L’espressione inglese Hell hath no fury (like a woman scorned) – di impronta pseudo-shakespeariana, probabilmente attribuibile ad un dramma di Congreve del 1697 – è curiosamente anche il titolo di un episodio della serie TV La femme Nikita, tratta dal celebre film di Luc Besson in cui Jeanne Moreau interpreta il ruolo della mentore Amande. La battuta fornisce un suggestivo spunto di riflessione sulla relazione tra furor infernale e muliebre, che ben inquadra il momento aurorale del prolifico percorso artistico dell’attrice francese su cui questo intervento si concentra. Nel 1954, la ventiseienne Moreau, non ancora diva e già allieva della Comédie-Française e del Conservatoire de Paris, è interprete della figura mitologica della Sfinge alata nella ripresa della Machine infernale di Jean Cocteau (1934) ad opera di Jean Marais, nouvel Œdipe, al Théâtre des Bouffes Parisienne. Nella versione di Cocteau la Sfinge è per il futuro re Edipo il simbolo premonitore della madre Giocasta con cui si compirà l’incesto, ed è anche archetipo di Nemesi, fatale punitrice dell’egocentrismo virile. Il sorriso enigmatico e insaissable di Jeanne Moreau e la sua recitazione nervosa e algida, che travalica la retorica sentimentale delle passioni, ben si prestano a incarnare la donna-monstrum, emblema dell’iter mortifero di seduzione all’interno dell’universo surreale e onirico di Cocteau. Di questa pièce con Moreau/Marais, definita da Jean Genet « très violent et très grand » (e da cui sono state poi tratte una versione televisiva e una radiofonica), esiste un dossier di immagini di scena e dietro le quinte del fotografo Jack Garofalo, che ci restituisce un interessantissimo percorso iconografico sul volto, sul trucco, sul costume, sulla partitura mimico-gestuale dell’attrice, che di lì a poco diverrà un’icona del cinema internazionale.

«Hell hath no fury…». Il fascino enigmatico di Jeanne Moreau nell’inferno di Cocteau

Eva Marinai
2024-01-01

Abstract

L’espressione inglese Hell hath no fury (like a woman scorned) – di impronta pseudo-shakespeariana, probabilmente attribuibile ad un dramma di Congreve del 1697 – è curiosamente anche il titolo di un episodio della serie TV La femme Nikita, tratta dal celebre film di Luc Besson in cui Jeanne Moreau interpreta il ruolo della mentore Amande. La battuta fornisce un suggestivo spunto di riflessione sulla relazione tra furor infernale e muliebre, che ben inquadra il momento aurorale del prolifico percorso artistico dell’attrice francese su cui questo intervento si concentra. Nel 1954, la ventiseienne Moreau, non ancora diva e già allieva della Comédie-Française e del Conservatoire de Paris, è interprete della figura mitologica della Sfinge alata nella ripresa della Machine infernale di Jean Cocteau (1934) ad opera di Jean Marais, nouvel Œdipe, al Théâtre des Bouffes Parisienne. Nella versione di Cocteau la Sfinge è per il futuro re Edipo il simbolo premonitore della madre Giocasta con cui si compirà l’incesto, ed è anche archetipo di Nemesi, fatale punitrice dell’egocentrismo virile. Il sorriso enigmatico e insaissable di Jeanne Moreau e la sua recitazione nervosa e algida, che travalica la retorica sentimentale delle passioni, ben si prestano a incarnare la donna-monstrum, emblema dell’iter mortifero di seduzione all’interno dell’universo surreale e onirico di Cocteau. Di questa pièce con Moreau/Marais, definita da Jean Genet « très violent et très grand » (e da cui sono state poi tratte una versione televisiva e una radiofonica), esiste un dossier di immagini di scena e dietro le quinte del fotografo Jack Garofalo, che ci restituisce un interessantissimo percorso iconografico sul volto, sul trucco, sul costume, sulla partitura mimico-gestuale dell’attrice, che di lì a poco diverrà un’icona del cinema internazionale.
2024
Marinai, Eva
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/1260367
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