Lo studio muove dall’analisi del grado di influenza ed interrelazione che le politiche di coesione hanno prodotto nella configurazione delle attuali politiche europee per la ricerca, l’innovazione e la formazione professionale permanente, a loro volta originatesi dalla nuova visione comunitaria in materia, scaturita dal Consiglio europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000. Tali politiche settoriali sono, infatti, necessariamente calibrate sull’ambizioso obiettivo strategico di far divenire il modello europeo “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo”, cui recentemente si è aggiunta la proposta di dotare l’Europa di una “quinta libertà” – la libera circolazione delle conoscenze –, che aggiungendosi alle tradizionali libertà di circolazione di beni, servizi, persone e capitali, le permetta di sfruttare il proprio potenziale di creatività. Si è tentato, allora, di verificare come dette politiche settoriali, inserite nell’ambito della c.d. economia del sapere, siano in grado di generare un nuovo modello di sviluppo, in cui si coniughino la dimensione “economica” e quella “sociale”. In secondo luogo, si è reso necessario ricostruire e valutare l’approccio delle istituzioni europee verso la ricerca, che pare, al momento orientato in un’ottica pan-pubblicistica, in considerazione sia della configurazione data al diritto all’istruzione nell’ambito della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, sia delle prese di posizioni in tal senso adottate negli atti comunitari afferenti l’istruzione e, più in generale, l’Università. Il punto cruciale del lavoro consiste nel rinvenire il possibile equilibrio tra le ragioni della coesione e le ragioni della concorrenza nell’attuare le riforme necessarie per garantire il realizzarsi di un’economia della conoscenza basata sulla libera circolazione della stessa. Infatti, se la comparabilità dei diplomi rilasciati dai vari Stati membri, basato su un regime di crediti di insegnamento articolato in due cicli, può condurre alla promozione della mobilità di ricercatori e lavoratori, grazie ad una valutazione della qualità a dimensione europea, è evidente, altresì, come tutto ciò non solo possa prestarsi a dare attuazione a politiche di coesione, assicurando a tutti gli Stati membri di partecipare e beneficiare di un mercato comune della conoscenza, ma anche richiedere una pregiudiziale valutazione circa i rapporto che l’Unione stessa impone tra ricerca, istruzione e concorrenza; basti pensare in proposito al delicato tema del finanziamento delle istituzioni scolastiche, e soprattutto, universitarie.

Ricerca e istruzione nel prisma delle politiche di coesione

PASSALACQUA, MICHELA
2010-01-01

Abstract

Lo studio muove dall’analisi del grado di influenza ed interrelazione che le politiche di coesione hanno prodotto nella configurazione delle attuali politiche europee per la ricerca, l’innovazione e la formazione professionale permanente, a loro volta originatesi dalla nuova visione comunitaria in materia, scaturita dal Consiglio europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000. Tali politiche settoriali sono, infatti, necessariamente calibrate sull’ambizioso obiettivo strategico di far divenire il modello europeo “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo”, cui recentemente si è aggiunta la proposta di dotare l’Europa di una “quinta libertà” – la libera circolazione delle conoscenze –, che aggiungendosi alle tradizionali libertà di circolazione di beni, servizi, persone e capitali, le permetta di sfruttare il proprio potenziale di creatività. Si è tentato, allora, di verificare come dette politiche settoriali, inserite nell’ambito della c.d. economia del sapere, siano in grado di generare un nuovo modello di sviluppo, in cui si coniughino la dimensione “economica” e quella “sociale”. In secondo luogo, si è reso necessario ricostruire e valutare l’approccio delle istituzioni europee verso la ricerca, che pare, al momento orientato in un’ottica pan-pubblicistica, in considerazione sia della configurazione data al diritto all’istruzione nell’ambito della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, sia delle prese di posizioni in tal senso adottate negli atti comunitari afferenti l’istruzione e, più in generale, l’Università. Il punto cruciale del lavoro consiste nel rinvenire il possibile equilibrio tra le ragioni della coesione e le ragioni della concorrenza nell’attuare le riforme necessarie per garantire il realizzarsi di un’economia della conoscenza basata sulla libera circolazione della stessa. Infatti, se la comparabilità dei diplomi rilasciati dai vari Stati membri, basato su un regime di crediti di insegnamento articolato in due cicli, può condurre alla promozione della mobilità di ricercatori e lavoratori, grazie ad una valutazione della qualità a dimensione europea, è evidente, altresì, come tutto ciò non solo possa prestarsi a dare attuazione a politiche di coesione, assicurando a tutti gli Stati membri di partecipare e beneficiare di un mercato comune della conoscenza, ma anche richiedere una pregiudiziale valutazione circa i rapporto che l’Unione stessa impone tra ricerca, istruzione e concorrenza; basti pensare in proposito al delicato tema del finanziamento delle istituzioni scolastiche, e soprattutto, universitarie.
2010
Passalacqua, Michela
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