Il saggio fornisce un’introduzione complessiva alla lettura delle opere cosiddette ‘maggiori di Giacomo Leopardi (“Canti”, “Operette Morali”Discorso sopra lo stato presente dei Costumi degli Italiani” e “Pensieri”), riproposte nel volume edito da Treccani in occasione delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. La sede editoriale ha in un certo senso sollecitato una proposta critica incentrata sul concetto di ‘modernità’, da intendersi però in una duplice accezione. Da un lato infatti Leopardi è oggetto di una diffusa percezione e di un giudizio critico ampiamente condiviso che gli attribuiscono la responsabilità di avere rinnovato felicemente la tradizione poetica, dando inizio in Italia proprio alla modernità letteraria. D’altro canto non si può dimenticare come al centro stesso della poetica leopardiana si collochi la percezione di un distacco incolmabile tra la condizione dell’io lirico e il «secol morto», gravato da un’insoffribile «nebbia di tedio». Rispetto al suo tempo e alla società contemporanea Leopardi si proclama del resto, in una celebre lettera del marzo 1826, indirizzata a Gian Pietro Vieusseux, irrimediabilmente absent: e appunto nell’absence della sua prospettiva è possibile individuare il carattere centrale, e profondamente innovatore, della sua espressione poetica e filosofica.

La modernità come assenza. Caratteri della rivoluzione leopardiana

FEDI, FRANCESCA
2012-01-01

Abstract

Il saggio fornisce un’introduzione complessiva alla lettura delle opere cosiddette ‘maggiori di Giacomo Leopardi (“Canti”, “Operette Morali”Discorso sopra lo stato presente dei Costumi degli Italiani” e “Pensieri”), riproposte nel volume edito da Treccani in occasione delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. La sede editoriale ha in un certo senso sollecitato una proposta critica incentrata sul concetto di ‘modernità’, da intendersi però in una duplice accezione. Da un lato infatti Leopardi è oggetto di una diffusa percezione e di un giudizio critico ampiamente condiviso che gli attribuiscono la responsabilità di avere rinnovato felicemente la tradizione poetica, dando inizio in Italia proprio alla modernità letteraria. D’altro canto non si può dimenticare come al centro stesso della poetica leopardiana si collochi la percezione di un distacco incolmabile tra la condizione dell’io lirico e il «secol morto», gravato da un’insoffribile «nebbia di tedio». Rispetto al suo tempo e alla società contemporanea Leopardi si proclama del resto, in una celebre lettera del marzo 1826, indirizzata a Gian Pietro Vieusseux, irrimediabilmente absent: e appunto nell’absence della sua prospettiva è possibile individuare il carattere centrale, e profondamente innovatore, della sua espressione poetica e filosofica.
2012
Fedi, Francesca
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