La paura è un sentimento sociale: nel duplice senso che da un lato riguarda la vita in società, dall’altro è percepita attraverso filtri di carattere sociale e culturale. Le cose ci appaiono sicure o pericolose, pure o impure, in relazione a sistemi di significato condivisi. Non che non esistano paure universali, come quella della morte o, secondo alcuni, il terrore (rimasto nella nostra memoria filogenetica) della condizione di prede in un mondo di predatori . Ma anche di questi sentimenti biologici e ancestrali abbiamo esperienza attraverso la mediazione delle classificazioni culturali. Come ha mostrato l’antropologa inglese Mary Douglas in alcune memorabili opere, il rischio è per noi collegato all’anomalia classificatoria – un fenomeno che nelle società tradizionali sta alla base del senso di tabù o proibizione e, al tempo stesso, dei processi rituali di purificazione . Le società contemporanee, più individualizzate, ammettono un maggior grado di scostamento dalle norme classificatorie (maggior anticonformismo, minore cogenza di mito e rito). I sistemi simbolici di riferimento sono più fluttuanti e soggetti alla libera scelta individuale. Nondimeno, il senso che diamo all’esperienza sociale è mediato da tali sistemi – che Douglas chiamava “cosmologici”. Allora, occorre conoscere queste cornici prima di poter identificare le “paure”. La stessa idea di “precarietà” può acquisire significati diversi in relazione a diversi sfondi culturali; lo stesso vale per un concetto come la “paura del diverso”, costantemente evocato nella letteratura sopra presa in esame.

Culture della paura

DEI, FABIO
2016-01-01

Abstract

La paura è un sentimento sociale: nel duplice senso che da un lato riguarda la vita in società, dall’altro è percepita attraverso filtri di carattere sociale e culturale. Le cose ci appaiono sicure o pericolose, pure o impure, in relazione a sistemi di significato condivisi. Non che non esistano paure universali, come quella della morte o, secondo alcuni, il terrore (rimasto nella nostra memoria filogenetica) della condizione di prede in un mondo di predatori . Ma anche di questi sentimenti biologici e ancestrali abbiamo esperienza attraverso la mediazione delle classificazioni culturali. Come ha mostrato l’antropologa inglese Mary Douglas in alcune memorabili opere, il rischio è per noi collegato all’anomalia classificatoria – un fenomeno che nelle società tradizionali sta alla base del senso di tabù o proibizione e, al tempo stesso, dei processi rituali di purificazione . Le società contemporanee, più individualizzate, ammettono un maggior grado di scostamento dalle norme classificatorie (maggior anticonformismo, minore cogenza di mito e rito). I sistemi simbolici di riferimento sono più fluttuanti e soggetti alla libera scelta individuale. Nondimeno, il senso che diamo all’esperienza sociale è mediato da tali sistemi – che Douglas chiamava “cosmologici”. Allora, occorre conoscere queste cornici prima di poter identificare le “paure”. La stessa idea di “precarietà” può acquisire significati diversi in relazione a diversi sfondi culturali; lo stesso vale per un concetto come la “paura del diverso”, costantemente evocato nella letteratura sopra presa in esame.
2016
Dei, Fabio
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