André Vauchez nella sua opera La sainteté en Occident aux derniers siècles du Moyen Âge (1198-1431) , afferma che il compito dello storico di fronte agli eventi miracolosi deve incentrarsi non sulla veridicità o meno dei miracoli, ma sullo studio della mentalità e del rapporto miracolo-fedele. E’ indubbio però che i miracoli riferiti dalle fonti agiografiche dovevano riflettere l’incidenza delle malattie nell’ambito della comunità di riferimento; in altri termini le guarigioni miracolose non ci potevano essere senza la presenza reale delle malattie da guarire. Seguendo questa linea di ricerca lo storico francese Pierre-André Sigal, nella sua opera L’homme et le miracle dans la France médiévale (XIe-XIIe siècle) , studiando la Francia nei secoli XI e XII, ha constatato che i paralitici rappresentano un terzo dei miracolati totali; di seguito vi sono i ciechi (17%), i sordomuti (11%) e i malati di mente (8%). Abbiamo applicato questo modello di studio ai miracoli di san Ranieri (1117ca.- 1160) e di santa Bona (1156-1207), allo scopo di ottenere informazioni sulla patocenosi (insieme delle malattie) della Pisa del XII secolo, nel senso codificato da Mirko Grmek nella sua opera fondamentale Les maladies à l'aube de la civilisation occidentale. A questo scopo abbiamo utilizzato come casistica medica le descrizioni delle guarigioni miracolose, tratte dai testi agiografici relativi a san Ranieri e a santa Bona, classificandole in base al tipo di patologia, alla possibile diagnosi e alla località dell’evento. Per quanto riguarda san Ranieri ben 114 eventi miracolosi su 135, pari all’84%, si verificano a Pisa o nel contado pisano; in 21 casi, pari al 15%, i miracoli avvengono in località anche molto lontane da Pisa, come Costantinopoli e la Sicilia a sud e la via di san Giacomo di Compostela a nord, ma si tratta quasi sempre di eventi che riguardano cittadini pisani. Quanto a santa Bona, con una casistica numericamente molto più ridotta, 16 miracoli su 25, pari al 67%, si verificano a Pisa, mentre 8, pari al 33%, avvengono in località fuori Pisa; da segnalare il fatto che, contrariamente a san Ranieri, ben 6 miracoli, pari al 25%, si verificano a Lucca, il che dimostra quantomeno una notevole diffusione del culto di santa Bona anche nel comune limitrofo. Le patologie più frequenti risultano quelle del sistema nervoso, pari al 20,6%, comprendenti sia le malattie psichiatriche, rappresentate dagli indemoniati e dagli ossessi, che quelle neurologiche, rappresentate dalle paralisi. Il dato si rivela interessante, perché dimostra l’importanza di patologie che di solito sfuggono alla normale indagine paleopatologica. Al secondo posto, anche se a distanza, si pongono le febbri, che sembrano comunque relativamente frequenti (8,6%) e potrebbero essere messe in relazione con l’ambiente malarico della pianura costiera pisana, ricca da sempre di ambienti lagunari e paludosi, e quindi potenzialmente malarica. Seguono i traumi e le cadute (8,1%), i ciechi e gli storpi (7,5%) e le malattie delle articolazioni (5,6%), gli ascessi (5%), le cefalee e le emicranie (4,4%). Altre malattie come le ragadi, le emorragie (comprese le menorragie), gli edemi localizzati o diffusi e le scrofole (tubercolosi linfoghiandolare del collo) raggiungono una frequenza di circa il 3%. Emerge con chiarezza da questi dati la complessità della patocenosi che caratterizzava la Pisa del XII secolo. Si nota una netta predilezione di san Ranieri per le malattie del sistema nervoso, pari al 23,8% delle guarigioni miracolose, unita ad una esclusività assoluta per i ciechi e le malattie oculari, pari all’8,8%, che non rientrano nella sfera di intervento di santa Bona (0%); la santa pisana