A partire dalla fine del secolo XI nella Toscana occidentale e più in generale nell’area centro settentrionale della penisola si intensificano, come è noto, le iscrizioni destinate a celebrare l’operato degli architetti e progressivamente di alcune delle altre figure coinvolte nei cantieri e nelle imprese costruttive di crescita urbana, come lapicidi e scultori. Si tratta di un fenomeno di ampia portata, sebbene non omogeneo, che segna una cesura con quanto accadeva in precedenza, allorquando questo tipo di riconoscimento era riservato alla figura del committente. Parallelamente si diffondono le “firme epigrafiche”, numerose in questo ambito regionale, perlopiù uniche attestazioni di personalità altrimenti destinate all’anonimato e al tempo stesso indicative di un mutato ruolo degli artefici, di una loro “autocoscienza”, come è stata efficacemente definita. In passato la storiografia ha spesso presentato l’artefice che opera in ambito genericamente medievale come del tutto subordinato al committente, finché studi specifici e lavori di sintesi non hanno più volte e più correttamente posto in luce diverse situazioni e contesti, anche se tale prospettiva si è di nuovo affacciata in tentativi recenti, per esempio connessi all’interpretazione delle architetture nell’ambito di studi di archeologia del costruito, evidentemente fornendo interpretazioni meno equilibrate di una dinamica, quella artefici-committenti, che non può che intendersi come dialettica, da valutare attentamente caso per caso. Gli epiteti e i riconoscimenti, come nel caso di quelli rivolti agli artefici coinvolti nelle diverse fasi del cantiere della cattedrale di Pisa – Buscheto, Rainaldo, Guglielmo – mostrano per converso, come da tempo affermato, il riconoscimento da parte dei contemporanei di una componente progettuale e organizzativa, oltre che meramente esecutiva. Non si tratta di un fenomeno esclusivamente urbano. Nell’ambito della maritima medievale, per esempio, dai primi decenni del XII secolo soggetta all’espansione pisana, alcuni edifici plebani presentano precocemente iscrizioni e segni lapidari connessi alle attività costruttive, inquadrabili nell’ambito della seconda metà dello stesso. I segni lapidari appartengono alla tipologia definita “di utilità”, le iscrizioni sono invece classificabili tra quelle definite “firma”, attestanti l’operato degli artefici di cui riportano il nome. La maggior parte di queste forniscono inoltre datazioni assolute. Nella prima metà del secolo successivo una nuova tipologia di scrittura esposta commemorativa comparirà nel palazzo pretorio di Campiglia e nello sviluppo urbano di Piombino, porto di pertinenza pisana, celebrandone le attività edilizie e la realizzazione delle porte urbane e della fonte dei Canali alla Marina, segno inequivocabile della volontà politica di porre in evidenza, mediante scritture potenzialmente fruibili da un pubblico il più vasto possibile, quanto realizzato. Muovendo dalla materialità agli aspetti propri della storia sociale e delle mentalità, nel contributo si è cercato di evidenziare tale passaggio mediante una disamina dei diversi aspetti peculiari di questi manufatti, nell’ambito degli spazi grafici e dei contesti per i quali furono commissionati.

Celebrare lo sviluppo. Dalle iscrizioni firma di maestri costruttori e lapicidi alle scritture esposte commemorative di opere pubbliche: il caso della Maritima medievale (secc. XII-XIV).

Riccardo Belcari
2019-01-01

Abstract

A partire dalla fine del secolo XI nella Toscana occidentale e più in generale nell’area centro settentrionale della penisola si intensificano, come è noto, le iscrizioni destinate a celebrare l’operato degli architetti e progressivamente di alcune delle altre figure coinvolte nei cantieri e nelle imprese costruttive di crescita urbana, come lapicidi e scultori. Si tratta di un fenomeno di ampia portata, sebbene non omogeneo, che segna una cesura con quanto accadeva in precedenza, allorquando questo tipo di riconoscimento era riservato alla figura del committente. Parallelamente si diffondono le “firme epigrafiche”, numerose in questo ambito regionale, perlopiù uniche attestazioni di personalità altrimenti destinate all’anonimato e al tempo stesso indicative di un mutato ruolo degli artefici, di una loro “autocoscienza”, come è stata efficacemente definita. In passato la storiografia ha spesso presentato l’artefice che opera in ambito genericamente medievale come del tutto subordinato al committente, finché studi specifici e lavori di sintesi non hanno più volte e più correttamente posto in luce diverse situazioni e contesti, anche se tale prospettiva si è di nuovo affacciata in tentativi recenti, per esempio connessi all’interpretazione delle architetture nell’ambito di studi di archeologia del costruito, evidentemente fornendo interpretazioni meno equilibrate di una dinamica, quella artefici-committenti, che non può che intendersi come dialettica, da valutare attentamente caso per caso. Gli epiteti e i riconoscimenti, come nel caso di quelli rivolti agli artefici coinvolti nelle diverse fasi del cantiere della cattedrale di Pisa – Buscheto, Rainaldo, Guglielmo – mostrano per converso, come da tempo affermato, il riconoscimento da parte dei contemporanei di una componente progettuale e organizzativa, oltre che meramente esecutiva. Non si tratta di un fenomeno esclusivamente urbano. Nell’ambito della maritima medievale, per esempio, dai primi decenni del XII secolo soggetta all’espansione pisana, alcuni edifici plebani presentano precocemente iscrizioni e segni lapidari connessi alle attività costruttive, inquadrabili nell’ambito della seconda metà dello stesso. I segni lapidari appartengono alla tipologia definita “di utilità”, le iscrizioni sono invece classificabili tra quelle definite “firma”, attestanti l’operato degli artefici di cui riportano il nome. La maggior parte di queste forniscono inoltre datazioni assolute. Nella prima metà del secolo successivo una nuova tipologia di scrittura esposta commemorativa comparirà nel palazzo pretorio di Campiglia e nello sviluppo urbano di Piombino, porto di pertinenza pisana, celebrandone le attività edilizie e la realizzazione delle porte urbane e della fonte dei Canali alla Marina, segno inequivocabile della volontà politica di porre in evidenza, mediante scritture potenzialmente fruibili da un pubblico il più vasto possibile, quanto realizzato. Muovendo dalla materialità agli aspetti propri della storia sociale e delle mentalità, nel contributo si è cercato di evidenziare tale passaggio mediante una disamina dei diversi aspetti peculiari di questi manufatti, nell’ambito degli spazi grafici e dei contesti per i quali furono commissionati.
2019
Belcari, Riccardo
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/1221873
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