Il saggio analizza il caso del teatro di Emma Dante o sarebbe meglio dire del primo ciclo teatrale della sua compagnia Sud Costa Occidentale: riassumibile nella prima trilogia – “mPalermu” (2001), “Carnezzeria” (2002), “Vita mia” (2004) – non a caso pubblicata poi da Fazi nel 2007, come “Trilogia della famiglia siciliana”. Esempio di “drammaturgia individualizzata” nell’accezione di Meldolesi, e di ambigua urgenza che (ri)porta al testo una teatrante, laddove la strategia di lavoro sembrerebbe negarlo. In questa sua prima produzione si avverte bene il senso di quel confronto/conflitto tra drammatico e postdrammatico, secondo la definizione di Hans-Thies Lehmann (“Postdramatisches Theater”, 1999), che connota il teatro della seconda metà del Novecento, posteriore alla “crisi del dramma moderno” individuata da Peter Szondi (1956), di cui Lehmann è stato allievo. Ma nel percorso dell’attrice-autrice-regista siciliana, attratta dall’Europa, paradossalmente e significativamente s’inverte l’ordine dei termini: “postdrammatico vs drammatico”. La tesi dimostrata nel saggio è che in quel primo teatro della Dante e del suo gruppo si possano cogliere tre fasi: il superamento del testo drammatico come fondamento dello spettacolo; la messinscena di una parola “agita” secondo tratti stilistici postdrammatici; il ritorno al testo (scritto e pubblicato) come legittimazione o innovazione.
"Emma [Dante] attraversa lo specchio: postdrammatico VS drammatico"
BARSOTTI, ANNA
2010-01-01
Abstract
Il saggio analizza il caso del teatro di Emma Dante o sarebbe meglio dire del primo ciclo teatrale della sua compagnia Sud Costa Occidentale: riassumibile nella prima trilogia – “mPalermu” (2001), “Carnezzeria” (2002), “Vita mia” (2004) – non a caso pubblicata poi da Fazi nel 2007, come “Trilogia della famiglia siciliana”. Esempio di “drammaturgia individualizzata” nell’accezione di Meldolesi, e di ambigua urgenza che (ri)porta al testo una teatrante, laddove la strategia di lavoro sembrerebbe negarlo. In questa sua prima produzione si avverte bene il senso di quel confronto/conflitto tra drammatico e postdrammatico, secondo la definizione di Hans-Thies Lehmann (“Postdramatisches Theater”, 1999), che connota il teatro della seconda metà del Novecento, posteriore alla “crisi del dramma moderno” individuata da Peter Szondi (1956), di cui Lehmann è stato allievo. Ma nel percorso dell’attrice-autrice-regista siciliana, attratta dall’Europa, paradossalmente e significativamente s’inverte l’ordine dei termini: “postdrammatico vs drammatico”. La tesi dimostrata nel saggio è che in quel primo teatro della Dante e del suo gruppo si possano cogliere tre fasi: il superamento del testo drammatico come fondamento dello spettacolo; la messinscena di una parola “agita” secondo tratti stilistici postdrammatici; il ritorno al testo (scritto e pubblicato) come legittimazione o innovazione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.