La frammentazione politica della penisola italica nella prima metà del XIX secolo è tale da condizionare molti fattori, compresi gli eventi culturali in generale e lo sviluppo scientifico in particolare. Un esempio eclatante è senz’altro rappresentato dalla particolare distribuzione che la nuova disciplina medico-terapica, nota come Omeopatia, avrà nelle diverse zone del Paese per tutto il XIX secolo ma, soprattutto, nel periodo preunitario. Se la nascita del concetto di omeopatia si deve ai medici inglesi Edward Jenner e William Hunter è merito del tedesco Samuel Friedrich Christian Hahnemann (1755-1843) averlo strutturato in dottrina terapeutica, come reazione personale alla inutilità ed alla pericolosità della farmacopea e dei rimedi dell’epoca. La neonata disciplina ha come sua prima area di massima accoglienza gli ambienti militari austriaci. La gran maggioranza dei medici dell’esercito è composta, già nel primo ventennio del XIX secolo, da medici omeopati e da alti graduati che, insieme a personaggi della nobiltà Asburgica, ne sono ferventi sostenitori. Non deve quindi stupire se la diffusione del sistema terapeutico omeopatico in Europa seguirà, almeno inizialmente, i percorsi di occupazione militare e di conquista territoriale da parte dell’esercito austriaco. Uno dei primissimi territori ad essere interessato al fenomeno è sicuramente il Regno delle due Sicilie. L’inizio e lo sviluppo dell’omeopatia a Napoli ed in Sicilia sono ben documentati. Rare notizie si hanno per la Puglia. In Abruzzo si sviluppa un movimento che ha un ruolo non secondario nella diffusione delle teorie hahnemanniane supportato com’è dal Giornale Abruzzese di Scienze, Lettere e Arti, mentre Melchiorre Delfico, protagonista per eccellenza della cosiddetta Rinascenza teramana, mostra una partecipazione attenta nei confronti dei progressi di questa peculiare disciplina. Assolutamente prive di qualsiasi tipo di notizia sull’argomento, sono al momento la Calabria e la Basilicata. La Calabria costituisce quasi un caso a parte dal momento che viene raccontata, nelle riviste scientifico-letterarie napoletane dell’epoca, come una terra disperata, isolata e trascurata dalla quale nessun contributo culturale, tantomeno scientifico, si sarebbe mai potuto evolvere.
La medicina omeopatica nel meridione d'Italia prima dell'Unità.
CIRANNI, ROSALBA
2012-01-01
Abstract
La frammentazione politica della penisola italica nella prima metà del XIX secolo è tale da condizionare molti fattori, compresi gli eventi culturali in generale e lo sviluppo scientifico in particolare. Un esempio eclatante è senz’altro rappresentato dalla particolare distribuzione che la nuova disciplina medico-terapica, nota come Omeopatia, avrà nelle diverse zone del Paese per tutto il XIX secolo ma, soprattutto, nel periodo preunitario. Se la nascita del concetto di omeopatia si deve ai medici inglesi Edward Jenner e William Hunter è merito del tedesco Samuel Friedrich Christian Hahnemann (1755-1843) averlo strutturato in dottrina terapeutica, come reazione personale alla inutilità ed alla pericolosità della farmacopea e dei rimedi dell’epoca. La neonata disciplina ha come sua prima area di massima accoglienza gli ambienti militari austriaci. La gran maggioranza dei medici dell’esercito è composta, già nel primo ventennio del XIX secolo, da medici omeopati e da alti graduati che, insieme a personaggi della nobiltà Asburgica, ne sono ferventi sostenitori. Non deve quindi stupire se la diffusione del sistema terapeutico omeopatico in Europa seguirà, almeno inizialmente, i percorsi di occupazione militare e di conquista territoriale da parte dell’esercito austriaco. Uno dei primissimi territori ad essere interessato al fenomeno è sicuramente il Regno delle due Sicilie. L’inizio e lo sviluppo dell’omeopatia a Napoli ed in Sicilia sono ben documentati. Rare notizie si hanno per la Puglia. In Abruzzo si sviluppa un movimento che ha un ruolo non secondario nella diffusione delle teorie hahnemanniane supportato com’è dal Giornale Abruzzese di Scienze, Lettere e Arti, mentre Melchiorre Delfico, protagonista per eccellenza della cosiddetta Rinascenza teramana, mostra una partecipazione attenta nei confronti dei progressi di questa peculiare disciplina. Assolutamente prive di qualsiasi tipo di notizia sull’argomento, sono al momento la Calabria e la Basilicata. La Calabria costituisce quasi un caso a parte dal momento che viene raccontata, nelle riviste scientifico-letterarie napoletane dell’epoca, come una terra disperata, isolata e trascurata dalla quale nessun contributo culturale, tantomeno scientifico, si sarebbe mai potuto evolvere.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.