L’idea che percorre questo saggio, supportata con vari esempi, è, prima di tutto, che il fenomeno della realizzazione di strutture abitative e servizi per i lavoratori abbia una lunga durata e si svolga in un arco cronologico molto più esteso di quello tradizionalmente considerato, l’Ottocento e la prima metà del Novecento. La condizione per una lunga durata è, ovviamente, che il fenomeno abbia accezioni nel tempo anche fortemente diverse e annoveri mutamenti sostanziosi nella sua organizzazione secolare. Inoltre, si vuole evidenziare che l’impegno per un’offerta di abitazioni e servizi per i lavoratori, soprattutto a partire dall’epoca fascista, viene assunto non soltanto da imprenditori privati (che si collocano aggiustandola nella scia ottocentesca), ma in primo luogo, da aziende pubbliche, come ad esempio le Ferrovie dello Stato; contemporaneamente e a seguire, lo Stato stesso si farà carico del problema, realizzando, nel dopoguerra e negli anni del centro-sinistra, estesi piani casa. L’elemento su cui si riflette è che ognuna di queste esperienze ha avuto un impatto di peso sul territorio, e ne ha costruito e organizzato aree non irrilevanti. In alcuni casi, queste esperienze hanno avviato la realizzazione di servizi (sanitari, sociali, ricreativi) che sono poi rimasti patrimonio del territorio. Villaggi e quartieri operai, inoltre, hanno interferito con l’architettura dell’edilizia urbana, determinandone filoni stilistici. Queste esperienze hanno nel tempo fortemente contribuito a consolidare, negli strati operai o meno abbienti, quel rapporto forte tra proprietà della casa e lavoro che sembra essere uno dei tratti identitari della società italiana.

Dar casa a chi lavora: villaggi e quartieri operai in Italia dal Medioevo ad oggi

TORTI, CRISTIANA
2010-01-01

Abstract

L’idea che percorre questo saggio, supportata con vari esempi, è, prima di tutto, che il fenomeno della realizzazione di strutture abitative e servizi per i lavoratori abbia una lunga durata e si svolga in un arco cronologico molto più esteso di quello tradizionalmente considerato, l’Ottocento e la prima metà del Novecento. La condizione per una lunga durata è, ovviamente, che il fenomeno abbia accezioni nel tempo anche fortemente diverse e annoveri mutamenti sostanziosi nella sua organizzazione secolare. Inoltre, si vuole evidenziare che l’impegno per un’offerta di abitazioni e servizi per i lavoratori, soprattutto a partire dall’epoca fascista, viene assunto non soltanto da imprenditori privati (che si collocano aggiustandola nella scia ottocentesca), ma in primo luogo, da aziende pubbliche, come ad esempio le Ferrovie dello Stato; contemporaneamente e a seguire, lo Stato stesso si farà carico del problema, realizzando, nel dopoguerra e negli anni del centro-sinistra, estesi piani casa. L’elemento su cui si riflette è che ognuna di queste esperienze ha avuto un impatto di peso sul territorio, e ne ha costruito e organizzato aree non irrilevanti. In alcuni casi, queste esperienze hanno avviato la realizzazione di servizi (sanitari, sociali, ricreativi) che sono poi rimasti patrimonio del territorio. Villaggi e quartieri operai, inoltre, hanno interferito con l’architettura dell’edilizia urbana, determinandone filoni stilistici. Queste esperienze hanno nel tempo fortemente contribuito a consolidare, negli strati operai o meno abbienti, quel rapporto forte tra proprietà della casa e lavoro che sembra essere uno dei tratti identitari della società italiana.
2010
Torti, Cristiana
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