Questo studio si propone di analizzare le origini dell’industria cinematografica in Italia, le prime tecnologie e iniziative imprenditoriali. Grazie alle strategie di penetrazione delle case straniere francesi e americane produttrici di apparecchi e filmati, sorsero l’esercizio, strutturatosi quasi subito con una certa vitalità, la produzione e, dal 1907, le prime case di commercio e distribuzione di una qualche rilevanza. Accanto ad imprenditori dinamici e competenti, oltre che dotati di fiuto pionieristico, operarono anche speculatori e affaristi improvvisati che, senza alcuna conoscenza tecnica e artistica, costituirono società cinematografiche, attratti dai facili e cospicui guadagni, realizzando solo una o due pellicole, spesso senza neppure riuscire a commercializzarle. Pur con non poche disparità regionali e il sorgere di alcuni “poli cinematografici” all’avanguardia nel dare spazio alla settima arte e nell’incrementare le relative attività (vedi la produzione a Torino e a Roma e la distribuzione a Napoli) l’intera filiera si radicò nella Penisola. Nonostante la scarsa integrazione all’interno della stessa – problema destinato ad esplodere nel dopoguerra quando il modello hollywoodiano acquisì in campo internazionale l’egemonia economica e culturale -, la cronica mancanza di capitali, profitti inattesi e rovesci disastrosi, il cinema italiano seppe comunque individuare un autonomo sentiero di sviluppo, mostrò di possedere saperi, esperienze e professionalità e di saper realizzare prodotti in grado di conquistare i mercati internazionali. Non solo: l’Italia fu il Paese che contribuì maggiormente all’affermazione e alla diffusione internazionale del lungometraggio, anticipando cinematografie assai più avanzate e aggressive, come quella francese e statunitense.
Quando la tecnologia non era arte e gli imprenditori erano impresari. Note sull’origine della filiera cinematografica in Italia
MANETTI, DANIELA
2013-01-01
Abstract
Questo studio si propone di analizzare le origini dell’industria cinematografica in Italia, le prime tecnologie e iniziative imprenditoriali. Grazie alle strategie di penetrazione delle case straniere francesi e americane produttrici di apparecchi e filmati, sorsero l’esercizio, strutturatosi quasi subito con una certa vitalità, la produzione e, dal 1907, le prime case di commercio e distribuzione di una qualche rilevanza. Accanto ad imprenditori dinamici e competenti, oltre che dotati di fiuto pionieristico, operarono anche speculatori e affaristi improvvisati che, senza alcuna conoscenza tecnica e artistica, costituirono società cinematografiche, attratti dai facili e cospicui guadagni, realizzando solo una o due pellicole, spesso senza neppure riuscire a commercializzarle. Pur con non poche disparità regionali e il sorgere di alcuni “poli cinematografici” all’avanguardia nel dare spazio alla settima arte e nell’incrementare le relative attività (vedi la produzione a Torino e a Roma e la distribuzione a Napoli) l’intera filiera si radicò nella Penisola. Nonostante la scarsa integrazione all’interno della stessa – problema destinato ad esplodere nel dopoguerra quando il modello hollywoodiano acquisì in campo internazionale l’egemonia economica e culturale -, la cronica mancanza di capitali, profitti inattesi e rovesci disastrosi, il cinema italiano seppe comunque individuare un autonomo sentiero di sviluppo, mostrò di possedere saperi, esperienze e professionalità e di saper realizzare prodotti in grado di conquistare i mercati internazionali. Non solo: l’Italia fu il Paese che contribuì maggiormente all’affermazione e alla diffusione internazionale del lungometraggio, anticipando cinematografie assai più avanzate e aggressive, come quella francese e statunitense.File | Dimensione | Formato | |
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