The varied panorama of insane asylums in Tuscany, significantly marked by an array of innovative solutions, fully testifies to the progress made in the debate on asylum architecture , which arose in close correlation with advances in models for treating lunatics. The period between the fina decades of the eighteenth century and the early twentieth century saw experimentation with the asylum space that, having become the primary instrument for knowledge about the mentally ill and their treatment and “moral” rehabilitation, required singular sites and environments. Nearly all the Tuscan architectural facilities were built in areas marked by the exceptional quality of the surroundings and they fit in well with the landscape, an element showing the great attention that psychiatrists and technicians paid to this aspect during the design phase. Vincenzo Chiarugi’s Trattato and the implementation of his proposals in the “psychiatric” section of the Florentine hospital of Bonifazio put an end to the segregation of the insane in prison; in 1785 they launched research into the characteristics of treatment facilities that, according to the psychiatrist, had to be distinguished by harmony and serenity, and be equipped with open, healthy, comfortable and secure spaces. The guidelines he sketched out were widely appreciated both in and outside Italy and were then further developed. A short time later, for example, his pupil Bonaccorsi introduced occupational therapy methods at the Spedale de’ Pazzi in Fregionaia in Lucca, expertly set up in the spaces of the former convent. In the 1840s Joseph Guillaume Desmaisons Dupallans deemed the Lucca insane asylum to be the most favourably located complex in the whole of Italy, as it was marvellously situated on a hill with dense vegetation and surrounded by cultivated fields, in a panoramic position overlooking the plains not far from the city. The characteristics of the area suitable for an insane asylum were delineated in the first half of the nineteenth century, catering to the therapeutic principles gradually developed by psychiatrists. It had to be a suburban area that was healthy, peaceful and with water resources, but that was also large enough to permit the creation of a microcosm – at once urban and rural – reflecting the order and harmony of the outside world and permitting re-education through physical exercise and work. These were the premises for building the insane asylum of San Nicolò in Siena, which featured a farming settlement and industrial colonies. Given the unique environmental features of the large park on the hill of Collegigliato, with aristocratic villas alongside elegant gardens, the Casa di Cura in Pistoia experimented with reconstructing a residential microcosm for the noble and middle classes to which it catered. Instead, San Salvi in Florence, a brand-new structure built in a vast suburban area near the hills of Fiesole, was founded on the idea of simulating the features of “ordinary” urban life, offering the solution of a village set harmoniously in the park and equipped with a farming settlement and work houses. Lastly, the therapeutic function of labour seems to have been the decisive factor in the choice of the areas and the architectural definition of the large asylum villages of Volterra and Arezzo. Distinguished by constructions dotting the grounds and fitting in well with the hillsides, both enjoyed a lovely sweeping view.

