La “legge di Axelson”. Filologia, estetica, transtestualità

This paper deals with a methodological issue of considerable significance, both theoretical and practical, for classical philology. It addresses the unexamined assumptions which underlie the formulation and the applications of the so-called “Axelson’s principle”, starting from the first occurrence to the present. “Axelson’s principle” (like the similar methods which preceded it) owes its success to the possibility it seems to offer of deciding issues of priority on the basis of a completely “scientific” practice, independently of aestethic considerations. However, a close scrutiny of Axelson’s argument, as well as of those of his precedessors and followers, shows the underlying but pervasive presence of aesthetic evaluations, and reveals that their role is both decisive and unacknowledged. The paper also examines the work of the small number of scholars who formulated methodological objections, of various range, to the methodology underlying Axelson’s principle. The final part of the paper broadens the scope of the methodological and theoretical discussion by addressing the very issue of “imitation”, taking its cue from the work of sociologist and linguist Harvey Sacks and of literary theorist Gérard Genette, and demonstrating the relevance of these two approaches, apparently quite distant from classical philology, to a correct conceptualization of priority issues like those which it is normally thought possible to address by applying “Axelson’s principle”.

Oggetto di questo lavoro è una questione metodologica di notevole rilevanza, sia teorica che pratica, per la filologia classica: esso prende in esame i presupposti non esplicitati alla base della formulazione e delle applicazioni della cosiddetta “legge di Axelson”, a partire dalle prime attestazioni di principi analoghi fino ai giorni nostri. La “legge di Axelson” (come i vari metodi simili che l’hanno preceduta) deve il suo successo alla possibilità che sembra offrire di dirimere le questioni di priorità sulla base di una prassi compiutamente “scientifica”, che prescinde totalmente da considerazioni estetiche. Un esame approfondito delle argomentazioni di Axelson, dei suoi predecessori e dei suoi continuatori, dimostra però la presenza, sotterranea ma pervasiva, di valutazioni di tipo estetico e il loro ruolo tanto misconosciuto quanto dirimente. Il lavoro prende in esame altresì i contributi dei pochissimi studiosi che hanno formulato obiezioni, di respiro molto vario, alla fondatezza metodologica della legge di Axelson. La parte conclusiva estende la portata metodologica e teorica della discussione, affrontando una disamina del concetto stesso di “imitazione” sulla base delle teorie del sociologo e linguista Harvey Sacks e del teorico della letteratura Gérard Genette, e dimostrando l’immediata rilevanza di questi approcci, apparentemente molto lontani dalla filologia classica, per la corretta impostazione di questioni di priorità come quelle che normalmente si ritiene di poter affrontare applicando la “legge di Axelson”.