Il contributo costituisce un commento alla sentenza della Corte di Cassazione 2600/2010 che dispone la revoca di un assegno divorzile e la restituzione di quanto percepito in virtù dello stesso a far data dal passaggio in giudicato della pronuncia di delibazione della sentenza canonica di nullità. La sentenza in oggetto ripropone quindi due categorie di problemi, tra loro connessi e a lungo dibattuti da dottrina e giurisprudenza: da un lato quello del rapporto tra giurisdizione civile e giurisdizione ecclesiastica, dall'altro quello relativo al trattamento del coniuge economicamente più debole. La sentenza non si discosta dall'orientamento ormai consolidato secondo il quale le statuizioni patrimoniali contenute nella sentenza di divorzio sono salve quando sono coperte dal giudicato ed anzi lo conferma posto che giustifica la revoca dell'assegno divorzile in base al fatto che la sentenza di delibazione è passata in giudicato prima della sentenza di divorzio. Sul punto la dottrina ha osservato che rimangono privi di tutela adeguata quei soggetti che vedono dichiarato nullo il loro matrimonio con sentenza canonica riconosciuta dall'ordinamento civile quando ancora la sentenza di divorzio non è passata in giudicato. Tale situazione che vede la prevalenza del principio del giudicato sull'interesse del coniuge economicamente più debole necessiterebbe di un intervento del legislatore che stabilisse un equilibrio tra gli effetti derivanti dalle dichiarazioni di nullità e quelli derivanti dalle pronunce di divorzio.

Nota a Corte di Cassazione 4 febbraio 2010, n. 2600

LAPI, CHIARA
2010-01-01

Abstract

Il contributo costituisce un commento alla sentenza della Corte di Cassazione 2600/2010 che dispone la revoca di un assegno divorzile e la restituzione di quanto percepito in virtù dello stesso a far data dal passaggio in giudicato della pronuncia di delibazione della sentenza canonica di nullità. La sentenza in oggetto ripropone quindi due categorie di problemi, tra loro connessi e a lungo dibattuti da dottrina e giurisprudenza: da un lato quello del rapporto tra giurisdizione civile e giurisdizione ecclesiastica, dall'altro quello relativo al trattamento del coniuge economicamente più debole. La sentenza non si discosta dall'orientamento ormai consolidato secondo il quale le statuizioni patrimoniali contenute nella sentenza di divorzio sono salve quando sono coperte dal giudicato ed anzi lo conferma posto che giustifica la revoca dell'assegno divorzile in base al fatto che la sentenza di delibazione è passata in giudicato prima della sentenza di divorzio. Sul punto la dottrina ha osservato che rimangono privi di tutela adeguata quei soggetti che vedono dichiarato nullo il loro matrimonio con sentenza canonica riconosciuta dall'ordinamento civile quando ancora la sentenza di divorzio non è passata in giudicato. Tale situazione che vede la prevalenza del principio del giudicato sull'interesse del coniuge economicamente più debole necessiterebbe di un intervento del legislatore che stabilisse un equilibrio tra gli effetti derivanti dalle dichiarazioni di nullità e quelli derivanti dalle pronunce di divorzio.
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