Il saggio riassume i risultati della ricerca PRIN 2008 sui complessi manicomiali in Toscana. .Nell’arco temporale di un secolo e mezzo, dagli ultimi decenni del Settecento fino all’inizio del Novecento, in Toscana si assiste alla sperimentazione dello spazio manicomiale che, divenuto lo strumento primario per la cura e la riabilitazione “morale” dell’alienato e in seguito proiettato verso la simulazione dei stili della vita “ordinaria” e la ricreazione materica dell’ambiente per renderlo consono alla vita vissuta dal folle, invocava un luogo e un contesto ambientale singolari, non solo adeguati dal punto di vista igienico-sanitario, ma anche rispettosi nei confronti del territorio circostante e avvalorati da pregi paesaggistici. Si delinea un percorso che in modo graduale, in corrispondenza al quadro politico-sociale e in rapporto alle conquiste nel campo scientifico medico, evidenzia la progressiva attenzione sugli aspetti ambientali, prima negli organismi adattati- trasformati per il nuovo uso del frenocomio, poi in quelli edificati ex novo, concentrandosi anche sulle varie sperimentazioni dei microcosmi, mimando le realtà vissute dai malati: dalle “ricostruzioni” del mondo urbano alle rievocazioni degli ambiti rurali, dalla restituzione degli ambienti familiari ai ceti sociali bassi alle riproposizioni degli habitat consoni ai ceti nobiliari e borghesi, fino ad “aprire le porte verso il mondo reale”. Vincenzo Chiarugi, medico e per lungo periodo direttore dell’Ospedale della carità per dementi di Bonifazio, svolse un ruolo assai rilevante nel dibattito della nascente psichiatria: ripudiando i mezzi di contenzione e di violenza fisica e vedendo nel manicomio lo strumento primario per l’osservazione, per la cura e il recupero dell’alienato, pose le basi per la definizione dello spazio architettonico manicomiale. Affiancato dall’architetto, Giuseppe Salvetti, assunse un ruolo decisionale nel connotare in senso terapeutico gli spazi interni dell’ospedale, inaugurando così la prassi basata sulla stretta collaborazione tra alienista e tecnico nella definizione della struttura architettonica. Per primo sottolineò l’importanza del ruolo che l’edificio e l’ambiente dovevano svolgere nel trattamento “morale” e “organico” e tra gli adeguati requisiti del luogo sottolineava la presenza di aree aperte, della comodità, tranquillità, ritiratezza e dell’organizzazione dello spazio in modo da evocare l’armonia del corpo. La linea tracciata dal Chiarugi, apprezzata in Italia e all’estero, è stata sviluppata nel secolo successivo da molti alienisti. Il suo allievo Giovanni Buonaccorsi, ad esempio, introdusse nello Spedale de’ Pazzi di Fregionaia di Lucca i metodi di ergoterapia e di affidamento etero-familiare dei ricoverati che, uniti al trattamento “tutto dolce” e ai vantaggi forniti dal luogo (il frenocomio situato in posizione panoramica sulla pianura circostante, su un colle avvolto da folta vegetazione e singolarmente articolato da due grandi e luminosi chiostri), contribuirono in modo decisivo alle guarigioni degli alienati ottenute in questo manicomio. Dalle ricerche attuate nella prima metà dell’ottocento emerge il modello del manicomio ideale strutturato a forma di un microcosmo che, oltre a garantire le condizioni di salubrità e di tutela della società, riflette l’ordine e la gerarchia del mondo esterno, trasmette l’armonia e la serenità, simula la vita in famiglia e consente l’attività lavorativa. La maggior parte di questi presupposti trovano riscontro nell’ospedale San Niccolò di Siena, dove a partire dal 1874, al potenziamento della terapia del lavoro tramite la formazione di una colonia agricola e di diverse colonie industriali corrispose il mutamento della facies di tipo residenziale in un simulacro della grande villa-fattoria, corredata dal villaggio del lavoro con le modeste case disseminate sul colle. Considerate le peculiari caratteristiche ambientali e paesaggistiche del grande parco sul Collegigliato pistoiese, munito di ville signorili poste sul poggio nel mezzo di eleganti giardini e boschetti, Agostino Sbertoli sperimentava nel 1868, invece, la “Casa di salute” privata, caratterizzata da un’originale fisionomia architettonica che suggeriva un microcosmo residenziale conformato secondo i modelli abitativi dei ceti nobiliari e borghesi cui si rivolgeva. A Firenze il San Salvi, inaugurato nel 1887, rappresenta un esempio significativo nella sperimentazione tardo ottocentesca. Nel progetto formulato da Augusto Tamburini, alienista, e dall’architetto Giacomo Roster, venne prospettata la ricreazione di un sistema architettonico-ambientale connotato da armonia, ordine, piacevolezza e comodità, in modo tale da consentire ai ricoverati una vita “ordinaria”, simile a quella urbana e rurale da cui prevalentemente provenivano, e che permettesse agli alienisti l’applicazione della terapia morale e organica nel luogo autonomo rispetto al territorio circostante e adeguatamente inserito nel contesto ambientale. Differenti, invece, gli aspetti ambientali qualificanti i manicomi di Arezzo e Volterra, che formatisi con percorso piuttosto tortuoso, optarono per il modello del villaggio, dotato di grandi colonie agricole e case di lavoro, e sperimentarono le tecniche terapeutiche di no restraint e di open door. La filosofia di questi progetti basata sul lavoro quale terapia particolarmente efficace per la cura, per la rigenerazione morale e per la guarigione si orienta verso la ricreazione di microcosmi rurali e delle borgate, a cui erano consoni i sistemi diffusi degli edifici (e non gli schemi rigorosi), formati da strutture libere e mirati ad annientare la percezione della reclusione. Il manicomio senese adagiato sul pendio della collina, nel gradevole contesto paesaggistico, riproponeva sia l’ambiente evocativo di un sobborgo, formato da edifici di svariato aspetto e uso, liberamente disseminati nel verde, sia l’imitazione della comune fattoria toscana, composta di fabbricati agricoli e per allevamento, destinati a uso della colonia agricola. A Volterra, i requisiti ambientali e paesaggistici determinarono non solo la scelta del terreno, ma risultarono decisivi nella definizione dell’impianto complessivo del frenocomio.

