Nel dibattito politico corrente in Italia, il termine “moralismo” viene usato in una varietà di significati, alcuni dei quali antichi, altri nuovi. Secondo una costruzione retorica recente, il moralista (i) dispone di un sistema morale inadeguato e/o superato, (ii) è egli stesso un essere moralmente inferiore, (iii) non capisce la realtà in cui vorrebbe operare, (iv) è condannato all’inefficacia pratica e in particolare politica. L’insofferenza verso il “moralismo” parrebbe dover rinviare a un nuovo, più avanzato, sistema morale. Ma raramente il vecchio viene sfidato apertamente. Piuttosto, si manifesta in una serie di manovre di aggiramento, una delle quali (a) mette in campo alcune meta-norme: (1) uno non dovrebbe pretendere dagli altri l’osservanza di norme, che non è disposto a osservare lui stesso; (2) l’invidia verso un violatore spesso è l’unica ragione per lamentare la violazione; (3) la politica, per la sua natura di lotta senza esclusione di colpi, non è un campo in cui si possano invocare argomenti morali. L’inosservanza di tali meta-norme, esse sì di validità indiscussa, squalifica chiunque pretenda l’osservanza delle norme. (b) Del resto, quali norme siano in vigore in un certo momento è sempre altamente incerto. D’altra parte, pretendere l’esecuzione di una norma desueta è in sé illegale. (c) Si può poi rilevare l’eccessiva concentrazione prospettica di chi lamenta una violazione. Ampliando la visuale, la posta politica, e quindi anche morale, in gioco risulta differente, e la questione della violazione di una norma si rivela irrilevante. (d) Con l’evoluzione del costume certe norme di onore e onorabilità risultano superate. Ad esempio, la gamma delle prestazioni personali oggetto di scambio si allarga, con soddisfazione di tutti. Gli atti che prima venivano qualificati disdicevoli, o corrotti, ormai si moltiplicano, senza alcuna retrograda remora. (e) Vi è poi il problema dell’efficacia. In politica, un’azione deve essere efficace. Presupporre negli altri le stesse reazioni morali a determinati atti, ad esempio, dell’attuale Presidente del Consiglio, della nostra piccola conventicola di nicchia è uno sbaglio antropologico, che porta alla sconfitta politica. Lo scopo del presente lavoro è di vagliare, oltre che di esporre, le manovre di tipo (a), (b), (c), (d), e (e). La conclusione è che un minimo di attaccamento popolare alle istituzioni del nostro Stato è necessario se esso deve essere preservato nella sua forma di democrazia costituzionale.
Il 'moralismo': una prima ricognizione.
COSTA, GIACOMO
2011-01-01
Abstract
Nel dibattito politico corrente in Italia, il termine “moralismo” viene usato in una varietà di significati, alcuni dei quali antichi, altri nuovi. Secondo una costruzione retorica recente, il moralista (i) dispone di un sistema morale inadeguato e/o superato, (ii) è egli stesso un essere moralmente inferiore, (iii) non capisce la realtà in cui vorrebbe operare, (iv) è condannato all’inefficacia pratica e in particolare politica. L’insofferenza verso il “moralismo” parrebbe dover rinviare a un nuovo, più avanzato, sistema morale. Ma raramente il vecchio viene sfidato apertamente. Piuttosto, si manifesta in una serie di manovre di aggiramento, una delle quali (a) mette in campo alcune meta-norme: (1) uno non dovrebbe pretendere dagli altri l’osservanza di norme, che non è disposto a osservare lui stesso; (2) l’invidia verso un violatore spesso è l’unica ragione per lamentare la violazione; (3) la politica, per la sua natura di lotta senza esclusione di colpi, non è un campo in cui si possano invocare argomenti morali. L’inosservanza di tali meta-norme, esse sì di validità indiscussa, squalifica chiunque pretenda l’osservanza delle norme. (b) Del resto, quali norme siano in vigore in un certo momento è sempre altamente incerto. D’altra parte, pretendere l’esecuzione di una norma desueta è in sé illegale. (c) Si può poi rilevare l’eccessiva concentrazione prospettica di chi lamenta una violazione. Ampliando la visuale, la posta politica, e quindi anche morale, in gioco risulta differente, e la questione della violazione di una norma si rivela irrilevante. (d) Con l’evoluzione del costume certe norme di onore e onorabilità risultano superate. Ad esempio, la gamma delle prestazioni personali oggetto di scambio si allarga, con soddisfazione di tutti. Gli atti che prima venivano qualificati disdicevoli, o corrotti, ormai si moltiplicano, senza alcuna retrograda remora. (e) Vi è poi il problema dell’efficacia. In politica, un’azione deve essere efficace. Presupporre negli altri le stesse reazioni morali a determinati atti, ad esempio, dell’attuale Presidente del Consiglio, della nostra piccola conventicola di nicchia è uno sbaglio antropologico, che porta alla sconfitta politica. Lo scopo del presente lavoro è di vagliare, oltre che di esporre, le manovre di tipo (a), (b), (c), (d), e (e). La conclusione è che un minimo di attaccamento popolare alle istituzioni del nostro Stato è necessario se esso deve essere preservato nella sua forma di democrazia costituzionale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.