In una celebre pagina dell’Etica Nicomachea (1096a11-16), incipit della ζήτησις sul bene universale, Aristotele sostiene che tale ζήτησις risulta penosa perché le idee sono state introdotte da amici, διὰ τὸ φίλους ἄνδρας εἰσαγαγεῖν τὰ εἴδη. Ma per preservare la verità, ἐπὶ σωτηρίᾳ γε τῆς ἀληθείας, sembrerebbe migliore e doveroso mettere da parte persino le questioni personali, τὰ οἰκεῖα, soprattutto se si è filosofi, ἄλλως τε καὶ φιλοσόφους ὄντας, perché pur essendo care amicizia e verità, ἀμφοῖν γὰρ ὄντοιν φίλοιν, è ὅσιον preferire la verità, προτιμᾶν τὴν ἀλήθειαν. Ovvio è scorgere nelle parole di Aristotele un riferimento al proprio maestro, Platone. Ma, com’è stato individuato dai commentatori moderni, è opportuno rilevare come, per formulare la propria critica nei confronti di Platone, con consumata arte allusiva, segno di una ricercata elaborazione formale inconsueta per la produzione acroamatica, Aristotele riprenda il sofferto bando dalla καλλίπολις che il maestro, per bocca di Socrate, aveva pronunciato nei confronti dell’amato Omero nelle pagine della Repubblica (607b-c). Nonostante una certa φιλία e reverenza, αἰδώς, nei confronti di Omero che lo avvincono fin da ragazzo lo trattengano dal parlare, Socrate non può non includere nel rifiuto della μίμησις dei tragici l’epica omerica, perché Omero è stato πρῶτος διδάσκαλός τε καὶ ἡγεμών di tutti i poeti tragici e nessun uomo può essere onorato più della verità, ἀλλ' οὐ γὰρ πρό γε τῆς ἀληθείας τιμητέος ἀνήρ. Le parole di Platone che, come ha persuasivamente dimostrato Regali 2016, con il nesso φιλία καὶ αἰδώς, alludono a loro volta al X libro dell’Iliade (114-118), da un lato sono all’origine, attraverso la mediazione di Aristotele, dell’espressione proverbiale amicus Plato sed magis amica veritas, di cui Taràn 1984 ricostruisce puntualmente la storia, dall’altro sono un chiaro segno dell’importanza che la ricezione della critica di Platone nei confronti di Omero assume per Aristotele. Com’è noto, Platone lascia aperta la possibilità di reintegrare la poesia nella καλλίπολις qualora i suoi sostenitori siano in grado di dimostrare in un discorso in prosa che essa sia non solo ἡδεῖα ma anche ὠφελίμη per le πολιτεῖαι e per la vita umana (607d-e). È possibile cogliere nella Poetica di Aristotele una risposta alla sfida lanciata dal maestro. E tale risposta passa certo attraverso una rivalutazione ad un tempo ontologica ed etica della poesia di Omero. Nella Poetica il nome di Omero appare 13 volte, 9 volte è menzionata l’Iliade, 9 l’Odissea, 2 il Margite, attribuito da Aristotele al poeta (cf. Tarán-Gutas 2012, pp. 475-497). In molti di questi passi è possibile cogliere un dialogo a distanza con Platone dal quale emerge spesso la volontà di riabilitare Omero dalle critiche della Repubblica. Ad esempio, a 1448a1-16, l’affermazione per la quale Omero rappresenta persone βελτίους rispetto al reale potrebbe rispondere al punto di vista dei libri II e III della Repubblica in cui la poesia omerica è principalmente μίμησις di modelli negativi. A 1460a5-11 Aristotele elogia Omero perché a differenza di altri autori parla il meno possibile in prima persona lasciando spazio ai propri personaggi, realizzando pienamente la propria natura di μιμητής. Aristotele riprende qui un significato tecnico di μίμησις utilizzato da Platone a R. 393a-394a: il risultato è però di segno opposto perché per Platone la migliore poesia è quella in cui la διήγησις prevale sulla μίμησις. A 1460a19-20, l’affermazione per cui Omero avrebbe insegnato agli altri poeti a mentire in modo conveniente potrebbe rispondere al biasimo di Platone nei confronti del poeta per aver detto il falso μὴ καλῶς (R. 377d). A 1448b32-1449a2, Aristotele attribuisce ad Omero un ruolo fondatore per i due generi serio e comico, dando origine con l’Iliade e l’Odissea alla tragedia, con il Margite alla commedia. Come è possibile osservare, Aristotele riprende la posizione della Repubblica (607b-c) con un Omero iniziatore della tragedia, ma in modo significativo gli attribuisce, con il Margite, un ruolo equivalente per la commedia. In questo modo Omero verrebbe ad assumere in una qualche misura quei requisiti di eccellenza che Platone nel finale del Simposio attribuisce al poeta ideale, da identificarsi probabilmente con Platone stesso, capace di una produzione ad un tempo comica e tragica (223d).
