Vitigno di origine Toscana, citato da Pier de Crescenzi (1805) che lo definiva “bellissima uva da serbare”. Successivamente troviamo notizie più precise da Soderini (1590) che trecento anni dopo accennava di sfuggita al Canaiolo, descrivendo il “Canaiolo nero” e l’Uva colore “Canaiola”. Quest’ultima più tardi dal Villifranchi (1773) viene citata come “Canaiolo colore”. L’Acerbi (1825) lo riporta come “Canaiolo nero minuto”. Le notizie sulle caratteristiche morfologiche disponibili sono piuttosto scarse, tuttavia è stato evidenziato che l’Uva colore “Canaiolo” avrebbe foglie con minore tomentosità nella pagina inferiore, mentre il Villifranchi (1773) aggiunge ai biotipi sopraindicati il “Canaiolo rosso piccolo”, riferendo come sinonimo il “Canaiolo cascolo” utilizzato di frequente in alcune zone della provincia di Firenze, che corrisponderebbe al “Canaiolo nero a raspo rosso” presente in Toscana. In particolare O. T. Tozzetti (1858) alla voce “Canajolo” riporta: “Canajolo Lastri: v. Vitis viniferae varietas”; “Canajolo nero grosso” Mich. Vitis parvo botro, acinis subrotundis, nigris, dulcibus Mich. Rar; “Canajolo nero piccolo” Mich. Vitis parvo botro, acinis subrotundis exiguis, nigris, dulcibus Mich. Fr. dulcibus. Mich Fr. et Rar; “Canajolo piccolo” Mich. “Vitis parvo botro, acinis parvis, subrotundis, nigris, dulcibus; Mich. Fr. et Rar.”. Sono state fatte alcune ipotesi etimologiche; secondo una di questa il nome deriverebbe probabilmente da dies caniculares, i giorni canicolari (dal 24 luglio al 24 agosto) perché in quei giorni l’uva inizia ad invaiare. In provincia di Massa Carrara è stato individuato un biotipo, denominato “Merla” che è oggetto di valorizzazione tecnologica, con promettenti risultati il cui profilo molecolare é risultato identico al Canaiolo nero (Scalabrelli et al., 2007; Torello-Marinoni et al., 2009). Per quanto riguarda la presenza del vitigno nella regione Lazio, Giuseppe Acerbi (1825), elenca 4 vitigni chiamati “Canajolo” e a proposito di Canajolo nero scrive: “Poco fra noi costumato. Di granelli piuttosto grossi, e che rendono in vendemmia molto vino di qualità tendente al dolce, ma poco generoso, anzi senza spirito e snervato. In Sabina, Stato Pontificio, trovasi grande abbondanza di quest’uva, ond’è che i vini di quel paese, benché se ne faccia gran commercio per Roma, sieno triviali e di poco prezzo.” Francesco De Bosis (1875), fornisce una sheda ampelografica completa sul vitigno. Origene Cinelli (1884), scrive: “…nel comune di Marta, dove si coltiva la Canaiola alquanto estesamente. Questo vitigno non deve confondersi col Canaiolo toscano, che dà vino delicato sì, ma non serbevole…”. Della Canaiola, poi, l’autore compila una vera e propria scheda ampelografica con tutte le caratteristiche vegetative, produttive e colturali della varietà; aggiunge anche una serie di dati ricavati dalle analisi del vino ricavatone. Mengarini F. (1888), relativamente al territorio viterbese riporta che i vini bianchi costituiscono la quasi totalità della produzione enologica, eccetto il Cannaiolo e l’Aleatico; dopo il 1871 la domanda di vino rosso da parte dei consumatori provenienti dall’Italia Settentrionale, ha fatto aumentare la produzione dei rossi. “Solo da pochi anni ha cominciato ad estendersi la coltivazione delle uve rosse, e i vitigni per la nuova piantagione sono stati quasi tutti importati; fra questi primeggiano il Cannaiolo, …. così a Marta, posta in collina, si confeziona un buon vino rosso detto Cannaiola che appartiene alla categoria dei vini da pasto. Mancini C. (1893). tra i vitigni neri del Viterbese menziona anche il Canaiuolo. Girolamo Molon (1906). Scheda del “Canajolo nero” cita tra sinonimi e aree di coltivazione: “Canajolo nero comune, grosso, Uva Canajola, Uva dei cani, Uva merla, Uva donna, Uva grossa, Cannaiola (Viterbo e Civitavecchia)….”. L’autore sottolinea la presenza per l’Italia di alcuni vitigni chiamati “Canajolo”, ma senza alcuna affinità col vero (Empibotte bianca della Romagna e del Lazio). Zucchini M. (1961), scrive a proposito del vitigno “Produce il 5% sul totale delle uve rosse (perciò lo 0,5% sul totale delle uve da vino), in provincia di Viterbo”. Carosi Demostene (1971) menziona il vitigno Canaiolo nel circondario di Orvieto, nella valle del Tevere e nell’area dei Monti Cimini.

