LE RAGIONI ATTUALI DI UNA RICERCA SUI BENI PUBBLICI,OVVERO: DELLA LIQUIDITA’ DEI BENI PUBBLICI: “CARTOLARIZZAZIONE DEI BENI PUBBLICI E INTERESSE FINANZIARIO DELLO STATO:UN DIFFICILE EQUILIBRIO” Dagli anni 1990 è iniziato un percorso legislativo di costruzione dell’equilibrio delle finanze pubbliche nazionali che vedeva nella privatizzazione di interi settori dell’economia pubblica il raggiungimento di due obiettivi:l’affermazione di un modello in cui lo Stato doveva assolvere la funzione di regolazione,l’avvio di misure che avrebbero dovuto operare nella direzione del risanamento della finanza pubblica. Questo processo ha interessato inevitabilmente anche i beni pubblici. Tuttavia in quegli anni i diversi tentativi di privatizzazione del patrimonio pubblico ,determinati sempre dalle esigenze finanziarie del bilancio dello Stato, hanno seguito procedure di dismissione che trovavano disciplina nella normativa di contabilità generale ed erano pertanto concepite secondo criteri che non andavano ad intaccare quelle regole giuridiche che il codice civile aveva dettato per la disciplina dei beni in proprietà pubblica (artt.822-829 c.c.). Con la legislazione degli anni 2000 il tema della privatizzazione dei beni in proprietà pubblica viene ripreso ma, a differenza del passato, invece delle procedure tradizionali di dismissione che avevano avuto esiti alquanto deludenti sia sul versante della valorizzazione dei beni sia sul versante del risanamento della finanza pubblica, vengono introdotte nuove modalità di dismissione mediante la costituzione di società di cartolarizzazione(Scip) e di fondi immobiliari pubblici di investimento (Fip),che sembrano scardinare il regime giuridico dei beni pubblici. Lo studio sulla cartolarizzazione dei beni pubblici affronta dunque questo nuovo processo di privatizzazione proprio per analizzarne i due aspetti fondamentali: quello ,di carattere interno, che attiene all’incidenza che le nuove norme di “privatizzazione e valorizzazione” determinano sul regime giuridico dei beni in proprietà pubblica, e quello,di rilevanza comunitaria, che attiene al rispetto dei vincoli imposti dal Trattato di Maastricht nel rapporto debito-Pil e nell’indebitamento netto delle P.A. Per quanto concerne gli aspetti inerenti il regime giuridico, lo studio affronta la questione dei beni in proprietà pubblica sotto il duplice profilo soggettivo,alias profilo dominicale, ed oggettivo,alias profilo funzionale, mettendo in luce come sul versante soggettivo i processi di privatizzazione abbiano dato luogo a peculiari figure giuridiche (Patrimonio S.p.a, Scip.s.r.l.) che si muovono tra il diritto pubblico ed il diritto privato ( il riferimento è al modello societario di diritto speciale ed alle conseguenti distinzioni tra privatizzazioni formali e sostanziali), e come sotto il profilo oggettivo, una concezione funzionale della proprietà abbia costituito il superamento dell’assolutezza dogmatica della proprietà , compatibile sia con il sistema costituzionale delineato dall’art.42 cost.. sia con il regime giuridico dei beni in proprietà pubblica fissato dal codice civile., dando viceversa luogo ad uno statuto giuridico dei beni pubblici basato sull’apprezzamento della funzione in modo che il vincolo di destinazione diventi garanzia del rispetto delle finalità proprie dei beni medesimi. Lo svolgimento ulteriore del ragionamento ha portato dunque lo studio sui beni a riconoscere la necessità ,sul piano teorico , di costruire un modello di proprietà pubblica diverso dal modello tradizionale che potrebbe trovare nella categoria dei beni di interesse pubblico la vera dimensione dell’interesse ma che dovrebbe comunque passare da un ripensamento dell’impianto codicistico sulla proprietà pubblica. Muovendo da questa impostazione concettuale lo studio mette in luce come,a differenza dell’interpretazione generalmente assunta dalla dottrina, le norme sulla privatizzazione dei beni pubblici non ne abbiano sostanzialmente innovato il regime giuridico ( falsa crisi del regime giuridico dei beni pubblici) ma abbiano ,seppur in modo contraddittorio e confuso, richiamato modalità di privatizzazioni che si ispirano,nel caso di beni a destinazione pubblica (compresi anche quelli in uso governativo), a soluzioni “contrattuali” del tipo sale and lease back utilizzate nel settore privato. Il tema della proprietà pubblica diviene dunque,nello studio sui beni, un tema da inquadrare nel contesto più ampio delle moderne teorie civilistiche sulla proprietà che ammettono il negozio traslativo della proprietà sottoposto a termine finale in ragione “ del tempo, dell’oggetto, del titolare, della funzione”ed in cui l’alienazione del bene non necessariamente determina la perdita definitiva del diritto. Una impostazione del genere ha portato dunque al riconoscimento, assunto anche nel titolo del libro, di una nozione “flessibile di proprietà pubblica” vale a dire di una nozione che consente da un lato la circolazione economica dei beni e dall’altro la riserva di appartenenza pubblica di quei “soli” beni che garantiscono il soddisfacimento di interessi essenziali alla vita ed allo sviluppo della persona e della collettività ( Commissione Rodotà). Quanto al secondo aspetto affrontato nello studio sui beni,appunto il ricorso a strumenti di finanza innovativa ,a venire in rilievo sono ,come si è detto, in primo luogo le regole comunitarie imposte dal trattato di Maastricht ai bilanci pubblici degli Stati membri , ed in secondo luogo gli effetti che operazioni del genere determinano sui saldi di finanza pubblica. L’esame svolto su tutte le operazioni di cartolarizzazioni dei beni pubblici (Scip 1,2,3), ha fatto emergere criticità e limiti dell’impianto normativo predisposto dal legislatore sia sul versante della qualificazione giuridica delle Scip ai fini del loro inserimento nel comparto delle pubbliche amministrazioni,sia sul versante dell’ammissibilità dell’affidamento diretto alle Scip del servizio finanziario, sia ancora sul versante della onerosità delle operazioni di cartolarizzazione e sulla loro contabilizzazione secondo le regole europee ,sia,infine,sugli effetti finanziari sul bilancio dello Stato e più in generale sui saldi di finanza pubblica. Infatti, tale analisi,supportata anche dai dati pubblicati nella Relazione della Corte dei conti sui risultati delle cartolarizzazioni , ha messo in luce che tutte queste operazioni hanno comportato (celato) “costi di adempimento” molto elevati al punto da trasformare tali operazioni in un vero e proprio onere finanziario per il bilancio statale. Nelle conclusioni emerge, dunque, il convincimento che l’interesse finanziario dello Stato, assurto ad interesse primario su tutti gli altri interessi connessi all’utilizzazione dei beni, non sia stato in alcun modo perseguito, in quanto l’analisi ha dimostrato che, nonostante l’imponente processo di privatizzazione dei beni pubblici avviato dal legislatore per il risanamento della finanza pubblica, operazioni concepite per generare flussi di cassa una tantum,come le cartolarizzazioni, non possono costituire la modalità di privatizzazione idonea a ridurre strutturalmente il debito.

1. Le ragioni attuali di una ricerca sui beni pubblici,ovvero:della liquidità dei beni pubblici

COLOMBINI, GIOVANNA
Primo
2008-01-01

Abstract

LE RAGIONI ATTUALI DI UNA RICERCA SUI BENI PUBBLICI,OVVERO: DELLA LIQUIDITA’ DEI BENI PUBBLICI: “CARTOLARIZZAZIONE DEI BENI PUBBLICI E INTERESSE FINANZIARIO DELLO STATO:UN DIFFICILE EQUILIBRIO” Dagli anni 1990 è iniziato un percorso legislativo di costruzione dell’equilibrio delle finanze pubbliche nazionali che vedeva nella privatizzazione di interi settori dell’economia pubblica il raggiungimento di due obiettivi:l’affermazione di un modello in cui lo Stato doveva assolvere la funzione di regolazione,l’avvio di misure che avrebbero dovuto operare nella direzione del risanamento della finanza pubblica. Questo processo ha interessato inevitabilmente anche i beni pubblici. Tuttavia in quegli anni i diversi tentativi di privatizzazione del patrimonio pubblico ,determinati sempre dalle esigenze finanziarie del bilancio dello Stato, hanno seguito procedure di dismissione che trovavano disciplina nella normativa di contabilità generale ed erano pertanto concepite secondo criteri che non andavano ad intaccare quelle regole giuridiche che il codice civile aveva dettato per la disciplina dei beni in proprietà pubblica (artt.822-829 c.c.). Con la legislazione degli anni 2000 il tema della privatizzazione dei beni in proprietà pubblica viene ripreso ma, a differenza del passato, invece delle procedure tradizionali di dismissione che avevano avuto esiti alquanto deludenti sia sul versante della valorizzazione dei beni sia sul versante del risanamento della finanza pubblica, vengono introdotte nuove modalità di dismissione mediante la costituzione di società di cartolarizzazione(Scip) e di fondi immobiliari pubblici di investimento (Fip),che sembrano scardinare il regime giuridico dei beni pubblici. Lo studio sulla cartolarizzazione dei beni pubblici affronta dunque questo nuovo processo di privatizzazione proprio per analizzarne i due aspetti fondamentali: quello ,di carattere interno, che attiene all’incidenza che le nuove norme di “privatizzazione e valorizzazione” determinano sul regime giuridico dei beni in proprietà pubblica, e quello,di rilevanza comunitaria, che attiene al rispetto dei vincoli imposti dal Trattato di Maastricht nel rapporto debito-Pil e nell’indebitamento netto delle P.A. Per quanto concerne gli aspetti inerenti il regime giuridico, lo studio affronta la questione dei beni in proprietà pubblica sotto il duplice profilo soggettivo,alias profilo dominicale, ed oggettivo,alias