Dopo una sintetica introduzione volta a presentare alcuni scrittori e tendenze letterarie che, nella letteratura romena del secondo Novecento, proseguono le direttrici dell’avanguardia storica, il contributo si concentrerà sull’analisi di una delle formule che caratterizzano la drammaturgia di Matei Vișniec all’inizio della sua fase francese: il “teatro decomposto”. Nato da una rivisitazione critica delle poetiche teatrali del Novecento, tale modello espressivo non solo definisce in modo distintivo la cifra stilistica dell’autore, ma ne evidenzia anche l’appartenenza alla nuova estetica del teatro contemporaneo. Adottando nella raccolta di brevi monologhi e dialoghi "Teatro decomposto o l’uomo pattumiera", pubblicata a Parigi nel 1996, quella sintassi drammaturgica che opera dopo e al di là del dramma inteso in accezione aristotelica, il “teatro modulare” di Vișniec, nato dalla proliferazione delle microstrutture testuali, scardina lo statuto del testo e dello spettacolo, ponendolo fondamentalmente sotto il segno della frammentarietà, per instaurare un’estetica della ricerca e della creazione destinata alla variabile riconfigurazione dei “moduli teatrali” e allo svolgimento di un processo creativo con esiti sempre differenti. In questa ottica, dalla disamina proposta emergere l’esplicita analogia di tale teatro con i princìpi della pittura cubista e, più estesamente, con la ricorrenza del modello fornito dalle arti figurative, le cui riprese sono state riconfermate anche dai principi del ‘teatro postmoderno’ e ‘postdrammatico’. Contestualmente, l’intervento sosterrà l’accezione della ‘decomposizione’ come approdo del teatro vişniechiano recente al bisogno di autonomia e di autoriflessione delle forme drammatiche rispetto al proprio potenziale espressivo, che apre la via a prassi riconducibili alla performance art. Oltre agli aspetti che riflettono una precisa competenza, al tempo stesso autoriale e registica, dell’autore, l’analisi — estesa ad altri codici di significazione propri della sua scrittura drammaturgica — mostra come, sul piano tematico, la “disgregazione” innescata dal teatro decomposto si configuri come immagine riflessa dell’uomo disumanizzato, della sua alienazione mentale e fisica, nonché della sua deriva ontologica. A questa condizione si accompagna la perdita dell’identità, che sul piano (linguistico) del discorso testuale si traduce in una testura polimorfica, permeabile alla fusione dei confini tra i generi — parola, danza, pantomima — e aperta a strategie di riscrittura e destrutturazione, nonché a processi di musicalizzazione della lingua.

Matei Vișniec e la poetica del «teatro decomposto»: riprese, frammentarietà e autonomia delle forme drammatiche

Emilia David
2025-01-01

Abstract

Dopo una sintetica introduzione volta a presentare alcuni scrittori e tendenze letterarie che, nella letteratura romena del secondo Novecento, proseguono le direttrici dell’avanguardia storica, il contributo si concentrerà sull’analisi di una delle formule che caratterizzano la drammaturgia di Matei Vișniec all’inizio della sua fase francese: il “teatro decomposto”. Nato da una rivisitazione critica delle poetiche teatrali del Novecento, tale modello espressivo non solo definisce in modo distintivo la cifra stilistica dell’autore, ma ne evidenzia anche l’appartenenza alla nuova estetica del teatro contemporaneo. Adottando nella raccolta di brevi monologhi e dialoghi "Teatro decomposto o l’uomo pattumiera", pubblicata a Parigi nel 1996, quella sintassi drammaturgica che opera dopo e al di là del dramma inteso in accezione aristotelica, il “teatro modulare” di Vișniec, nato dalla proliferazione delle microstrutture testuali, scardina lo statuto del testo e dello spettacolo, ponendolo fondamentalmente sotto il segno della frammentarietà, per instaurare un’estetica della ricerca e della creazione destinata alla variabile riconfigurazione dei “moduli teatrali” e allo svolgimento di un processo creativo con esiti sempre differenti. In questa ottica, dalla disamina proposta emergere l’esplicita analogia di tale teatro con i princìpi della pittura cubista e, più estesamente, con la ricorrenza del modello fornito dalle arti figurative, le cui riprese sono state riconfermate anche dai principi del ‘teatro postmoderno’ e ‘postdrammatico’. Contestualmente, l’intervento sosterrà l’accezione della ‘decomposizione’ come approdo del teatro vişniechiano recente al bisogno di autonomia e di autoriflessione delle forme drammatiche rispetto al proprio potenziale espressivo, che apre la via a prassi riconducibili alla performance art. Oltre agli aspetti che riflettono una precisa competenza, al tempo stesso autoriale e registica, dell’autore, l’analisi — estesa ad altri codici di significazione propri della sua scrittura drammaturgica — mostra come, sul piano tematico, la “disgregazione” innescata dal teatro decomposto si configuri come immagine riflessa dell’uomo disumanizzato, della sua alienazione mentale e fisica, nonché della sua deriva ontologica. A questa condizione si accompagna la perdita dell’identità, che sul piano (linguistico) del discorso testuale si traduce in una testura polimorfica, permeabile alla fusione dei confini tra i generi — parola, danza, pantomima — e aperta a strategie di riscrittura e destrutturazione, nonché a processi di musicalizzazione della lingua.
2025
David, Emilia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/1315627
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