La prima sezione dello studio ("Epistolario e ambivalente attraversamento d'Alfieri") introduce il rapporto di attrazione e distacco da parte di Gustavo Modena nei confronti di Alfieri: attrazione confermata dal fatto che l'attore si confronta con le tragedie dell'Astigiano dall’apprendistato fino alla maturità; distacco puntualmente riscontrato nel suo "Epistolario", che culmina nella lettera a Ippolito d'Aste del 1852, dove però Saul è paragonato a un «miracolo». Ne nasce l’ipotesi che proprio in tali critiche dell’attore si nascondesse la pulsione di un corpo a corpo continuo che avrebbe dato luogo a una nuova interpretazione della tragedia moderna, e di quella alfieriana in particolare. Dopo alcuni esempi del fenomeno, la seconda parte del saggio ("Saul: acrobatico equilibrio fra il «meno che uomo» e il «più che uomo»") si sofferma ad analizzare l'interpretazione modeniana di Saul, ricostruita attraverso il confronto fra testimonianze coeve alle diverse recite, per dimostrare come l’attore, interpretando con moderna umanità il protagonista alfieriano, con il suo inedito «impasto di colori tragici e comici» rispondesse alla «perplessità del cuore» voluta dall’autore. Nella schizofrenia di Saul si manifestano le oscillazioni del personaggio (e dello stesso spettatore) di fronte al mistero; che è poi, per la creatura alfieriana come per il suo ricreatore attorico, la parte inspiegabile della nostra dolente umanità. Nella terza parte ("Postille") si osserva come l’originale impasto tragi-comico, uno degli effetti della «sfasatura» recitativa di Modena, ricadesse sul suo modo di affrontare il verso, scolpendolo per rendere il personaggio «che parla», anche correndo il rischio di destabilizzare lo stesso endecasillabo alfieriano. Si conclude osservando come, in tal modo, l’attore intendesse evadere dalla declamazione, rendendo parlato ma non prosastico quel verso.
"Modena e Alfieri: un corpo a corpo modernizz-attore (con un approfondimento nel Saul)"
BARSOTTI, ANNA
2012-01-01
Abstract
La prima sezione dello studio ("Epistolario e ambivalente attraversamento d'Alfieri") introduce il rapporto di attrazione e distacco da parte di Gustavo Modena nei confronti di Alfieri: attrazione confermata dal fatto che l'attore si confronta con le tragedie dell'Astigiano dall’apprendistato fino alla maturità; distacco puntualmente riscontrato nel suo "Epistolario", che culmina nella lettera a Ippolito d'Aste del 1852, dove però Saul è paragonato a un «miracolo». Ne nasce l’ipotesi che proprio in tali critiche dell’attore si nascondesse la pulsione di un corpo a corpo continuo che avrebbe dato luogo a una nuova interpretazione della tragedia moderna, e di quella alfieriana in particolare. Dopo alcuni esempi del fenomeno, la seconda parte del saggio ("Saul: acrobatico equilibrio fra il «meno che uomo» e il «più che uomo»") si sofferma ad analizzare l'interpretazione modeniana di Saul, ricostruita attraverso il confronto fra testimonianze coeve alle diverse recite, per dimostrare come l’attore, interpretando con moderna umanità il protagonista alfieriano, con il suo inedito «impasto di colori tragici e comici» rispondesse alla «perplessità del cuore» voluta dall’autore. Nella schizofrenia di Saul si manifestano le oscillazioni del personaggio (e dello stesso spettatore) di fronte al mistero; che è poi, per la creatura alfieriana come per il suo ricreatore attorico, la parte inspiegabile della nostra dolente umanità. Nella terza parte ("Postille") si osserva come l’originale impasto tragi-comico, uno degli effetti della «sfasatura» recitativa di Modena, ricadesse sul suo modo di affrontare il verso, scolpendolo per rendere il personaggio «che parla», anche correndo il rischio di destabilizzare lo stesso endecasillabo alfieriano. Si conclude osservando come, in tal modo, l’attore intendesse evadere dalla declamazione, rendendo parlato ma non prosastico quel verso.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.