La globalizzazione viene spesso descritta come un’onda travolgente che negli ultimi 15-20 anni ha spazzato via equilibri consolidati e antiche certezze: quasi tutti i problemi vengono declinati al globale, giustificando solo per questo l’esigenza di mutare radicalmente approccio rispetto al passato. A ciò si aggiunga che nelle società europee alcuni aspetti della globalizzazione (ad esempio, l’immigrazione e il radicalismo religioso) hanno talora provocato, quale reazione, la crescente valorizzazione della dimensione locale, vista come fattore che rassicura i cittadini a fronte della perdita di certezze circa la propria identità. In questo contesto, molti voci si levano a criticare il carattere antiquato dello Stato, in quanto naturalmente incapace di affrontare da solo problematiche le cui dimensioni e caratteristiche travalicano gli angusti limiti delle frontiere. Questo approccio si risolve spesso nella tendenza a ricercare in livelli di governi più ampi la soluzione ai bisogni (diritti, benessere, sviluppo, sicurezza etc.): le organizzazioni internazionali classiche (es. ONU), le organizzazioni regionali di tipo sovranazionale (es. UE), i vertici dei maggiori attori politici (es. G8 o G20) sono sempre più destinatari di aspettative (talvolta esagerate) e di critiche (spesso ingenerose). Talora viene proposto l’abbandono definitivo dello Stato nazione a favore di organismi regionali (es., un’UE con caratteristiche marcatamente federale) capaci di coagulare i bisogni di collettività più ampie e di difenderne gli interessi nello scenario globale. È proprio vero che la globalizzazione ha una portata rivoluzionaria? Siamo sicuri che lo Stato non sia più adeguato? È concepibile un livello di governo mondiale? Sono giustificate le aspettative e le critiche rivolte agli attuali livelli di governance internazionali, che siano globali o regionali? Quale potrebbero essere le migliorie da apportare a istituzioni quali l’UE al fine di gestire meglio le sfide della globalizzazione? Siamo certi che tali migliorie debbano necessariamente passare per il superamento o il sostanziale depotenziamento della forma “Stato”?

Nuovi ruoli per i cittadini e lo Stato nella governance internazionale ed europea

DI FILIPPO, MARCELLO
2011-01-01

Abstract

La globalizzazione viene spesso descritta come un’onda travolgente che negli ultimi 15-20 anni ha spazzato via equilibri consolidati e antiche certezze: quasi tutti i problemi vengono declinati al globale, giustificando solo per questo l’esigenza di mutare radicalmente approccio rispetto al passato. A ciò si aggiunga che nelle società europee alcuni aspetti della globalizzazione (ad esempio, l’immigrazione e il radicalismo religioso) hanno talora provocato, quale reazione, la crescente valorizzazione della dimensione locale, vista come fattore che rassicura i cittadini a fronte della perdita di certezze circa la propria identità. In questo contesto, molti voci si levano a criticare il carattere antiquato dello Stato, in quanto naturalmente incapace di affrontare da solo problematiche le cui dimensioni e caratteristiche travalicano gli angusti limiti delle frontiere. Questo approccio si risolve spesso nella tendenza a ricercare in livelli di governi più ampi la soluzione ai bisogni (diritti, benessere, sviluppo, sicurezza etc.): le organizzazioni internazionali classiche (es. ONU), le organizzazioni regionali di tipo sovranazionale (es. UE), i vertici dei maggiori attori politici (es. G8 o G20) sono sempre più destinatari di aspettative (talvolta esagerate) e di critiche (spesso ingenerose). Talora viene proposto l’abbandono definitivo dello Stato nazione a favore di organismi regionali (es., un’UE con caratteristiche marcatamente federale) capaci di coagulare i bisogni di collettività più ampie e di difenderne gli interessi nello scenario globale. È proprio vero che la globalizzazione ha una portata rivoluzionaria? Siamo sicuri che lo Stato non sia più adeguato? È concepibile un livello di governo mondiale? Sono giustificate le aspettative e le critiche rivolte agli attuali livelli di governance internazionali, che siano globali o regionali? Quale potrebbero essere le migliorie da apportare a istituzioni quali l’UE al fine di gestire meglio le sfide della globalizzazione? Siamo certi che tali migliorie debbano necessariamente passare per il superamento o il sostanziale depotenziamento della forma “Stato”?
2011
DI FILIPPO, Marcello
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