La presenza, in letteratura, di una varietà di criteri in funzione dei quali definire l’ambito delle aziende familiari (Kotey, 2005) richiede una preventiva e non ambigua adesione all’uno o all’altro degli approcci che tali criteri sottendono. Come è stato rilevato in letteratura, l’eterogeneità nelle definizioni di azienda familiare è da ricondursi non solo alle specificità dei contesti giuridico-normativi culturali, come emerge dagli studi incentrati su comparazioni internazionali, ma anche alla differenziazione del termine “famiglia” all’interno dei diversi contesti nazionali (concezioni più ristrette si rinvengono nella maggior parte dei paesi del Nord Europa o negli Stati Uniti, rispetto a quanto avviene in Spagna, Italia, America Latina o Sud-Est asiatico) (Corbetta, Salvato, 2004; Harms, 2014). In assenza di una tale formale adesione, qualsiasi riflessione sugli assetti di governance e le forme organizzative rischia di produrre risultati incerti e facilmente contestabili, vuoi che sia orientata a meri fini classificatori o all’analisi di particolari criticità, o ancora a finalità normative. In letteratura, sono stati sistematizzati due principali approcci (Liz, 1995; Westead, 1997) ai fini dell’individuazione dell’ambito di studio: lo structure-based approach e l’intention-based approach. Se posti a confronto, il primo approccio presenta l’indubbio vantaggio di una maggiore oggettività, che consente di individuare ex ante l’oggetto di studio, risultato non conseguibile qualora si privilegiasse il secondo approccio, più soggettivo e discrezionale. Non si può tuttavia trascurare il fatto che le due prospettive di osservazione risultino complementari e strettamente collegate (Sharma, Nordqvist, 2008): come emerge dagli studi che indagano sulla relazione tra corporate governance e performance, non è tanto o soltanto la presenza numerica di membri della famiglia all’interno della proprietà e del management a influire sui risultati aziendali, quanto ad esempio le loro caratteristiche in termini di competenze, valori, relazioni di fiducia che si trasfondono nelle scelte strategiche e nelle modalità di gestione del sistema aziendale. Appare peraltro lecito ritenere che la struttura proprietaria, unitamente al grado di coinvolgimento familiare, che si può osservare in un dato momento altro non sia che il risultato di specifiche logiche e dinamiche familiari, che offrono quindi una chiave di lettura e interpretazione dell’esistenza di un certo assetto di governance. Parimenti si può convenire sul fatto che, a prescindere dal loro grado di consapevolezza, l’osservazione di peculiari comportamenti e scelte operate dalla famiglia per quanto attiene ad esempio il processo di delega delle attività direttive, la composizione della struttura manageriale, i percorsi formativi dei membri della famiglia, le modalità di gestione dei passaggi generazionali, il grado di condivisione delle modalità di raggiungimento degli obiettivi aziendali, l’apertura al capitale di terzi aprano la strada ad alcune piuttosto che ad altre configurazioni della struttura di governo. Ma è altrettanto vero il contrario: la struttura della governance, in particolare in relazione alla composizione degli organi, influendo sui processi decisionali, appare in grado di condizionare le scelte organizzative. Si può osservare pertanto, in generale, come la contrapposizione tra approcci structure-based e intention-based appaia certamente funzionale ad analisi volte a confrontare imprese familiari e non familiari, laddove l’integrazione delle due prospettive possa risultare particolarmente utile laddove l’analisi sia orientata a cogliere l’eterogeneità del fenomeno family business in sé (Sharma, Nordqvist, 2008; Nordqvist et al., 2014). Pur nella convinzione della superiorità, a fini interpretativi, di approcci che integrino criteri di natura oggettiva e soggettiva, meglio in grado di cogliere nella sua pienezza il carattere di familiarità dell’impresa, ai fini del presente lavoro si assumerà il criterio contenutistico per delimitare l’ambito di studio. che sembrano trovare origine proprio nel grado di partecipazione al capitale dei membri della famiglia e nel grado di coinvolgimento di quest’ultima nella gestione, preferiamo non segmentare l’universo delle aziende familiari sulla base dei suddetti parametri, anche a costo di rinunciare all’omogeneità del fenomeno indagato. Ci limiteremo pertanto a delimitare l’ambito di studio ricorrendo al criterio della dimensione aziendale, assumendo ad oggetto di analisi le aziende familiari di piccole e medie dimensioni, secondo i parametri relativi al numero di addetti definiti dall’Unione Europea. Gli assetti di governance verranno studiati facendo principalmente riferimento alla loro tipologia, alla composizione del consiglio di amministrazione, all’eventuale presenza di altri organi collegiali, quali ad esempio i consigli di famiglia. Le forme organizzative verranno studiate da molteplici punti di vista, privilegiando tuttavia la composizione della struttura manageriale, ampiezza e profondità degli ambiti di competenza, caratteri distintivi e grado di formalizzazione dell’organizzazione del lavoro e delle attività di gestione delle risorse umane, infine consapevolezza/attenzione allo sviluppo di appartenenza, identificazione, commitment, cittadinanza organizzativa. L’intento dell’analisi non è né semplicemente descrittivo, limitato ad una ricognizione della varietà di assetti e configurazioni, né normativo in senso stretto, in quanto non finalizzato a proporre soluzioni “migliori” o “raccomandabili”. Ci proponiamo piuttosto di far luce su possibili elementi di coerenza/incoerenza, punti di forza/debolezza, criticità attuali e prospettiche, relativi alle scelte che presiedono alla definizione degli organi di governo e organizzazione dell’azienda familiare di piccole e medie dimensioni.

