Da dove ha origine la propensione umana a creare? Da dove quella a produrre, quasi in gara con la natura, qualcosa che trae ispirazione dalla realtà e tuttavia non ne è la copia, ma funge da sostituzione illusoria di ciò che in quel momento non è presente? Lo spazio transizionale, così come lo definisce Winnicott, è una sorta di ponte illusorio, ma non per questo meno reale, gettato a colmare la distanza tra il mondo interno, invisibile e profondo, e le esperienze visibili, quelle che possiamo condividere attraverso la narrazione. E’ uno spazio che sorge, prima dello strutturarsi del linguaggio verbale, come originaria creazione del bambino ancora incapace di parole. E’ uno spazio che permarrà nel tempo per farsi territorio privilegiato delle utopie dell’adulto, dimensione di recupero del proprio passato e di tutto quello che di volta in volta si presenta con i caratteri della lontananza affettiva o dell’irrecuperabilità. La riflessione sulla fruizione e sulla creazione precoci di tracciati grafo-pittorici e di immagini permette anche di sfatare un’idea stereotipata in merito al rapporto tra adulti e bambini e legata a una visione gerarchica e sequenziale del trascorrere del tempo di vita. Essa è ancorata a concezioni stadiali, intese rigidamente come successione di momenti evolutivi sempre più alti, mentre invece la nostra vita si snoda, anche nel momento di massimo sviluppo trasformativo, in un continuo andirivieni; nel movimento bidirezionale che porta fuori i nostri contenuti interni e immette dentro ciò che ci viene dal contatto con il mondo e dagli intrecci relazionali.

Immaginazione, arte e creatività nell'età del nido

GALANTI, MARIA ANTONELLA
2016-01-01

Abstract

Da dove ha origine la propensione umana a creare? Da dove quella a produrre, quasi in gara con la natura, qualcosa che trae ispirazione dalla realtà e tuttavia non ne è la copia, ma funge da sostituzione illusoria di ciò che in quel momento non è presente? Lo spazio transizionale, così come lo definisce Winnicott, è una sorta di ponte illusorio, ma non per questo meno reale, gettato a colmare la distanza tra il mondo interno, invisibile e profondo, e le esperienze visibili, quelle che possiamo condividere attraverso la narrazione. E’ uno spazio che sorge, prima dello strutturarsi del linguaggio verbale, come originaria creazione del bambino ancora incapace di parole. E’ uno spazio che permarrà nel tempo per farsi territorio privilegiato delle utopie dell’adulto, dimensione di recupero del proprio passato e di tutto quello che di volta in volta si presenta con i caratteri della lontananza affettiva o dell’irrecuperabilità. La riflessione sulla fruizione e sulla creazione precoci di tracciati grafo-pittorici e di immagini permette anche di sfatare un’idea stereotipata in merito al rapporto tra adulti e bambini e legata a una visione gerarchica e sequenziale del trascorrere del tempo di vita. Essa è ancorata a concezioni stadiali, intese rigidamente come successione di momenti evolutivi sempre più alti, mentre invece la nostra vita si snoda, anche nel momento di massimo sviluppo trasformativo, in un continuo andirivieni; nel movimento bidirezionale che porta fuori i nostri contenuti interni e immette dentro ciò che ci viene dal contatto con il mondo e dagli intrecci relazionali.
2016
Galanti, MARIA ANTONELLA
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/811237
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact