Con sent. n. 24579/2022, la Corte di Cassazione è intervenuta sul caso di un avviso di accertamento notificato a una società di capitali che era stata incorporata in altro soggetto in data antecedente. I giudici, dopo aver precisato che la fusione non rappresenta più una vicenda evolutivo-modificativa del rapporto societario , hanno dichiarato la nullità della notificazione, giacché l’atto era indirizzato ad un ente oramai estintosi per effetto della cancellazione dal registro imprese a seguito dell’incorporazione. Rigettando il motivo di ricorso avanzato dall’Amministrazione finanziaria, la decisione ribadisce il carattere estintivo della fusione, coerentemente con quanto già sostenuto sul piano civilistico con sent. SS.UU. n. 21970/2021 . In quest’ultima pronuncia, la Suprema Corte, nel tentativo di risolvere il contrasto sorto in seno alla giurisprudenza con riguardo alla legittimazione processuale dell’incorporata cancellata dal registro imprese, ricostruiva il profilo civilistico dell’operazione di fusione a partire da un confronto, tra l’altro, con l’estinzione che si ottiene a fronte della liquidazione ex art. 2495 c.c. della società . La Cassazione sosteneva quindi la tesi della definitiva estinzione, con effetto devolutivo-successorio, dell’incorporata (o delle società fuse) dal momento dell’iscrizione nel registro imprese della loro cancellazione, producendosi un fatto uguale e contrario alla primordiale iscrizione della costituzione. Su questi aspetti sostanziali, pertanto, riposa il principio di diritto – desumibile da entrambe le decisioni – che statuisce la legittimazione dell’incorporante (o della società risultante) rispetto ai rapporti del soggetto originario. Più di recente, il punto è stato affrontato anche dalla giurisprudenza di merito, che con la sent. n. 257/2022 della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Varese , dopo aver richiamato la stessa sent. n. 24579/2022, ha rilevato come una società incorporata in altra si estingua, senza subire, invece, un mero mutamento organizzativo; ragion per cui, è nullo e inefficace non solo l’avviso di accertamento notificatole, ma pure ogni altro atto da esso originato, poiché affetto da illegittimità derivata. Si aggiunga, poi, che la tesi successoria ed estintiva della fusione sembra trovare riscontro anche sotto il profilo tributario e, più precisamente, nella relativa disposizione del t.u.i.r.: l’art. 172, invero, parla sia di “subentro” dell’ente unificato che di “soggetti che si estinguono per effetto delle operazioni medesime” . Nell’ipotesi della liquidazione, viceversa, la sorte dei fenomeni estintivi è connotata dal peculiare disposto dell’art. 28, comma 4, d.lgs. n. 175/2014, secondo cui, ai soli fini della validità ed efficacia degli atti tributari, l’estinzione ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal registro imprese . Ciò sempreché, nella sua esegesi, il pronome relativo “di cui” nell’inciso “l’estinzione della società di cui all’art. 2495 c.c.” si riferisca alla causa estintiva ivi disciplinata, ossia la liquidazione, e non alla tipologia della società . La norma de qua, introdotta in risposta alla presa d’atto della giurisprudenza dell’estinzione dopo la cancellazione dal registro imprese , costituisce il vantaggio per l’Amministrazione finanziaria di poter continuare ad avere, almeno per cinque anni, la società come destinataria dei propri atti, fermi restando gli effetti nei confronti dei soci. In ragione della sua particolarità, essa è stata però oggetto di critiche da parte della dottrina circa la sua natura: (i) limitata alla conservazione degli atti, stante la validità della notifica tributaria quale primo passo della pretesa impositiva ; oppure (ii) rappresentativa di una sorta di ultrattività o, addirittura, di una reviviscenza, seppur in ambito fiscale e nel limite di cinque anni, del soggetto civilisticamente estinto . La stessa norma è stata, infine, oggetto di esame da parte della Corte costituzionale in relazione agli artt. 3 e 76 Cost., ma la Consulta con sent. n. 142/2020 ha dichiarato inesistenti i profili di incostituzionalità . L’equiparazione civilistica operata dalle SS.UU. tra fusione e liquidazione – sotto il profilo dell’effetto estintivo prodotto da entrambe le operazioni –, se trasferita sul piano tributario, può sollevare il dubbio di una disparità di trattamento in ordine alla legittimazione della società estinta a ricevere atti impositivi: se nella fusione, infatti, la mancata legittimazione dell’incorporata o delle società fuse alla notifica di un atto si produce nell’immediato, già dopo la cancellazione dal registro imprese, nella liquidazione si ha una validità dell’atto, benché entro il quinquennio individuato, anche se notificato dopo l’estinzione. A questo proposito, si deve innanzitutto osservare che le due fattispecie di estinzione non appaiono sostanzialmente comparabili perché, come ci ricorda la stessa sent. n. 21970/2021 cit., diverso è l’effetto dell’estinzione con riferimento alla successione nelle situazioni giuridiche soggettive. Entrambe le