Si conia, nel saggio, la definizione di “testo mobile” per il teatro di Dario Fo, affrontando il problema dell’intreccio, apparentemente inestricabile, fra arte drammaturgica e performativa che lo contraddistingue, in relazione specialmente alla qualità organicistica delle opere e a quella multiforme dell’“attore autore” (interprete creatore, regista, scenografo e costumista dei suoi testi-spettacolo). Il problema investe non solo l’ambito della mobilità spettacolare, ampiamente testimoniata, e della scrittura, che nel suo caso è indubbiamente scenica, ma anche quello della pubblicazione editoriale e, oramai, della riproducibilità tecnica, quest’ultima perlopiù attraverso registrazioni audiovisive dal vivo. Di tali diversi ma interferenti aspetti si è tenuto conto nell’esame del fenomeno, che si manifesta con tratti eccezionali in "Mistero Buffo", cresciuto come spettacolo in modo abnorme a partire dal 1969 dell’esordio fino a oggi (includendo nuovi linguaggi, dal giullaresco padano-veneto reinventato al grammelot anche internazionale). Più che un percorso a tappe, comunque non lineari, un puzzle le cui tessere si sono combinate variamente e ulteriormente, sulla scorta dei riferimenti, attualizzati, alla cronaca e alla storia (dove passato remoto e presente si rispecchiano), ma anche delle nuove invenzioni drammaturgiche e sceniche, sempre in rapporto complice e provocatorio, persino fustigatorio, con il pubblico. Lo stesso "Mistero Buffo" mostra, d’altra parte, la sua testuale mobilità anche nella successione variata delle stampe (alle quali l’imprendibile “teatrante” non ha voluto rinunciare), analizzate fino alla summa nell’ultima e nuova edizione Einaudi 2003, forse l’unico “libro” in senso letterale. Nella prospettiva assunta dobbiamo fare dei distinguo relativamente alle “commedie”, generalmente stampate e rieditate senza sostanziali varianti, che avvengono sempre e comunque sul campo, durante le occasioni della recita. Ciononostante, dall’esame della genesi testuale (in senso bipolare) dell’intero corpus del teatro di Fo, che implica diverse tipologie, emergono almeno due casi significativi di mobilità: la provocatoria battuta finale di Enea-Franca Rame aggiunta nello spettacolo del 1977 (registrato per la tv, dieci anni dopo la prima edizione Einaudi del testo), e soprattutto il doppio finale rintracciabile nelle varie stampe di "Morte accidentale di un anarchico", commedia che sancisce nel ’70, subito dopo "Mistero Buffo", la metamorfosi di Dario e Franca da “giullari della borghesia” in “giullari del popolo”.
"Il testo mobile di Dario Fo"
BARSOTTI, ANNA
2010-01-01
Abstract
Si conia, nel saggio, la definizione di “testo mobile” per il teatro di Dario Fo, affrontando il problema dell’intreccio, apparentemente inestricabile, fra arte drammaturgica e performativa che lo contraddistingue, in relazione specialmente alla qualità organicistica delle opere e a quella multiforme dell’“attore autore” (interprete creatore, regista, scenografo e costumista dei suoi testi-spettacolo). Il problema investe non solo l’ambito della mobilità spettacolare, ampiamente testimoniata, e della scrittura, che nel suo caso è indubbiamente scenica, ma anche quello della pubblicazione editoriale e, oramai, della riproducibilità tecnica, quest’ultima perlopiù attraverso registrazioni audiovisive dal vivo. Di tali diversi ma interferenti aspetti si è tenuto conto nell’esame del fenomeno, che si manifesta con tratti eccezionali in "Mistero Buffo", cresciuto come spettacolo in modo abnorme a partire dal 1969 dell’esordio fino a oggi (includendo nuovi linguaggi, dal giullaresco padano-veneto reinventato al grammelot anche internazionale). Più che un percorso a tappe, comunque non lineari, un puzzle le cui tessere si sono combinate variamente e ulteriormente, sulla scorta dei riferimenti, attualizzati, alla cronaca e alla storia (dove passato remoto e presente si rispecchiano), ma anche delle nuove invenzioni drammaturgiche e sceniche, sempre in rapporto complice e provocatorio, persino fustigatorio, con il pubblico. Lo stesso "Mistero Buffo" mostra, d’altra parte, la sua testuale mobilità anche nella successione variata delle stampe (alle quali l’imprendibile “teatrante” non ha voluto rinunciare), analizzate fino alla summa nell’ultima e nuova edizione Einaudi 2003, forse l’unico “libro” in senso letterale. Nella prospettiva assunta dobbiamo fare dei distinguo relativamente alle “commedie”, generalmente stampate e rieditate senza sostanziali varianti, che avvengono sempre e comunque sul campo, durante le occasioni della recita. Ciononostante, dall’esame della genesi testuale (in senso bipolare) dell’intero corpus del teatro di Fo, che implica diverse tipologie, emergono almeno due casi significativi di mobilità: la provocatoria battuta finale di Enea-Franca Rame aggiunta nello spettacolo del 1977 (registrato per la tv, dieci anni dopo la prima edizione Einaudi del testo), e soprattutto il doppio finale rintracciabile nelle varie stampe di "Morte accidentale di un anarchico", commedia che sancisce nel ’70, subito dopo "Mistero Buffo", la metamorfosi di Dario e Franca da “giullari della borghesia” in “giullari del popolo”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.