Giunge a colmare un vuoto il bel libro di Stefano Masini e Cinzia Scaffidi Sementi e Diritti. Grammatiche di libertà (Bra, Cuneo, Slow Food Editore 2009), che discute di riduzionismo, complessità e diritti nel campo dell’agricoltura e della produzione di cibo. Gli autori affrontano molti temi, seguendo un percorso che parte dalla rivoluzione verde fino ad arrivare alla possibilità di brevettazione del vivente, e ripropongono il problema della differenza tra la scoperta di qualcosa già esistente in natura, e perciò patrimonio dell’umanità, e l’invenzione opera dell’ingegno umano, e come tale potenzialmente brevettabile. In realtà, quando si tratta di risorse biologiche utilizzate in agricoltura, la distinzione tra invenzione e scoperta si fa meno netta, poiché l’innovazione agricola è stata continua e collettiva, a partire dalla domesticazione di piante, animali e microrganismi avvenuta oltre 10.000 anni fa: essa ha prodotto varietà e razze locali che rappresentano risorse genetiche frutto di scelte e incroci operati dagli agricoltori, che hanno selezionato le piante, dapprima inconsapevolmente e in seguito con sapiente consapevolezza, seguendo molteplici criteri. Questo tipo di selezione artificiale durata migliaia di anni in diverse aree geografiche del mondo ha prodotto molti genotipi e varietà di piante adattate ad essere coltivate ed utilizzate come alimenti, fibre, materie prime industriali, un grande patrimonio di agrobiodiversità, ereditato dalle generazioni che ci hanno preceduto e che non dovrebbe essere oggetto di brevettazione. Questi concetti sono espressi dagli autori che, ricorrendo ad una felice metafora, paragonano il miglioramento delle sementi portato avanti dalle agricolture tradizionali in tutto il mondo al sistema open source che opera nella world wide web.

Biodiversità delle sementi: bene privato o patrimonio dell’umanità? [The biodiversity of seeds: private property or heritage of humanity?]

GIOVANNETTI, MANUELA
2009-01-01

Abstract

Giunge a colmare un vuoto il bel libro di Stefano Masini e Cinzia Scaffidi Sementi e Diritti. Grammatiche di libertà (Bra, Cuneo, Slow Food Editore 2009), che discute di riduzionismo, complessità e diritti nel campo dell’agricoltura e della produzione di cibo. Gli autori affrontano molti temi, seguendo un percorso che parte dalla rivoluzione verde fino ad arrivare alla possibilità di brevettazione del vivente, e ripropongono il problema della differenza tra la scoperta di qualcosa già esistente in natura, e perciò patrimonio dell’umanità, e l’invenzione opera dell’ingegno umano, e come tale potenzialmente brevettabile. In realtà, quando si tratta di risorse biologiche utilizzate in agricoltura, la distinzione tra invenzione e scoperta si fa meno netta, poiché l’innovazione agricola è stata continua e collettiva, a partire dalla domesticazione di piante, animali e microrganismi avvenuta oltre 10.000 anni fa: essa ha prodotto varietà e razze locali che rappresentano risorse genetiche frutto di scelte e incroci operati dagli agricoltori, che hanno selezionato le piante, dapprima inconsapevolmente e in seguito con sapiente consapevolezza, seguendo molteplici criteri. Questo tipo di selezione artificiale durata migliaia di anni in diverse aree geografiche del mondo ha prodotto molti genotipi e varietà di piante adattate ad essere coltivate ed utilizzate come alimenti, fibre, materie prime industriali, un grande patrimonio di agrobiodiversità, ereditato dalle generazioni che ci hanno preceduto e che non dovrebbe essere oggetto di brevettazione. Questi concetti sono espressi dagli autori che, ricorrendo ad una felice metafora, paragonano il miglioramento delle sementi portato avanti dalle agricolture tradizionali in tutto il mondo al sistema open source che opera nella world wide web.
2009
Giovannetti, Manuela
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/366487
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