Nel 1968 Giuseppe Samonà, allora direttore dello IUAV, cura e promuove la pubblicazione del volume Teoria della progettazione architettonica per i tipi della Dedalo di Bari. In quell’occasione furono coinvolti giovani architetti e docenti che negli anni seguenti furono i protagonisti del rinnovamento delle scuole di architettura in Italia e animatori di una rifondazione disciplinare che sin dall’inizio teneva insieme riflessione teorica e metodologica e tensione progettuale. Tra gli altri, in quel volume scrissero saggi, alcuni dei quali memorabili, Aldo Rossi, Luciano Semerani, Guido Canella, Vittorio Gregotti e Manfredo Tafuri. Rifuggendo da ogni precario tentativo di attualizzazione di quella esperienza di 55 anni e dunque due generazioni fa riteniamo tuttavia che sia giunto il momento che la generazione degli architetti nati tra il 1965 e il 1975 e oggi impegnati nella scuola provi responsabilmente ad assumere una posizione sulla attuale divaricazione tra pensiero e progetto rinvenibile nel lavoro di architetti e docenti - soprattutto di quelli tra i 30 e i 40 anni - in varie forme impegnati nelle università italiane. Una condizione nella quale alcuni pur dotati studiosi (giovani e meno giovani) non hanno mai avuto alcune esperienza di progetto (non necessariamente professionale) e si dedicano esclusivamente alla attività teoretica o para-teoretica, sganciandola e separandola dalla ineludibile verifica e nutrimento dell’esercizio del progetto, arrivando a postularne addirittura la inutilità o provvisorietà esornativa o, su un altro versante, di bravi professionisti con qualche esperienza operativa ma totalmente disunita da una corrispondente e necessaria riflessione teorica e metodologica. Una condizione schizofrenica e distorcente, che a lungo termine potrebbe anche inficiare il funzionamento delle scuole di architettura italiane per la difficoltà a definire il corpus disciplinare e il sistema di conoscenze da trasferire agli studenti ma anche la natura e consistenza dell’apporto che l’università e le sue competenze possono dare al mondo esterno in termini di miglioramento dei territori, delle città, dei contesti. A partire da tali premesse, che trovano riscontro in molte ricognizioni recenti (Generazioni e progetti culturali, Under 50 Innovazione e tradizione, Nuova architettura italiana, Storia dell’architettura 1985-2005), riteniamo sia necessario rilanciare la riflessione critica e il confronto, individuando e coinvolgendo alcune figure operanti che abbiamo come tratto distintivo e prioritario l’aver coniugato nella propria carriera l’esercizio del progetto e la sua effettualità insopprimibile con la corrispondete e non disgiungibile riflessione teorica e metodologica. Architetti e docenti che credono nel ruolo progressivo del progetto come specifico modo di trasformazione del reale a partire da alcune premesse, ipotesi e assunzioni critico-argomentative (e quindi scientifiche) e che ritengano che il sinolo tra Theoria e praxis (inaugurato una ventina di secoli fa da Vitruvio) non sia da ignorare e tantomeno da negare ma vieppiù da ri-significare e ri-considerare, pena la perdita stessa del ruolo dell’architettura come arte civile e oggetto ideale e sociale (Ferraris). A questi 12 architetti e docenti (alcuni in coppia) si richiede la costruzione di una tavola che descriva un progetto che si ritiene emblematico della propria ricerca formale e un correlato scritto non meramente descrittivo ma argomentativo delle ragioni delle scelte compiute e dei modi di costruzione della composizione. Accanto a queste elaborazioni “testuali” (iconografica e idiografica) si aggiunge la realizzazione di un costrutto fisico astratto-formato (modello | artefatto) che per altra via ribadisca il carattere artistico dell’architettura intesa, con Wittgenstein, come una specifica “forma di pensiero” o a-la Pareyson un particolare “pensiero formante”.