Frenocomi in Toscana: aspetti ambientali e paesaggistici nella sperimentazione dello spazio manicomiale

KARWACKA, EWA JOLANTA
2013-01-01

Abstract

The varied panorama of insane asylums in Tuscany, significantly marked by an array of innovative solutions, fully testifies to the progress made in the debate on asylum architecture , which arose in close correlation with advances in models for treating lunatics. The period between the fina decades of the eighteenth century and the early twentieth century saw experimentation with the asylum space that, having become the primary instrument for knowledge about the mentally ill and their treatment and “moral” rehabilitation, required singular sites and environments. Nearly all the Tuscan architectural facilities were built in areas marked by the exceptional quality of the surroundings and they fit in well with the landscape, an element showing the great attention that psychiatrists and technicians paid to this aspect during the design phase. Vincenzo Chiarugi’s Trattato and the implementation of his proposals in the “psychiatric” section of the Florentine hospital of Bonifazio put an end to the segregation of the insane in prison; in 1785 they launched research into the characteristics of treatment facilities that, according to the psychiatrist, had to be distinguished by harmony and serenity, and be equipped with open, healthy, comfortable and secure spaces. The guidelines he sketched out were widely appreciated both in and outside Italy and were then further developed. A short time later, for example, his pupil Bonaccorsi introduced occupational therapy methods at the Spedale de’ Pazzi in Fregionaia in Lucca, expertly set up in the spaces of the former convent. In the 1840s Joseph Guillaume Desmaisons Dupallans deemed the Lucca insane asylum to be the most favourably located complex in the whole of Italy, as it was marvellously situated on a hill with dense vegetation and surrounded by cultivated fields, in a panoramic position overlooking the plains not far from the city. The characteristics of the area suitable for an insane asylum were delineated in the first half of the nineteenth century, catering to the therapeutic principles gradually developed by psychiatrists. It had to be a suburban area that was healthy, peaceful and with water resources, but that was also large enough to permit the creation of a microcosm – at once urban and rural – reflecting the order and harmony of the outside world and permitting re-education through physical exercise and work. These were the premises for building the insane asylum of San Nicolò in Siena, which featured a farming settlement and industrial colonies. Given the unique environmental features of the large park on the hill of Collegigliato, with aristocratic villas alongside elegant gardens, the Casa di Cura in Pistoia experimented with reconstructing a residential microcosm for the noble and middle classes to which it catered. Instead, San Salvi in Florence, a brand-new structure built in a vast suburban area near the hills of Fiesole, was founded on the idea of simulating the features of “ordinary” urban life, offering the solution of a village set harmoniously in the park and equipped with a farming settlement and work houses. Lastly, the therapeutic function of labour seems to have been the decisive factor in the choice of the areas and the architectural definition of the large asylum villages of Volterra and Arezzo. Distinguished by constructions dotting the grounds and fitting in well with the hillsides, both enjoyed a lovely sweeping view.
2013
Karwacka, EWA JOLANTA
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/254744
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