operazioni, sostiene la Corte, comportando la cancellazione dal registro delle imprese delle società coinvolte, determinano la loro estinzione e la contestuale successione dei relativi rapporti giuridici. Nella fusione, tuttavia, tali rapporti proseguono presso un altro ente e l’atteggiamento dei soci è nel senso di una continuazione dell’attività d’impresa, sebbene sotto una diversa forma organizzativa. Nessuna delle situazioni giuridiche soggettive, pertanto, residua in capo all’incorporata o alle società fuse, verificandosi una modificazione soggettiva della loro titolarità, dalla quale poi derivano, come conseguenza sulle situazioni stesse che si trasmettono: (i) l’irreversibilità della nuova titolarità e (ii) l’assenza del carattere di novità, giacché esse non originano nella fusione, ma esistono presso la società originaria e conservano sia la propria causa che la natura giuridica. Nella liquidazione, invece, le posizioni passive tenderanno alla definizione per mezzo delle poste dell’attivo allo scopo realizzate, senza prosieguo dell’attività, ma, al contrario, con un’espulsione dell’ente liquidato dal mercato , mentre il fenomeno successorio riguarderebbe solo quelle situazioni, inizialmente riferite alla società estinta, non definite nel corso della procedura per insufficienza dell’attivo, oppure perché trascurate o perché se n’è scoperta l'esistenza solo in un tardo momento. Per tutte queste ragioni, in definitiva, l’art. 28, comma 4, d.lgs. n. 175/2014 sembra circoscrivere il proprio ambito applicativo ad un evento estintivo – quello conseguente alla liquidazione – sostanzialmente non comparabile con l’estinzione a seguito della fusione. Anche la recente sent. n. 257/2022 della giurisprudenza di merito, dichiarando la nullità dell’atto notificato al soggetto estinto in virtù della fusione per incorporazione, in apparenza colloca la controversia trattata al di fuori del perimetro della suddetta disposizione. Occorre poi ricordare, infine, che il medesimo art. 28, comma 4, cit. è norma avente natura derogatoria rispetto all’ordinaria disciplina dell’estinzione delle società di capitali ex art. 2495, comma 2, c.c. e perciò la sua interpretazione deve essere rigorosa e letterale, non già estensiva; il suo ambito di applicabilità, dunque, non potrebbe essere esteso oltre i confini ivi tracciati , sino a contemplare anche le operazioni straordinarie di fusione.
Estinzione della società a seguito di fusione ed efficacia degli atti tributari a essa notificati: è applicabile l’art. 28, comma 4, d.lgs. n. 175/2014?
Antonio Rosato
2023-01-01
Abstract
Con sent. n. 24579/2022, la Corte di Cassazione è intervenuta sul caso di un avviso di accertamento notificato a una società di capitali che era stata incorporata in altro soggetto in data antecedente. I giudici, dopo aver precisato che la fusione non rappresenta più una vicenda evolutivo-modificativa del rapporto societario , hanno dichiarato la nullità della notificazione, giacché l’atto era indirizzato ad un ente oramai estintosi per effetto della cancellazione dal registro imprese a seguito dell’incorporazione. Rigettando il motivo di ricorso avanzato dall’Amministrazione finanziaria, la decisione ribadisce il carattere estintivo della fusione, coerentemente con quanto già sostenuto sul piano civilistico con sent. SS.UU. n. 21970/2021 . In quest’ultima pronuncia, la Suprema Corte, nel tentativo di risolvere il contrasto sorto in seno alla giurisprudenza con riguardo alla legittimazione processuale dell’incorporata cancellata dal registro imprese, ricostruiva il profilo civilistico dell’operazione di fusione a partire da un confronto, tra l’altro, con l’estinzione che si ottiene a fronte della liquidazione ex art. 2495 c.c. della società . La Cassazione sosteneva quindi la tesi della definitiva estinzione, con effetto devolutivo-successorio, dell’incorporata (o delle società fuse) dal momento dell’iscrizione nel registro imprese della loro cancellazione, producendosi un fatto uguale e contrario alla primordiale iscrizione della costituzione. Su questi aspetti sostanziali, pertanto, riposa il principio di diritto – desumibile da entrambe le decisioni – che statuisce la legittimazione dell’incorporante (o della società risultante) rispetto ai rapporti del soggetto originario. Più di recente, il punto è stato affrontato anche dalla giurisprudenza di merito, che con la sent. n. 257/2022 della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Varese , dopo aver richiamato la stessa sent. n. 24579/2022, ha rilevato come una società incorporata in altra si estingua, senza subire, invece, un mero mutamento organizzativo; ragion per cui, è nullo e inefficace non solo l’avviso di accertamento notificatole, ma pure ogni altro atto da esso originato, poiché affetto da illegittimità derivata. Si aggiunga, poi, che la tesi successoria ed estintiva della fusione sembra trovare riscontro anche sotto il profilo tributario e, più precisamente, nella relativa disposizione del t.u.i.r.: l’art. 172, invero, parla sia di “subentro” dell’ente unificato che di “soggetti che si estinguono per effetto delle operazioni medesime” . Nell’ipotesi della liquidazione, viceversa, la sorte dei fenomeni estintivi è connotata dal peculiare disposto dell’art. 28, comma 4, d.lgs. n. 175/2014, secondo cui, ai soli fini della validità ed efficacia degli atti tributari, l’estinzione ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal registro imprese . Ciò sempreché, nella sua esegesi, il pronome relativo “di cui” nell’inciso “l’estinzione della società di cui all’art. 2495 c.c.” si riferisca alla causa estintiva ivi disciplinata, ossia la liquidazione, e non alla tipologia della società . La norma de qua, introdotta in risposta alla presa d’atto della giurisprudenza dell’estinzione dopo la cancellazione dal registro imprese , costituisce il vantaggio per l’Amministrazione finanziaria di poter continuare ad avere, almeno per cinque anni, la società come destinataria dei propri atti, fermi restando gli effetti nei confronti dei soci. In ragione della sua particolarità, essa è stata però oggetto di critiche da parte della dottrina circa la sua natura: (i) limitata alla conservazione degli atti, stante la validità della notifica tributaria quale primo passo della pretesa impositiva ; oppure (ii) rappresentativa di una sorta di ultrattività o, addirittura, di una reviviscenza, seppur in ambito fiscale e nel limite di cinque anni, del soggetto civilisticamente estinto . La stessa norma è stata, infine, oggetto di esame da parte della Corte costituzionale in relazione agli artt. 3 e 76 Cost., ma la Consulta con sent. n. 142/2020 ha dichiarato inesistenti i profili di incostituzionalità . L’equiparazione civilistica operata dalle SS.UU. tra fusione e liquidazione – sotto il profilo dell’effetto estintivo prodotto da entrambe le operazioni –, se trasferita sul piano tributario, può sollevare il dubbio di una disparità di trattamento in ordine alla legittimazione della società estinta a ricevere atti impositivi: se nella fusione, infatti, la mancata legittimazione dell’incorporata o delle società fuse alla notifica di un atto si produce nell’immediato, già dopo la cancellazione dal registro imprese, nella liquidazione si ha una validità dell’atto, benché entro il quinquennio individuato, anche se notificato dopo l’estinzione. A questo proposito, si deve innanzitutto osservare che le due fattispecie di estinzione non appaiono sostanzialmente comparabili perché, come ci ricorda la stessa sent. n. 21970/2021 cit., diverso è l’effetto dell’estinzione con riferimento alla successione nelle situazioni giuridiche soggettive. Entrambe le operazioni, sostiene la Corte, comportando la cancellazione dal registro delle imprese delle società coinvolte, determinano la loro estinzione e la contestuale successione dei relativi rapporti giuridici. Nella fusione, tuttavia, tali rapporti proseguono presso un altro ente e l’atteggiamento dei soci è nel senso di una continuazione dell’attività d’impresa, sebbene sotto una diversa forma organizzativa. Nessuna delle situazioni giuridiche soggettive, pertanto, residua in capo all’incorporata o alle società fuse, verificandosi una modificazione soggettiva della loro titolarità, dalla quale poi derivano, come conseguenza sulle situazioni stesse che si trasmettono: (i) l’irreversibilità della nuova titolarità e (ii) l’assenza del carattere di novità, giacché esse non originano nella fusione, ma esistono presso la società originaria e conservano sia la propria causa che la natura giuridica. Nella liquidazione, invece, le posizioni passive tenderanno alla definizione per mezzo delle poste dell’attivo allo scopo realizzate, senza prosieguo dell’attività, ma, al contrario, con un’espulsione dell’ente liquidato dal mercato , mentre il fenomeno successorio riguarderebbe solo quelle situazioni, inizialmente riferite alla società estinta, non definite nel corso della procedura per insufficienza dell’attivo, oppure perché trascurate o perché se n’è scoperta l'esistenza solo in un tardo momento. Per tutte queste ragioni, in definitiva, l’art. 28, comma 4, d.lgs. n. 175/2014 sembra circoscrivere il proprio ambito applicativo ad un evento estintivo – quello conseguente alla liquidazione – sostanzialmente non comparabile con l’estinzione a seguito della fusione. Anche la recente sent. n. 257/2022 della giurisprudenza di merito, dichiarando la nullità dell’atto notificato al soggetto estinto in virtù della fusione per incorporazione, in apparenza colloca la controversia trattata al di fuori del perimetro della suddetta disposizione. Occorre poi ricordare, infine, che il medesimo art. 28, comma 4, cit. è norma avente natura derogatoria rispetto all’ordinaria disciplina dell’estinzione delle società di capitali ex art. 2495, comma 2, c.c. e perciò la sua interpretazione deve essere rigorosa e letterale, non già estensiva; il suo ambito di applicabilità, dunque, non potrebbe essere esteso oltre i confini ivi tracciati , sino a contemplare anche le operazioni straordinarie di fusione.File | Dimensione | Formato | |
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