Canaiolo

SCALABRELLI, GIANCARLO;D'ONOFRIO, CLAUDIO;
2015-01-01

Abstract

Vitigno di origine Toscana, citato da Pier de Crescenzi (1805) che lo definiva “bellissima uva da serbare”. Successivamente troviamo notizie più precise da Soderini (1590) che trecento anni dopo accennava di sfuggita al Canaiolo, descrivendo il “Canaiolo nero” e l’Uva colore “Canaiola”. Quest’ultima più tardi dal Villifranchi (1773) viene citata come “Canaiolo colore”. L’Acerbi (1825) lo riporta come “Canaiolo nero minuto”. Le notizie sulle caratteristiche morfologiche disponibili sono piuttosto scarse, tuttavia è stato evidenziato che l’Uva colore “Canaiolo” avrebbe foglie con minore tomentosità nella pagina inferiore, mentre il Villifranchi (1773) aggiunge ai biotipi sopraindicati il “Canaiolo rosso piccolo”, riferendo come sinonimo il “Canaiolo cascolo” utilizzato di frequente in alcune zone della provincia di Firenze, che corrisponderebbe al “Canaiolo nero a raspo rosso” presente in Toscana. In particolare O. T. Tozzetti (1858) alla voce “Canajolo” riporta: “Canajolo Lastri: v. Vitis viniferae varietas”; “Canajolo nero grosso” Mich. Vitis parvo botro, acinis subrotundis, nigris, dulcibus Mich. Rar; “Canajolo nero piccolo” Mich. Vitis parvo botro, acinis subrotundis exiguis, nigris, dulcibus Mich. Fr. dulcibus. Mich Fr. et Rar; “Canajolo piccolo” Mich. “Vitis parvo botro, acinis parvis, subrotundis, nigris, dulcibus; Mich. Fr. et Rar.”. Sono state fatte alcune ipotesi etimologiche; secondo una di questa il nome deriverebbe probabilmente da dies caniculares, i giorni canicolari (dal 24 luglio al 24 agosto) perché in quei giorni l’uva inizia ad invaiare. In provincia di Massa Carrara è stato individuato un biotipo, denominato “Merla” che è oggetto di valorizzazione tecnologica, con promettenti risultati il cui profilo molecolare é risultato identico al Canaiolo nero (Scalabrelli et al., 2007; Torello-Marinoni et al., 2009). Per quanto riguarda la presenza del vitigno nella regione Lazio, Giuseppe Acerbi (1825), elenca 4 vitigni chiamati “Canajolo” e a proposito di Canajolo nero scrive: “Poco fra noi costumato. Di granelli piuttosto grossi, e che rendono in vendemmia molto vino di qualità tendente al dolce, ma poco generoso, anzi senza spirito e snervato. In Sabina, Stato Pontificio, trovasi grande abbondanza di quest’uva, ond’è che i vini di quel paese, benché se ne faccia gran commercio per Roma, sieno triviali e di poco prezzo.” Francesco De Bosis (1875), fornisce una sheda ampelografica completa sul vitigno. Origene Cinelli (1884), scrive: “…nel comune di Marta, dove si coltiva la Canaiola alquanto estesamente. Questo vitigno non deve confondersi col Canaiolo toscano, che dà vino delicato sì, ma non serbevole…”. Della Canaiola, poi, l’autore compila una vera e propria scheda ampelografica con tutte le caratteristiche vegetative, produttive e colturali della varietà; aggiunge anche una serie di dati ricavati dalle analisi del vino ricavatone. Mengarini F. (1888), relativamente al territorio viterbese riporta che i vini bianchi costituiscono la quasi totalità della produzione enologica, eccetto il Cannaiolo e l’Aleatico; dopo il 1871 la domanda di vino rosso da parte dei consumatori provenienti dall’Italia Settentrionale, ha fatto aumentare la produzione dei rossi. “Solo da pochi anni ha cominciato ad estendersi la coltivazione delle uve rosse, e i vitigni per la nuova piantagione sono stati quasi tutti importati; fra questi primeggiano il Cannaiolo, …. così a Marta, posta in collina, si confeziona un buon vino rosso detto Cannaiola che appartiene alla categoria dei vini da pasto. Mancini C. (1893). tra i vitigni neri del Viterbese menziona anche il Canaiuolo. Girolamo Molon (1906). Scheda del “Canajolo nero” cita tra sinonimi e aree di coltivazione: “Canajolo nero comune, grosso, Uva Canajola, Uva dei cani, Uva merla, Uva donna, Uva grossa, Cannaiola (Viterbo e Civitavecchia)….”. L’autore sottolinea la presenza per l’Italia di alcuni vitigni chiamati “Canajolo”, ma senza alcuna affinità col vero (Empibotte bianca della Romagna e del Lazio). Zucchini M. (1961), scrive a proposito del vitigno “Produce il 5% sul totale delle uve rosse (perciò lo 0,5% sul totale delle uve da vino), in provincia di Viterbo”. Carosi Demostene (1971) menziona il vitigno Canaiolo nel circondario di Orvieto, nella valle del Tevere e nell’area dei Monti Cimini.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/781473
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