Per un’Italia a sovranità dimezzata e con i problemi storici d’identità e di classe dirigente, l’Europa invece di un’opportunità rischia, in tempi di crisi, di essere una gabbia. L’austerità fiscale alimenta populismi che tentano di cavalcare il disagio sociale e una disgregazione in stato di avanzamento nella società civile. Le tensioni che prima potevano scaricarsi su aggiustamenti ammessi o su opzioni estreme (svalutazione del tasso di cambio) incidono direttamente sulle riserve di risparmio privato. Nel capitalismo controllato d’antan lo stato disponeva di vari strumenti per un’azione di cuscinetto (riserve valutarie, spesa sociale), in quello odierno sono le famiglie con uno stile tradizionale di scelte finanziarie a essere più esposte agli aggiustamenti attraverso una contrazione dei propri averi. La conseguenza è di assistere a redistribuzioni di ricchezza all’inverso, dal basso verso l’alto. Le due istituzioni più importanti della zona euro, la banca centrale e la moneta, hanno lo stesso marchio d’origine nello stato nazionale il cui progetto era di mettere avanti la società rispetto all’economia. Oggi è difficile stabilire cosa sia rimasto di quel progetto che era proprio anche della costruzione europea. Per incardinare la società europea sui mercati non c’è di certo bisogno degli stati, ma nemmeno delle strutture oligarchico-burocratiche europee, democratiche solo di facciata, feudali nella sostanza. Il sistema attuale ha finito per intrappolare gli stati deboli, tra i quali l’Italia è forse il più forte, almeno per il momento, e con essi far sopportare alle aree più fragili e agli stessi strati sociali più gracili un peso maggiore e iniquo. È su quelle stesse spalle che poggia la società libera, solidale e responsabile nella quale Tommaso credeva profondamente. (Dalla conclusione)

“Scelte politiche e fatti economici” ieri e oggi (trent’anni dopo)

CONTI, GIUSEPPE
2013-01-01

Abstract

Per un’Italia a sovranità dimezzata e con i problemi storici d’identità e di classe dirigente, l’Europa invece di un’opportunità rischia, in tempi di crisi, di essere una gabbia. L’austerità fiscale alimenta populismi che tentano di cavalcare il disagio sociale e una disgregazione in stato di avanzamento nella società civile. Le tensioni che prima potevano scaricarsi su aggiustamenti ammessi o su opzioni estreme (svalutazione del tasso di cambio) incidono direttamente sulle riserve di risparmio privato. Nel capitalismo controllato d’antan lo stato disponeva di vari strumenti per un’azione di cuscinetto (riserve valutarie, spesa sociale), in quello odierno sono le famiglie con uno stile tradizionale di scelte finanziarie a essere più esposte agli aggiustamenti attraverso una contrazione dei propri averi. La conseguenza è di assistere a redistribuzioni di ricchezza all’inverso, dal basso verso l’alto. Le due istituzioni più importanti della zona euro, la banca centrale e la moneta, hanno lo stesso marchio d’origine nello stato nazionale il cui progetto era di mettere avanti la società rispetto all’economia. Oggi è difficile stabilire cosa sia rimasto di quel progetto che era proprio anche della costruzione europea. Per incardinare la società europea sui mercati non c’è di certo bisogno degli stati, ma nemmeno delle strutture oligarchico-burocratiche europee, democratiche solo di facciata, feudali nella sostanza. Il sistema attuale ha finito per intrappolare gli stati deboli, tra i quali l’Italia è forse il più forte, almeno per il momento, e con essi far sopportare alle aree più fragili e agli stessi strati sociali più gracili un peso maggiore e iniquo. È su quelle stesse spalle che poggia la società libera, solidale e responsabile nella quale Tommaso credeva profondamente. (Dalla conclusione)
2013
Conti, Giuseppe
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/531869
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