Le “buone pratiche agricole” rivestono un ruolo fondamentale per la tutela dell’equilibrio idrogeologico (produzione di esternalità o no-commodity outputs positivi); viceversa, “pratiche agricole non corrette” determinano un’accelerazione dei fenomeni di dissesto (produzione di esternalità o no-commodity outputs negativi). A livello dell’UE la consapevolezza degli effetti delle pratiche agricole sulle risorse ambientali è ben conosciuto tanto che l’erosione, il degrado della sostanza organica e la degradazione fisica del suolo sono indicati come dei nodi problematici da risolvere per l’agricoltura europea. Non a caso, infatti, con il Reg. 1782/2003 l’UE vincola la riscossione dei sussidi agricoli al rispetto della “condizionalità ambientale” ossia al mantenimento dei propri terreni in buone condizioni agronomiche e ambientali evitando il loro degrado e abbandono. Affinché la funzione di tutela dell’equilibrio idrogeologico possa emergere come una domanda “esplicita” da parte delle comunità locali, è necessario sviluppare la consapevolezza del ruolo rivestito dall’attività agricola nella produzione di questo “bene pubblico”. Il presente lavoro illustra il caso di un ente pubblico che ha affidato alle imprese agricole la manutenzione e la sorveglianza di una parte di reticolo idraulico di propria competenza evidenziando che la scelta di questo modello operativo da parte degli enti gestori, oltre a cogliere l’obiettivo di attuare strategie di difesa del territorio in una logica di prevenzione anziché di ripristino dei disastri, determina anche altri effetti “pubblici” importanti: • una gestione ecosostenibile del reticolo idrografico grazie all’adeguata e costante sorveglianza; • il mantenimento delle attività agricole sul territorio; • la conservazione e “riproduzione” delle conoscenze agricole e forestali locali; • il riconoscimento della funzione “pubblica” dell’imprenditore agricolo.
Salvaguardia dell’equilibrio idrogeologico. In: Guida per la valorizzazione della multifunzionalità dell’agricoltura
ROVAI, MASSIMO;
2009-01-01
Abstract
Le “buone pratiche agricole” rivestono un ruolo fondamentale per la tutela dell’equilibrio idrogeologico (produzione di esternalità o no-commodity outputs positivi); viceversa, “pratiche agricole non corrette” determinano un’accelerazione dei fenomeni di dissesto (produzione di esternalità o no-commodity outputs negativi). A livello dell’UE la consapevolezza degli effetti delle pratiche agricole sulle risorse ambientali è ben conosciuto tanto che l’erosione, il degrado della sostanza organica e la degradazione fisica del suolo sono indicati come dei nodi problematici da risolvere per l’agricoltura europea. Non a caso, infatti, con il Reg. 1782/2003 l’UE vincola la riscossione dei sussidi agricoli al rispetto della “condizionalità ambientale” ossia al mantenimento dei propri terreni in buone condizioni agronomiche e ambientali evitando il loro degrado e abbandono. Affinché la funzione di tutela dell’equilibrio idrogeologico possa emergere come una domanda “esplicita” da parte delle comunità locali, è necessario sviluppare la consapevolezza del ruolo rivestito dall’attività agricola nella produzione di questo “bene pubblico”. Il presente lavoro illustra il caso di un ente pubblico che ha affidato alle imprese agricole la manutenzione e la sorveglianza di una parte di reticolo idraulico di propria competenza evidenziando che la scelta di questo modello operativo da parte degli enti gestori, oltre a cogliere l’obiettivo di attuare strategie di difesa del territorio in una logica di prevenzione anziché di ripristino dei disastri, determina anche altri effetti “pubblici” importanti: • una gestione ecosostenibile del reticolo idrografico grazie all’adeguata e costante sorveglianza; • il mantenimento delle attività agricole sul territorio; • la conservazione e “riproduzione” delle conoscenze agricole e forestali locali; • il riconoscimento della funzione “pubblica” dell’imprenditore agricolo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.