Dopo aver constatato come la legislazione nazionale abbia tentato a più riprese di incentivare i gestori ad aggregarsi per rinvenire una dimensione confacente rispetto all’ambito territoriale ottimale, l'autore si sofferma sulle procedure da seguire allo scopo, concludendo che la fusione tra entità societarie a partecipazione pubblica resti sottoposta a procedure ad evidenza ancorchè non tipizzate. In ordine poi ai benefici amministrativi per il subentrante, sebbene si sia trovata una base di diritto europeo per “far salve” le concessioni esistenti, evitando una procedura a doppio oggetto che probabilmente avrebbe disincentivato i tanto auspicati processi aggregativi, pare molto difficoltoso far perno su quel medesimo disposto per sostenere che le concessioni affidate a società in house – ovvero gran parte di quelle appetibili – possano, in conformità al diritto europeo, sic et simpliciter trasmigrare in capo ai subentranti non in house e dunque sprovvisti dei requisiti soggettivi dei predecessori avverso l’amministrazione concedente. A parere dell'autore, la legislazione nazionale di “salvaguardia” omnia, implicitamente di certo estesa anche alle concessioni in house, finisce per traslare l’esonero di procedure concorsuali riferito all’assenza di un soggetto distinto dalla pubblica amministrazione a favore di un soggetto separato e talmente market oriented da rendersi attore di acquisizioni sul mercato. Pertanto, lo studio solleva dubbi circa la compatibilità di tale normativa nazionale con il diritto europeo, infatti, ogni modifica soggettiva nella compagine sociale dell’in house, ove non faccia seguito ad una procedura competitiva, determina una violazione dei principi del diritto europeo in materia di concorrenza non sanabile dal disposto della direttiva concessioni, anzi passibile di integrare un’elusione della stessa.
Il gruppo economico controllato da ente pubblico e il difficile percorso di aggregazione di società di servizi pubblici locali a rete
PASSALACQUA, MICHELA
2017-01-01
Abstract
Dopo aver constatato come la legislazione nazionale abbia tentato a più riprese di incentivare i gestori ad aggregarsi per rinvenire una dimensione confacente rispetto all’ambito territoriale ottimale, l'autore si sofferma sulle procedure da seguire allo scopo, concludendo che la fusione tra entità societarie a partecipazione pubblica resti sottoposta a procedure ad evidenza ancorchè non tipizzate. In ordine poi ai benefici amministrativi per il subentrante, sebbene si sia trovata una base di diritto europeo per “far salve” le concessioni esistenti, evitando una procedura a doppio oggetto che probabilmente avrebbe disincentivato i tanto auspicati processi aggregativi, pare molto difficoltoso far perno su quel medesimo disposto per sostenere che le concessioni affidate a società in house – ovvero gran parte di quelle appetibili – possano, in conformità al diritto europeo, sic et simpliciter trasmigrare in capo ai subentranti non in house e dunque sprovvisti dei requisiti soggettivi dei predecessori avverso l’amministrazione concedente. A parere dell'autore, la legislazione nazionale di “salvaguardia” omnia, implicitamente di certo estesa anche alle concessioni in house, finisce per traslare l’esonero di procedure concorsuali riferito all’assenza di un soggetto distinto dalla pubblica amministrazione a favore di un soggetto separato e talmente market oriented da rendersi attore di acquisizioni sul mercato. Pertanto, lo studio solleva dubbi circa la compatibilità di tale normativa nazionale con il diritto europeo, infatti, ogni modifica soggettiva nella compagine sociale dell’in house, ove non faccia seguito ad una procedura competitiva, determina una violazione dei principi del diritto europeo in materia di concorrenza non sanabile dal disposto della direttiva concessioni, anzi passibile di integrare un’elusione della stessa.File | Dimensione | Formato | |
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