Il saggio si propone di analizzare il contributo della dottrina italiana allo sviluppo delle categorie e degli strumenti del diritto amministrativo, sottolineandone il carattere originale rispetto alla produzione d’oltralpe (specie con riferimento all’esperienza giuridica tedesca). Da un punto di vista metodologico, per scongiurare i rischi di autoreferenzialità che la trattazione di un simile tema da parte di un giurista amministrativista italiano può comportare, l’Autore si propone di prendere come punti di riferimento quelle categorie su cui si è fondata l’elaborazione del diritto amministrativo anche nelle dottrine straniere e di analizzarli in chiave comparata, verificando di volta in volta l’originalità del contributo italiano. Vengono pertanto analizzati il rapporto dell’amministrazione con la legge, le caratteristiche formali ed oggettive degli atti esercizio di competenze amministrative e il ruolo del giudice amministrativo, nonché lo statuto degli organi amministrativi e delle relazioni tra essi intercorrenti. In primo luogo, è esaminato il contributo di Santi Romano allo sviluppo della teoria dell’istituzione e della pluralità degli ordinamenti giuridici nel complesso panorama dottrinale di fine ‘800 e in specifica comparazione con la teoria dell’istituzione di Hauriou. L’originalità della concezione romaniana (sopravvissuta alla crisi delle categorie dello Stato liberale) risiede nell’individuazione degli elementi fondamentali dell’ordinamento giuridico nella plurisoggettività, nell’organizzazione e nella normazione. In particolare, la pluralizzazione dei poteri istituzionali all’interno della sfera giuridica dell’organizzazione statale è all’origine dell’elaborazione della nozione di organo come strumento di esternazione della volontà dell’ente, che ha rappresentato un contributo originale allo sviluppo del diritto amministrativo, consentendo di superare le difficoltà connesse al trasferimento dell’istituto civilistico della rappresentanza all’organizzazione pubblica. Al contrario, vengono prese in considerazione la nozione di interesse legittimo e quella di procedimento amministrativo come simboli di un’originalità “mancata”, per il fatto che le intuizioni della dottrina italiana non sono riuscite a trovare un adeguato riconoscimento. In questi casi, la marginalità dell’apporto delle elaborazioni teoriche italiane su tematiche centrali nello sviluppo del diritto amministrativo si può spiegare principalmente con il ruolo politicamente marginale dell’Italia nel “gioco delle influenze” (ovvero nella capacità di importare ed esportare modelli giuridici da combinare con il particolarismo delle diverse tradizioni giuridiche nazionali), nonché alla (conseguentemente) scarsa diffusione della lingua italiana. Così la specificità della natura sostanziale della posizione di interesse legittimo (elaborata nelle teorie di Ranelletti e Zanobini) si è affermata soltanto in Italia (con riconoscimento a livello costituzionale), sebbene anche gli altri ordinamenti conoscano una differenziazione nei caratteri e nelle forme di tutela delle posizioni soggettive. Parimenti, nonostante la legge del 1865 sull’abolizione del contezioso amministrativo e le pronunce del giudice amministrativo recassero in nuce i principi fondamentali alla base del giusto procedimento (poi elaborati da A.M. Sandulli nel 1940), l’Italia è giunta con netto ritardo rispetto agli altri Paesi ad adottare una legge sul procedimento e più risentendo dei reflussi della produzione d’oltralpe (ed in specie della legge tedesca sul procedimento del 1976) piuttosto che valorizzando l’esperienza nazionale.

Il contributo originale della dottrina italiana al diritto amministrativo

MASSERA, ALBERTO
2010-01-01

Abstract

Il saggio si propone di analizzare il contributo della dottrina italiana allo sviluppo delle categorie e degli strumenti del diritto amministrativo, sottolineandone il carattere originale rispetto alla produzione d’oltralpe (specie con riferimento all’esperienza giuridica tedesca). Da un punto di vista metodologico, per scongiurare i rischi di autoreferenzialità che la trattazione di un simile tema da parte di un giurista amministrativista italiano può comportare, l’Autore si propone di prendere come punti di riferimento quelle categorie su cui si è fondata l’elaborazione del diritto amministrativo anche nelle dottrine straniere e di analizzarli in chiave comparata, verificando di volta in volta l’originalità del contributo italiano. Vengono pertanto analizzati il rapporto dell’amministrazione con la legge, le caratteristiche formali ed oggettive degli atti esercizio di competenze amministrative e il ruolo del giudice amministrativo, nonché lo statuto degli organi amministrativi e delle relazioni tra essi intercorrenti. In primo luogo, è esaminato il contributo di Santi Romano allo sviluppo della teoria dell’istituzione e della pluralità degli ordinamenti giuridici nel complesso panorama dottrinale di fine ‘800 e in specifica comparazione con la teoria dell’istituzione di Hauriou. L’originalità della concezione romaniana (sopravvissuta alla crisi delle categorie dello Stato liberale) risiede nell’individuazione degli elementi fondamentali dell’ordinamento giuridico nella plurisoggettività, nell’organizzazione e nella normazione. In particolare, la pluralizzazione dei poteri istituzionali all’interno della sfera giuridica dell’organizzazione statale è all’origine dell’elaborazione della nozione di organo come strumento di esternazione della volontà dell’ente, che ha rappresentato un contributo originale allo sviluppo del diritto amministrativo, consentendo di superare le difficoltà connesse al trasferimento dell’istituto civilistico della rappresentanza all’organizzazione pubblica. Al contrario, vengono prese in considerazione la nozione di interesse legittimo e quella di procedimento amministrativo come simboli di un’originalità “mancata”, per il fatto che le intuizioni della dottrina italiana non sono riuscite a trovare un adeguato riconoscimento. In questi casi, la marginalità dell’apporto delle elaborazioni teoriche italiane su tematiche centrali nello sviluppo del diritto amministrativo si può spiegare principalmente con il ruolo politicamente marginale dell’Italia nel “gioco delle influenze” (ovvero nella capacità di importare ed esportare modelli giuridici da combinare con il particolarismo delle diverse tradizioni giuridiche nazionali), nonché alla (conseguentemente) scarsa diffusione della lingua italiana. Così la specificità della natura sostanziale della posizione di interesse legittimo (elaborata nelle teorie di Ranelletti e Zanobini) si è affermata soltanto in Italia (con riconoscimento a livello costituzionale), sebbene anche gli altri ordinamenti conoscano una differenziazione nei caratteri e nelle forme di tutela delle posizioni soggettive. Parimenti, nonostante la legge del 1865 sull’abolizione del contezioso amministrativo e le pronunce del giudice amministrativo recassero in nuce i principi fondamentali alla base del giusto procedimento (poi elaborati da A.M. Sandulli nel 1940), l’Italia è giunta con netto ritardo rispetto agli altri Paesi ad adottare una legge sul procedimento e più risentendo dei reflussi della produzione d’oltralpe (ed in specie della legge tedesca sul procedimento del 1976) piuttosto che valorizzando l’esperienza nazionale.
2010
Massera, Alberto
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