manifesta invece una vera e propria esclusiva per i traumi, che costituiscono ben il 32% della sua casistica, contro appena il 3,7% di san ranieri. Il dato è di difficile spiegazione, ma potrebbe esprimere l’afferenza ai due santi di classi sociali diverse, verosimilmente più popolare e di conseguenza più esposta ad incidenti quella che si rivolgeva a santa Bona, più elevata nella scala sociale e più benestante, e quindi con problematiche patologiche diverse, quella che si rivolgeva a san Ranieri. Abbiamo ritenuto opportuno mettere a confronto i dati dei due santi pisani con quelli di alcuni santi francesi coevi. A questo scopo abbiamo utilizzato la classificazione di Sigal, anche se non concordiamo affatto con i gruppi nosologici proposti da questo Autore, in quanto includono malattie con diversa eziologia ed anche molto lontane tra loro. Risulta che i santi francesi trattano maggiormente malattie più simboliche dal punto di vista agiografico, come le paralisi, comprendenti ben il 34,3% della casistica in Francia e solo l’8,8% a Pisa, la cecità, con un 17,5% contro il 7,5%, e la sordità, con l’11,1% contro appena il 3,8%. I santi pisani invece, anche se mostrano una predilezione per le malattie del sistema nervoso, comprendenti il 29,7% della casistica contro il 10,7%, trattano di più le malattie infettive localizzate, come i “tumori” (ascessi) e le ulcere, con un 15,2% contro il 4,5%, i traumi, con l’11,3% contro il 3,6% e le febbri, con l’8,8% contro il 4,1%. Si tratta verosimilmente di patocenosi di ambienti diversi, espressione a Pisa di una grande città marinara in ambiente lagunare, quindi verosimilmente malarico, aperta ai commerci e di conseguenza anche alle malattie infettive di importazione, e con uno stile di vita non esente da rischi.
Le malattie nella Pisa del XII secolo attraverso le fonti agiografiche
FORNACIARI, GINO;
2011-01-01
Abstract
André Vauchez nella sua opera La sainteté en Occident aux derniers siècles du Moyen Âge (1198-1431) , afferma che il compito dello storico di fronte agli eventi miracolosi deve incentrarsi non sulla veridicità o meno dei miracoli, ma sullo studio della mentalità e del rapporto miracolo-fedele. E’ indubbio però che i miracoli riferiti dalle fonti agiografiche dovevano riflettere l’incidenza delle malattie nell’ambito della comunità di riferimento; in altri termini le guarigioni miracolose non ci potevano essere senza la presenza reale delle malattie da guarire. Seguendo questa linea di ricerca lo storico francese Pierre-André Sigal, nella sua opera L’homme et le miracle dans la France médiévale (XIe-XIIe siècle) , studiando la Francia nei secoli XI e XII, ha constatato che i paralitici rappresentano un terzo dei miracolati totali; di seguito vi sono i ciechi (17%), i sordomuti (11%) e i malati di mente (8%). Abbiamo applicato questo modello di studio ai miracoli di san Ranieri (1117ca.- 1160) e di santa Bona (1156-1207), allo scopo di ottenere informazioni sulla patocenosi (insieme delle malattie) della Pisa del XII secolo, nel senso codificato da Mirko Grmek nella sua opera fondamentale Les maladies à l'aube de la civilisation occidentale. A questo scopo abbiamo utilizzato come casistica medica le descrizioni delle guarigioni miracolose, tratte dai testi agiografici relativi a san Ranieri e a santa Bona, classificandole in base al tipo di patologia, alla possibile diagnosi e alla località dell’evento. Per quanto riguarda san Ranieri ben 114 eventi miracolosi su 135, pari all’84%, si verificano a Pisa o nel contado pisano; in 21 casi, pari al 15%, i miracoli avvengono in località anche molto lontane da Pisa, come Costantinopoli e la Sicilia a sud e la via di san Giacomo di Compostela a nord, ma