profilo funzionale, mettendo in luce come sul versante soggettivo i processi di privatizzazione abbiano dato luogo a peculiari figure giuridiche (Patrimonio S.p.a, Scip.s.r.l.) che si muovono tra il diritto pubblico ed il diritto privato ( il riferimento è al modello societario di diritto speciale ed alle conseguenti distinzioni tra privatizzazioni formali e sostanziali), e come sotto il profilo oggettivo, una concezione funzionale della proprietà abbia costituito il superamento dell’assolutezza dogmatica della proprietà , compatibile sia con il sistema costituzionale delineato dall’art.42 cost.. sia con il regime giuridico dei beni in proprietà pubblica fissato dal codice civile., dando viceversa luogo ad uno statuto giuridico dei beni pubblici basato sull’apprezzamento della funzione in modo che il vincolo di destinazione diventi garanzia del rispetto delle finalità proprie dei beni medesimi. Lo svolgimento ulteriore del ragionamento ha portato dunque lo studio sui beni a riconoscere la necessità ,sul piano teorico , di costruire un modello di proprietà pubblica diverso dal modello tradizionale che potrebbe trovare nella categoria dei beni di interesse pubblico la vera dimensione dell’interesse ma che dovrebbe comunque passare da un ripensamento dell’impianto codicistico sulla proprietà pubblica. Muovendo da questa impostazione concettuale lo studio mette in luce come,a differenza dell’interpretazione generalmente assunta dalla dottrina, le norme sulla privatizzazione dei beni pubblici non ne abbiano sostanzialmente innovato il regime giuridico ( falsa crisi del regime giuridico dei beni pubblici) ma abbiano ,seppur in modo contraddittorio e confuso, richiamato modalità di privatizzazioni che si ispirano,nel caso di beni a destinazione pubblica (compresi anche quelli in uso governativo), a soluzioni “contrattuali” del tipo sale and lease back utilizzate nel settore privato. Il tema della proprietà pubblica diviene dunque,nello studio sui beni, un tema da inquadrare nel contesto più ampio delle moderne teorie civilistiche sulla proprietà che ammettono il negozio traslativo della proprietà sottoposto a termine finale in ragione “ del tempo, dell’oggetto, del titolare, della funzione”ed in cui l’alienazione del bene non necessariamente determina la perdita definitiva del diritto. Una impostazione del genere ha portato dunque al riconoscimento, assunto anche nel titolo del libro, di una nozione “flessibile di proprietà pubblica” vale a dire di una nozione che consente da un lato la circolazione economica dei beni e dall’altro la riserva di appartenenza pubblica di quei “soli” beni che garantiscono il soddisfacimento di interessi essenziali alla vita ed allo sviluppo della persona e della collettività ( Commissione Rodotà). Quanto al secondo aspetto affrontato nello studio sui beni,appunto il ricorso a strumenti di finanza innovativa ,a venire in rilievo sono ,come si è detto, in primo luogo le regole comunitarie imposte dal trattato di Maastricht ai bilanci pubblici degli Stati membri , ed in secondo luogo gli effetti che operazioni del genere determinano sui saldi di finanza pubblica. L’esame svolto su tutte le operazioni di cartolarizzazioni dei beni pubblici (Scip 1,2,3), ha fatto emergere criticità e limiti dell’impianto normativo predisposto dal legislatore sia sul versante della qualificazione giuridica delle Scip ai fini del loro inserimento nel comparto delle pubbliche amministrazioni,sia sul versante dell’ammissibilità dell’affidamento diretto alle Scip del servizio finanziario, sia ancora sul versante della onerosità delle operazioni di cartolarizzazione e sulla loro contabilizzazione secondo le regole europee ,sia,infine,sugli effetti finanziari sul bilancio dello Stato e più in generale sui saldi di finanza pubblica. Infatti, tale analisi,supportata anche dai dati pubblicati nella Relazione della Corte dei conti sui risultati delle cartolarizzazioni , ha messo in luce che tutte queste operazioni hanno comportato (celato) “costi di adempimento” molto elevati al punto da trasformare tali operazioni in un vero e proprio onere finanziario per il bilancio statale. Nelle conclusioni emerge, dunque, il convincimento che l’interesse finanziario dello Stato, assurto ad interesse primario su tutti gli altri interessi connessi all’utilizzazione dei beni, non sia stato in alcun modo perseguito, in quanto l’analisi ha dimostrato che, nonostante l’imponente processo di privatizzazione dei beni pubblici avviato dal legislatore per il risanamento della finanza pubblica, operazioni concepite per generare flussi di cassa una tantum,come le cartolarizzazioni, non possono costituire la modalità di privatizzazione idonea a ridurre strutturalmente il debito.
2008
Colombini, Giovanna
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/123230
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