3 Ὅσιον προτιμᾶν τὴν ἀλήθειαν: A Hidden Dialogue between Aristotle and Plato on Homer
Corradi, Michele
2025-01-01
Abstract
In una celebre pagina dell’Etica Nicomachea (1096a11-16), incipit della ζήτησις sul bene universale, Aristotele sostiene che tale ζήτησις risulta penosa perché le idee sono state introdotte da amici, διὰ τὸ φίλους ἄνδρας εἰσαγαγεῖν τὰ εἴδη. Ma per preservare la verità, ἐπὶ σωτηρίᾳ γε τῆς ἀληθείας, sembrerebbe migliore e doveroso mettere da parte persino le questioni personali, τὰ οἰκεῖα, soprattutto se si è filosofi, ἄλλως τε καὶ φιλοσόφους ὄντας, perché pur essendo care amicizia e verità, ἀμφοῖν γὰρ ὄντοιν φίλοιν, è ὅσιον preferire la verità, προτιμᾶν τὴν ἀλήθειαν. Ovvio è scorgere nelle parole di Aristotele un riferimento al proprio maestro, Platone. Ma, com’è stato individuato dai commentatori moderni, è opportuno rilevare come, per formulare la propria critica nei confronti di Platone, con consumata arte allusiva, segno di una ricercata elaborazione formale inconsueta per la produzione acroamatica, Aristotele riprenda il sofferto bando dalla καλλίπολις che il maestro, per bocca di Socrate, aveva pronunciato nei confronti dell’amato Omero nelle pagine della Repubblica (607b-c). Nonostante una certa φιλία e reverenza, αἰδώς, nei confronti di Omero che lo avvincono fin da ragazzo lo trattengano dal parlare, Socrate non può non includere nel rifiuto della μίμησις dei tragici l’epica omerica, perché Omero è stato πρῶτος διδάσκαλός τε καὶ ἡγεμών di tutti i poeti tragici e nessun uomo può essere onorato più della verità, ἀλλ' οὐ γὰρ πρό γε τῆς ἀληθείας τιμητέος ἀνήρ. Le parole di Platone che, come ha persuasivamente dimostrato Regali 2016, con il nesso φιλία καὶ αἰδώς, alludono a loro volta al X libro dell’Iliade (114-118), da un lato sono all’origine, attraverso la mediazione di Aristotele, dell’espressione proverbiale amicus Plato sed magis amica veritas, di cui Taràn 1984 ricostruisce puntualmente la storia, dall’altro sono un chiaro segno dell’importanza che la ricezione della critica di Platone nei confronti di Omero assume per Aristotele. Com’è noto, Platone lascia aperta la possibilità di reintegrare la poesia nella καλλίπολις qualora i suoi sostenitori siano in grado di dimostrare in un discorso in prosa che essa sia non solo ἡδεῖα ma anche ὠφελίμη per le πολιτεῖαι e per la vita umana (607d-e). È possibile cogliere nella Poetica di Aristotele una risposta alla sfida lanciata dal maestro. E tale risposta passa certo attraverso una rivalutazione ad un tempo ontologica ed etica della poesia di Omero. Nella Poetica il nome di Omero appare 13 volte, 9 volte è menzionata l’Iliade, 9 l’Odissea, 2 il Margite, attribuito da Aristotele al poeta (cf. Tarán-Gutas 2012, pp. 475-497). In molti di questi passi è possibile cogliere un dialogo a distanza con Platone dal quale emerge spesso la volontà di riabilitare Omero dalle critiche della Repubblica. Ad esempio, a 1448a1-16, l’affermazione per la quale Omero rappresenta persone βελτίους rispetto al reale potrebbe rispondere al punto di vista dei libri II e III della Repubblica in cui la poesia omerica è principalmente μίμησις di modelli negativi. A 1460a5-11 Aristotele elogia Omero perché a differenza di altri autori parla il meno possibile in prima persona lasciando spazio ai propri personaggi, realizzando pienamente la propria natura di μιμητής. Aristotele riprende qui un significato tecnico di μίμησις utilizzato da Platone a R. 393a-394a: il risultato è però di segno opposto perché per Platone la migliore poesia è quella in cui la διήγησις prevale sulla μίμησις. A 1460a19-20, l’affermazione per cui Omero avrebbe insegnato agli altri poeti a mentire in modo conveniente potrebbe rispondere al biasimo di Platone nei confronti del poeta per aver detto il falso μὴ καλῶς (R. 377d). A 1448b32-1449a2, Aristotele attribuisce ad Omero un ruolo fondatore per i due generi serio e comico, dando origine con l’Iliade e l’Odissea alla tragedia, con il Margite alla commedia. Come è possibile osservare, Aristotele riprende la posizione della Repubblica (607b-c) con un Omero iniziatore della tragedia, ma in modo significativo gli attribuisce, con il Margite, un ruolo equivalente per la commedia. In questo modo Omero verrebbe ad assumere in una qualche misura quei requisiti di eccellenza che Platone nel finale del Simposio attribuisce al poeta ideale, da identificarsi probabilmente con Platone stesso, capace di una produzione ad un tempo comica e tragica (223d).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


