Guardando alla storia del fallimento emerge una doppia anima dell'istituto che ne mette in risalto, a volte, la funzione punitiva, di procedimento volto a costituire un deterrente nei confronti di condotte spregiudicate e a isolare il debitore insolvente dalla comunità; altre volte, quella di consentire, nel rispetto del principio di parità di trattamento e attraverso un’esecuzione collettiva, la distribuzione del residuo patrimonio del debitore che, suo malgrado, non ha avuto successo nell’esercizio dell’attività di impresa, ha cioè, appunto, “fallito”. Tuttavia, analizzando l’evoluzione delle norme che regolano l’insolvenza degli imprenditori e dei debitori comuni, si può notare come l’accezione negativa da sempre associata al debito si è gradualmente affievolita per lasciare il posto a una visione dello stesso per così dire “fisiologica”, quale elemento naturale sia della fattispecie “attività di impresa” sia, più in generale, della vita umana. L'articolo ripercorre i punti di snodo di tale processo evolutivo, dimostrando come le crisi economiche dell’ultimo decennio abbiano indotto il legislatore a dare vita a un sistema di regole che dovrebbe incoraggiare l’emersione precoce dello stato di crisi aziendale, al fine di ridurne quanto più possibile le conseguenze negative sull’impresa e sui relativi stakeholders.

Le conseguenze personali del fallimento dalla “morte civile” alla politica della seconda opportunità

NUZZO, GABRIELE
2016-01-01

Abstract

Guardando alla storia del fallimento emerge una doppia anima dell'istituto che ne mette in risalto, a volte, la funzione punitiva, di procedimento volto a costituire un deterrente nei confronti di condotte spregiudicate e a isolare il debitore insolvente dalla comunità; altre volte, quella di consentire, nel rispetto del principio di parità di trattamento e attraverso un’esecuzione collettiva, la distribuzione del residuo patrimonio del debitore che, suo malgrado, non ha avuto successo nell’esercizio dell’attività di impresa, ha cioè, appunto, “fallito”. Tuttavia, analizzando l’evoluzione delle norme che regolano l’insolvenza degli imprenditori e dei debitori comuni, si può notare come l’accezione negativa da sempre associata al debito si è gradualmente affievolita per lasciare il posto a una visione dello stesso per così dire “fisiologica”, quale elemento naturale sia della fattispecie “attività di impresa” sia, più in generale, della vita umana. L'articolo ripercorre i punti di snodo di tale processo evolutivo, dimostrando come le crisi economiche dell’ultimo decennio abbiano indotto il legislatore a dare vita a un sistema di regole che dovrebbe incoraggiare l’emersione precoce dello stato di crisi aziendale, al fine di ridurne quanto più possibile le conseguenze negative sull’impresa e sui relativi stakeholders.
2016
Nuzzo, Gabriele
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/837941
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact