CULTURE “GUIDELINES FOR THE TREATMENT OF THE HUMAN REMAINS” ISTITUTO CENTRALE PER L’ARCHEOLOGIA ISTITUTO CENTRALE PER IL CATALOGO E LA DOCUMENTAZIONE Workshop A un anno dalle “Linee guida per il trattamento dei resti umani” 5 luglio 2023; Roma, Complesso Monumentale del San Michele PRE-ATTI / PRE-ACTS Troviamo particolarmente appropriato in relazione ai resti umani, che sono allo stesso tempo bene culturale, reperto bioarcheologico e “resti di umanità”2, il concetto espresso dalla Convenzione3. Il caso di Benabbio (fig. 1) costituisce un unicum in Italia quale indagine archeologica di un contesto cimiteriale del XIX secolo. Lo scavo, svoltosi negli anni 2007-2011, ha interessato 43 sepolture risalenti alla pandemia colerica che nell’estate del 1855 investì questo paese della montagna lucchese4. La peculiarità del progetto, dal punto di vista del rapporto con la comunità locale, risiede nella cronologia recente delle inumazioni, e nel fatto che sulla base dello scavo, dello studio antropologico e dell’integrazione con le fonti archivistiche è stato possibile in molti casi risalire all’identità dei singoli individui inumati, dando loro nome e cognome e quindi collegandoli, anche genealogicamente, ai discendenti che oggi vivono ancora nel paese di Benabbio. Il secondo caso studio riguarda lo scavo estensivo delle aree cimiteriali pertinenti alla chiesa di San Pietro di Pozzeveri (anni 2011-in corso), sede di una canonica e di un monastero tra XI e XV secolo, quindi chiesa parrocchiale della comunità di Badia Pozzeveri fino alla seconda metà del Novecento (fig. 2). In questo caso lo scavo ha riguardato una cospicua serie di inumazioni che vanno, quasi senza soluzione di continuità, dall’XI al XIX secolo5. Questi due cantieri sono nati come scavi in accordo con la Soprintendenza per poi diventare scavi su concessione. In entrambi i casi la concessione è stata ottenuta dai Comuni e la direzione scientifica affidata alla Divisione di Paleopatologia dell’Università di Pisa, che li ha utilizzati come cantieri scuola riservati agli studenti dei corsi di Archeologia Funeraria e Paleopatologia. Infine, il caso di San Caprasio di Aulla (fig. 3), sede di un’importante abbazia benedettina in età medievale, già oggetto di approfonditi scavi dell’Iscum, che ha visto nel 2021 una ripresa delle indagini, in questo caso specificatamente rivolte alle stratificazioni cimiteriali medievali, sotto la direzione scientifica della Sabap di Lucca e Massa Carrara6. La sinergia sviluppata tra Soprintendenza e Università ha portato a instaurare un proficuo rapporto con le istituzioni religiose (proprietarie dei terreni interessati dagli scavi) e con le amministrazione locali. Un ruolo non secondario, tuttavia, è stato svolto dalle comunità locali, che sono state partecipi della ricerca fin dalla fase di progettazione degli interventi, fattore che ha assicurato un supporto logistico e pratico straordinario durante l’attività sul campo, ma soprattutto ha costituito la base su cui costruire il coinvolgimento progressivo di tutti i membri della comunità nella fase di valorizzazione dei risultati. Il processo di “riappropriazione” dei beni bioarcheologici è stato un processo del tutto naturale. Gli scavi, che non sono mai stati chiusi alla vista del pubblico, hanno goduto di una forte visibilità, implementata dallo sviluppo dei social media. Emblematico il caso di Benabbio, dove fin dalla prima campagna del 2007 la costruzione di un giornale di scavo quotidiano pubblicato on line sul sito della Divisione di Paleopatologia (www.paleopatologia.it) ha permesso un’amplissima circolazione delle informazioni e una divulgazione efficacie dei risultati progressivi anche ai membri della comunità che fisicamente non potevano presenziare al cantiere, riannodando i fili con la popolazione dei discendenti dei migranti residenti all’estero. 2 FAVOLE 2005. 3 BELCASTRO, MANZI et al. 2022. 4 FORNACIARI 2023. 5 FORNACIARI et al. 2016; FORNACIARI et al. 2022. 6 BOGGI, GIANNICHEDDA 2021. 2 ISTITUTO CENTRALE PER L’ARCHEOLOGIA A. FORNACIARI et al., Tutela e ricerca bioarcheologica nella SABAP-LU 3 ISTITUTO CENTRALE PER L’ARCHEOLOGIA A un anno dalle Linee Guida Ad Aulla, il ruolo della parrocchia e dell’associazione “Amici di San Caprasio” è stato fondamentale, dal momento che l’intervento si è inserito nell’ambito di un progetto complesso di valorizzazione dell’abbazia, che ha portato già anni fa (2012) alla fondazione di un museo e all’istituzione di un ostello per pellegrini. L’associazione stessa ha poi deciso di finanziare analisi archeometriche isotopiche sui resti scheletrici per ricavare informazioni di ampio respiro su alimentazione, mobilità e più in generale stile di vita degli antichi abitanti della Lunigiana. Lo studio dei resti umani pertanto, nella nostra esperienza, non ha costituito un ostacolo alla creazione di un’archeologia partecipata dalle comunità, ma è stato semmai un fattore che ha incrementato interesse e volontà di riappropriazione della storia attraverso gli “archivi biologici” resi finalmente parlanti grazie all’archeologia e alla bioarchaeologia.

L’ATTIVITÀ DI TUTELA E RICERCA BIOARCHEOLOGICA NELL’AREA DELLA SABAP PER LE PROVINCE DI LUCCA E MASSA CARRARA: CASI DI STUDIO E SPUNTI DI RIFLESSIONE A PARTIRE DALLE “LINEE GUIDA PER IL TRATTAMENTO DEI RESTI UMANI”

Antonio Fornaciari;Marta Colombo
2023-01-01

Abstract

Negli ultimi vent’anni il territorio delle province di Lucca e Massa Carrara ha visto nascere, in collaborazione tra Soprintendenza e Università, vari progetti di ricerca dedicati allo scavo di sepolture e allo studio di resti umani. I cantieri di scavo nei siti di Benabbio (LU), Badia Pozzeveri (LU) e San Caprasio ad Aulla (MS) hanno costituito non solo un laboratorio scientifico e metodologico per l’archeologia funeraria e la bioarcheologia ma hanno permesso di sviluppare, in sinergia tra Università e Soprintendenza, nuove strategie di approccio dal punto di vista della comunicazione col pubblico e della valorizzazione del bene culturale costituito dai resti scheletrici umani. Nel trattare di questi tre casi studio non ci soffermeremo sui risultati scientifici di ambito bioarcheologico o sulle metodologie archeologico-funerarie, tafonomiche e antropologiche applicate sul campo e in laboratorio, che sostanzialmente convergono con quelle enucleate nelle linee guida del 2022, piuttosto cercheremo di evidenziare quale rapporto con gli enti locali e le comunità è stato sviluppato nelle fasi di progettazione, svolgimento e valorizzazione degli interventi sui resti umani. Ci sembra che un simile approccio possa offrire spunti di riflessione interessanti su un principio presente nella convenzione di Faro ratificata dall’Italia il 23 settembre 2020: “Oggetti e luoghi non sono di per sé ciò che è importante del patrimonio culturale. Essi sono importanti per i significati e gli usi che le persone attribuiscono loro e per i valori che rappresentano”1. 1 FARO CONVENTION 2005. 1 ISTITUTO CENTRALE PER L’ARCHEOLOGIA ANTONIO FORNACIARI*, NEVA CHIARENZA**, MARTA COLOMBO** L’ATTIVITÀ DI TUTELA E RICERCA BIOARCHEOLOGICA NELL’AREA DELLA SABAP PER LE PROVINCE DI LUCCA E MASSA CARRARA: CASI DI STUDIO E SPUNTI DI RIFLESSIONE A PARTIRE DALLE “LINEE GUIDA PER IL TRATTAMENTO DEI RESTI UMANI” PROTECTION AND BIOARCHAEOLOGICAL RESEARCH IN THE SABAP-LU AREA: CASE-STUDIES AND INSIGHTS FROM THE MINISTRY OF ITALIAN CULTURE “GUIDELINES FOR THE TREATMENT OF THE HUMAN REMAINS” ISTITUTO CENTRALE PER L’ARCHEOLOGIA ISTITUTO CENTRALE PER IL CATALOGO E LA DOCUMENTAZIONE Workshop A un anno dalle “Linee guida per il trattamento dei resti umani” 5 luglio 2023; Roma, Complesso Monumentale del San Michele PRE-ATTI / PRE-ACTS Troviamo particolarmente appropriato in relazione ai resti umani, che sono allo stesso tempo bene culturale, reperto bioarcheologico e “resti di umanità”2, il concetto espresso dalla Convenzione3. Il caso di Benabbio (fig. 1) costituisce un unicum in Italia quale indagine archeologica di un contesto cimiteriale del XIX secolo. Lo scavo, svoltosi negli anni 2007-2011, ha interessato 43 sepolture risalenti alla pandemia colerica che nell’estate del 1855 investì questo paese della montagna lucchese4. La peculiarità del progetto, dal punto di vista del rapporto con la comunità locale, risiede nella cronologia recente delle inumazioni, e nel fatto che sulla base dello scavo, dello studio antropologico e dell’integrazione con le fonti archivistiche è stato possibile in molti casi risalire all’identità dei singoli individui inumati, dando loro nome e cognome e quindi collegandoli, anche genealogicamente, ai discendenti che oggi vivono ancora nel paese di Benabbio. Il secondo caso studio riguarda lo scavo estensivo delle aree cimiteriali pertinenti alla chiesa di San Pietro di Pozzeveri (anni 2011-in corso), sede di una canonica e di un monastero tra XI e XV secolo, quindi chiesa parrocchiale della comunità di Badia Pozzeveri fino alla seconda metà del Novecento (fig. 2). In questo caso lo scavo ha riguardato una cospicua serie di inumazioni che vanno, quasi senza soluzione di continuità, dall’XI al XIX secolo5. Questi due cantieri sono nati come scavi in accordo con la Soprintendenza per poi diventare scavi su concessione. In entrambi i casi la concessione è stata ottenuta dai Comuni e la direzione scientifica affidata alla Divisione di Paleopatologia dell’Università di Pisa, che li ha utilizzati come cantieri scuola riservati agli studenti dei corsi di Archeologia Funeraria e Paleopatologia. Infine, il caso di San Caprasio di Aulla (fig. 3), sede di un’importante abbazia benedettina in età medievale, già oggetto di approfonditi scavi dell’Iscum, che ha visto nel 2021 una ripresa delle indagini, in questo caso specificatamente rivolte alle stratificazioni cimiteriali medievali, sotto la direzione scientifica della Sabap di Lucca e Massa Carrara6. La sinergia sviluppata tra Soprintendenza e Università ha portato a instaurare un proficuo rapporto con le istituzioni religiose (proprietarie dei terreni interessati dagli scavi) e con le amministrazione locali. Un ruolo non secondario, tuttavia, è stato svolto dalle comunità locali, che sono state partecipi della ricerca fin dalla fase di progettazione degli interventi, fattore che ha assicurato un supporto logistico e pratico straordinario durante l’attività sul campo, ma soprattutto ha costituito la base su cui costruire il coinvolgimento progressivo di tutti i membri della comunità nella fase di valorizzazione dei risultati. Il processo di “riappropriazione” dei beni bioarcheologici è stato un processo del tutto naturale. Gli scavi, che non sono mai stati chiusi alla vista del pubblico, hanno goduto di una forte visibilità, implementata dallo sviluppo dei social media. Emblematico il caso di Benabbio, dove fin dalla prima campagna del 2007 la costruzione di un giornale di scavo quotidiano pubblicato on line sul sito della Divisione di Paleopatologia (www.paleopatologia.it) ha permesso un’amplissima circolazione delle informazioni e una divulgazione efficacie dei risultati progressivi anche ai membri della comunità che fisicamente non potevano presenziare al cantiere, riannodando i fili con la popolazione dei discendenti dei migranti residenti all’estero. 2 FAVOLE 2005. 3 BELCASTRO, MANZI et al. 2022. 4 FORNACIARI 2023. 5 FORNACIARI et al. 2016; FORNACIARI et al. 2022. 6 BOGGI, GIANNICHEDDA 2021. 2 ISTITUTO CENTRALE PER L’ARCHEOLOGIA A. FORNACIARI et al., Tutela e ricerca bioarcheologica nella SABAP-LU 3 ISTITUTO CENTRALE PER L’ARCHEOLOGIA A un anno dalle Linee Guida Ad Aulla, il ruolo della parrocchia e dell’associazione “Amici di San Caprasio” è stato fondamentale, dal momento che l’intervento si è inserito nell’ambito di un progetto complesso di valorizzazione dell’abbazia, che ha portato già anni fa (2012) alla fondazione di un museo e all’istituzione di un ostello per pellegrini. L’associazione stessa ha poi deciso di finanziare analisi archeometriche isotopiche sui resti scheletrici per ricavare informazioni di ampio respiro su alimentazione, mobilità e più in generale stile di vita degli antichi abitanti della Lunigiana. Lo studio dei resti umani pertanto, nella nostra esperienza, non ha costituito un ostacolo alla creazione di un’archeologia partecipata dalle comunità, ma è stato semmai un fattore che ha incrementato interesse e volontà di riappropriazione della storia attraverso gli “archivi biologici” resi finalmente parlanti grazie all’archeologia e alla bioarchaeologia.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/1213708
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