Architettura Italiana Contemporanea. Progetto e Pensiero

Luca Lanini;
2023-01-01

Abstract

Nel 1968 Giuseppe Samonà, allora direttore dello IUAV, cura e promuove la pubblicazione del volume Teoria della progettazione architettonica per i tipi della Dedalo di Bari. In quell’occasione furono coinvolti giovani architetti e docenti che negli anni seguenti furono i protagonisti del rinnovamento delle scuole di architettura in Italia e animatori di una rifondazione disciplinare che sin dall’inizio teneva insieme riflessione teorica e metodologica e tensione progettuale. Tra gli altri, in quel volume scrissero saggi, alcuni dei quali memorabili, Aldo Rossi, Luciano Semerani, Guido Canella, Vittorio Gregotti e Manfredo Tafuri. Rifuggendo da ogni precario tentativo di attualizzazione di quella esperienza di 55 anni e dunque due generazioni fa riteniamo tuttavia che sia giunto il momento che la generazione degli architetti nati tra il 1965 e il 1975 e oggi impegnati nella scuola provi responsabilmente ad assumere una posizione sulla attuale divaricazione tra pensiero e progetto rinvenibile nel lavoro di architetti e docenti - soprattutto di quelli tra i 30 e i 40 anni - in varie forme impegnati nelle università italiane. Una condizione nella quale alcuni pur dotati studiosi (giovani e meno giovani) non hanno mai avuto alcune esperienza di progetto (non necessariamente professionale) e si dedicano esclusivamente alla attività teoretica o para-teoretica, sganciandola e separandola dalla ineludibile verifica e nutrimento dell’esercizio del progetto, arrivando a postularne addirittura la inutilità o provvisorietà esornativa o, su un altro versante, di bravi professionisti con qualche esperienza operativa ma totalmente disunita da una corrispondente e necessaria riflessione teorica e metodologica. Una condizione schizofrenica e distorcente, che a lungo termine potrebbe anche inficiare il funzionamento delle scuole di architettura italiane per la difficoltà a definire il corpus disciplinare e il sistema di conoscenze da trasferire agli studenti ma anche la natura e consistenza dell’apporto che l’università e le sue competenze possono dare al mondo esterno in termini di miglioramento dei territori, delle città, dei contesti. A partire da tali premesse, che trovano riscontro in molte ricognizioni recenti (Generazioni e progetti culturali, Under 50 Innovazione e tradizione, Nuova architettura italiana, Storia dell’architettura 1985-2005), riteniamo sia necessario rilanciare la riflessione critica e il confronto, individuando e coinvolgendo alcune figure operanti che abbiamo come tratto distintivo e prioritario l’aver coniugato nella propria carriera l’esercizio del progetto e la sua effettualità insopprimibile con la corrispondete e non disgiungibile riflessione teorica e metodologica. Architetti e docenti che credono nel ruolo progressivo del progetto come specifico modo di trasformazione del reale a partire da alcune premesse, ipotesi e assunzioni critico-argomentative (e quindi scientifiche) e che ritengano che il sinolo tra Theoria e praxis (inaugurato una ventina di secoli fa da Vitruvio) non sia da ignorare e tantomeno da negare ma vieppiù da ri-significare e ri-considerare, pena la perdita stessa del ruolo dell’architettura come arte civile e oggetto ideale e sociale (Ferraris). A questi 12 architetti e docenti (alcuni in coppia) si richiede la costruzione di una tavola che descriva un progetto che si ritiene emblematico della propria ricerca formale e un correlato scritto non meramente descrittivo ma argomentativo delle ragioni delle scelte compiute e dei modi di costruzione della composizione. Accanto a queste elaborazioni “testuali” (iconografica e idiografica) si aggiunge la realizzazione di un costrutto fisico astratto-formato (modello | artefatto) che per altra via ribadisca il carattere artistico dell’architettura intesa, con Wittgenstein, come una specifica “forma di pensiero” o a-la Pareyson un particolare “pensiero formante”.
2023
Lanini, Luca; Capozzi, Renato; Costi, Dario
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/1217453
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