Assetti di governance e forme organizzative nelle PMI familiari

BONTI, MARIACRISTINA;CORI, ENRICO
2016-01-01

Abstract

La presenza, in letteratura, di una varietà di criteri in funzione dei quali definire l’ambito delle aziende familiari (Kotey, 2005) richiede una preventiva e non ambigua adesione all’uno o all’altro degli approcci che tali criteri sottendono. Come è stato rilevato in letteratura, l’eterogeneità nelle definizioni di azienda familiare è da ricondursi non solo alle specificità dei contesti giuridico-normativi culturali, come emerge dagli studi incentrati su comparazioni internazionali, ma anche alla differenziazione del termine “famiglia” all’interno dei diversi contesti nazionali (concezioni più ristrette si rinvengono nella maggior parte dei paesi del Nord Europa o negli Stati Uniti, rispetto a quanto avviene in Spagna, Italia, America Latina o Sud-Est asiatico) (Corbetta, Salvato, 2004; Harms, 2014). In assenza di una tale formale adesione, qualsiasi riflessione sugli assetti di governance e le forme organizzative rischia di produrre risultati incerti e facilmente contestabili, vuoi che sia orientata a meri fini classificatori o all’analisi di particolari criticità, o ancora a finalità normative. In letteratura, sono stati sistematizzati due principali approcci (Liz, 1995; Westead, 1997) ai fini dell’individuazione dell’ambito di studio: lo structure-based approach e l’intention-based approach. Se posti a confronto, il primo approccio presenta l’indubbio vantaggio di una maggiore oggettività, che consente di individuare ex ante l’oggetto di studio, risultato non conseguibile qualora si privilegiasse il secondo approccio, più soggettivo e discrezionale. Non si può tuttavia trascurare il fatto che le due prospettive di osservazione risultino complementari e strettamente collegate (Sharma, Nordqvist, 2008): come emerge dagli studi che indagano sulla relazione tra corporate governance e performance, non è tanto o soltanto la presenza numerica di membri della famiglia all’interno della proprietà e del management a influire sui risultati aziendali, quanto ad esempio le loro caratteristiche in termini di competenze, valori, relazioni di fiducia che si trasfondono nelle scelte strategiche e nelle modalità di gestione del sistema aziendale. Appare peraltro lecito ritenere che la struttura proprietaria, unitamente al grado di coinvolgimento familiare, che si può osservare in un dato momento altro non sia che il risultato di specifiche logiche e dinamiche familiari, che offrono quindi una chiave di lettura e interpretazione dell’esistenza di un certo assetto di governance. Parimenti si può convenire sul fatto che, a prescindere dal loro grado di consapevolezza, l’osservazione di peculiari comportamenti e scelte operate dalla famiglia per quanto attiene ad esempio il processo di delega delle attività direttive, la composizione della struttura manageriale, i percorsi formativi dei membri della famiglia, le modalità di gestione dei passaggi generazionali, il grado di condivisione delle modalità di raggiungimento degli obiettivi aziendali, l’apertura al capitale di terzi aprano la strada ad alcune piuttosto che ad altre configurazioni della struttura di governo. Ma è altrettanto vero il contrario: la struttura della governance, in particolare in relazione alla composizione degli organi, influendo sui processi decisionali, appare in grado di condizionare le scelte organizzative. Si può osservare pertanto, in generale, come la contrapposizione tra approcci structure-based e intention-based appaia certamente funzionale ad analisi volte a confrontare imprese familiari e non familiari, laddove l’integrazione delle due prospettive possa risultare particolarmente utile laddove l’analisi sia orientata a cogliere l’eterogeneità del fenomeno family business in sé (Sharma, Nordqvist, 2008; Nordqvist et al., 2014). Pur nella convinzione della superiorità, a fini interpretativi, di approcci che integrino criteri di natura oggettiva e soggettiva, meglio in grado di cogliere nella sua pienezza il carattere di familiarità dell’impresa, ai fini del presente lavoro si assumerà il criterio contenutistico per delimitare l’ambito di studio. che sembrano trovare origine proprio nel grado di partecipazione al capitale dei membri della famiglia e nel grado di coinvolgimento di quest’ultima nella gestione, preferiamo non segmentare l’universo delle aziende familiari sulla base dei suddetti parametri, anche a costo di rinunciare all’omogeneità del fenomeno indagato. Ci limiteremo pertanto a delimitare l’ambito di studio ricorrendo al criterio della dimensione aziendale, assumendo ad oggetto di analisi le aziende familiari di piccole e medie dimensioni, secondo i parametri relativi al numero di addetti definiti dall’Unione Europea. Gli assetti di governance verranno studiati facendo principalmente riferimento alla loro tipologia, alla composizione del consiglio di amministrazione, all’eventuale presenza di altri organi collegiali, quali ad esempio i consigli di famiglia. Le forme organizzative verranno studiate da molteplici punti di vista, privilegiando tuttavia la composizione della struttura manageriale, ampiezza e profondità degli ambiti di competenza, caratteri distintivi e grado di formalizzazione dell’organizzazione del lavoro e delle attività di gestione delle risorse umane, infine consapevolezza/attenzione allo sviluppo di appartenenza, identificazione, commitment, cittadinanza organizzativa. L’intento dell’analisi non è né semplicemente descrittivo, limitato ad una ricognizione della varietà di assetti e configurazioni, né normativo in senso stretto, in quanto non finalizzato a proporre soluzioni “migliori” o “raccomandabili”. Ci proponiamo piuttosto di far luce su possibili elementi di coerenza/incoerenza, punti di forza/debolezza, criticità attuali e prospettiche, relativi alle scelte che presiedono alla definizione degli organi di governo e organizzazione dell’azienda familiare di piccole e medie dimensioni.
2016
Bonti, Mariacristina; Cori, Enrico
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