si tratta quasi sempre di eventi che riguardano cittadini pisani. Quanto a santa Bona, con una casistica numericamente molto più ridotta, 16 miracoli su 25, pari al 67%, si verificano a Pisa, mentre 8, pari al 33%, avvengono in località fuori Pisa; da segnalare il fatto che, contrariamente a san Ranieri, ben 6 miracoli, pari al 25%, si verificano a Lucca, il che dimostra quantomeno una notevole diffusione del culto di santa Bona anche nel comune limitrofo. Le patologie più frequenti risultano quelle del sistema nervoso, pari al 20,6%, comprendenti sia le malattie psichiatriche, rappresentate dagli indemoniati e dagli ossessi, che quelle neurologiche, rappresentate dalle paralisi. Il dato si rivela interessante, perché dimostra l’importanza di patologie che di solito sfuggono alla normale indagine paleopatologica. Al secondo posto, anche se a distanza, si pongono le febbri, che sembrano comunque relativamente frequenti (8,6%) e potrebbero essere messe in relazione con l’ambiente malarico della pianura costiera pisana, ricca da sempre di ambienti lagunari e paludosi, e quindi potenzialmente malarica. Seguono i traumi e le cadute (8,1%), i ciechi e gli storpi (7,5%) e le malattie delle articolazioni (5,6%), gli ascessi (5%), le cefalee e le emicranie (4,4%). Altre malattie come le ragadi, le emorragie (comprese le menorragie), gli edemi localizzati o diffusi e le scrofole (tubercolosi linfoghiandolare del collo) raggiungono una frequenza di circa il 3%. Emerge con chiarezza da questi dati la complessità della patocenosi che caratterizzava la Pisa del XII secolo. Si nota una netta predilezione di san Ranieri per le malattie del sistema nervoso, pari al 23,8% delle guarigioni miracolose, unita ad una esclusività assoluta per i ciechi e le malattie oculari, pari all’8,8%, che non rientrano nella sfera di intervento di santa Bona (0%); la santa pisana manifesta invece una vera e propria esclusiva per i traumi, che costituiscono ben il 32% della sua casistica, contro appena il 3,7% di san ranieri. Il dato è di difficile spiegazione, ma potrebbe esprimere l’afferenza ai due santi di classi sociali diverse, verosimilmente più popolare e di conseguenza più esposta ad incidenti quella che si rivolgeva a santa Bona, più elevata nella scala sociale e più benestante, e quindi con problematiche patologiche diverse, quella che si rivolgeva a san Ranieri. Abbiamo ritenuto opportuno mettere a confronto i dati dei due santi pisani con quelli di alcuni santi francesi coevi. A questo scopo abbiamo utilizzato la classificazione di Sigal, anche se non concordiamo affatto con i gruppi nosologici proposti da questo Autore, in quanto includono malattie con diversa eziologia ed anche molto lontane tra loro. Risulta che i santi francesi trattano maggiormente malattie più simboliche dal punto di vista agiografico, come le paralisi, comprendenti ben il 34,3% della casistica in Francia e solo l’8,8% a Pisa, la cecità, con un 17,5% contro il 7,5%, e la sordità, con l’11,1% contro appena il 3,8%. I santi pisani invece, anche se mostrano una predilezione per le malattie del sistema nervoso, comprendenti il 29,7% della casistica contro il 10,7%, trattano di più le malattie infettive localizzate, come i “tumori” (ascessi) e le ulcere, con un 15,2% contro il 4,5%, i traumi, con l’11,3% contro il 3,6% e le febbri, con l’8,8% contro il 4,1%. Si tratta verosimilmente di patocenosi di ambienti diversi, espressione a Pisa di una grande città marinara in ambiente lagunare, quindi verosimilmente malarico, aperta ai commerci e di conseguenza anche alle malattie infettive di importazione, e con uno stile di vita non esente da rischi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.