Questo capitolo affronta il tema della democrazia nell’Unione europea (UE). La preoccupazione per la costruzione di un’Europa unita e democratica era sicuramente presente nei Trattati di Roma. Da un punto di vista istituzionale tuttavia, la democrazia europea è rimasta incompiuta. Il successo della Comunità Economica Europea fece sì che non si diffondesse una eccessiva preoccupazione per la sua democraticità. Il cosiddetto “consenso permissivo” rilevato attraverso i benevoli e positivi atteggiamenti dei cittadini europei nei confronti di un’Europa che sembrava portare grossi vantaggi con costi materiali e politici molto modesti attribuirono alla Comunità una legittimità sufficiente, ancorché non basata su un controllo democratico diretto da parte dei cittadini europei. Successivamente, solo in due occasioni ritorni di fiamma europeisti produssero iniziative riformatrici aventi come obiettivo l’attribuzione di un fondamento costituzionale all’unificazione federale, politica e democratica, dell’Europa. La prima fu costituita dal Progetto di Trattato per l’Unione Europea (Progetto Spinelli). Nel corso della prima legislatura dell’europarlamento eletto a suffragio universale diretto, Altiero Spinelli ritenne che ci fossero le condizioni per un’accelerazione definitiva verso l’Unione politica europea attraverso un nuovo trattato che prevedesse la costituzione di un sistema federale con un ruolo centrale per il parlamento. La lunga procedura che avrebbe dovuto portare alla sua approvazione produsse un risultato, quello espresso dall’Atto unico europeo (AUE) del 1987, che, almeno dal punto di vista istituzionale, fu ritenuto dai più assai deludente. La seconda occasione fu rappresentata dal non-ratificato Trattato costituzionale del 2004. In questo caso però non si può dire che il progetto di trattato rispondesse a un’ispirazione propriamente federalista; esso si inseriva piuttosto nella logica ancora gradualistica della stagione dei trattati, iniziata nel 1987 con l’AUE e conclusasi per il momento nel 2007 con il Trattato di Lisbona. Ma la democrazia in Europa non può più limitarsi al rispetto e all’accettazione passiva delle regole e delle procedure formali, ma deve basarsi sul consenso attivo dei cittadini. I cittadini devono sentire che sono in grado di esercitare un controllo democratico a entrambi i livelli. I partiti politici sono ancora le strutture attraverso le quali vengono svolte la maggior parte delle funzioni di governo. Anche se i partiti stanno forse trascurando troppo le funzioni di rappresentanza, non sono ancora emerse alternative credibili che sembrino essere in grado di far pervenire efficacemente, le aspirazioni e le richieste dei cittadini alle istituzioni politiche. In Europa la costruzione di un legame di rappresentanza tra i cittadini e le istituzioni attraverso gli stati membri non è più sufficiente e forse non lo è mai stata. Il processo decisionale intergovernativo non è mai stato oggetto di un efficace controllo democratico, ma è stato a lungo ritenuto capace di fornire sufficiente legittimità formale al policy-making dell'UE. Ora questo non è più una certezza. L'impatto delle politiche dell'UE sulle dinamiche politiche e democratiche nazionali è così forte che sono necessarie forme più esplicite e dirette di controllo democratico anche a livello europeo. I partiti devono riformarsi per fornire un collegamento efficace dei cittadini non solo con le istituzioni nazionali, ma anche con quelle a livello UE. Gianfranco Pasquino ha affermato che “l’assunzione di piena consapevolezza della centralità del proprio ruolo ad opera dei partiti politici, dentro il Parlamento europeo e nella società europea, appare talmente importante da diventare decisivo sia per il funzionamento e il potere del Parlamento europeo che per l’unificazione politica e la democratizzazione dell’Unione europea”. Questo è possibile solo se i partiti diventano organizzazioni propriamente multi-livello, come è il sistema politico dell'UE nel quale operano. Anche se l'idea che l'UE è un'organizzazione sui generis è molto diffusa, ogni discussione sul controllo democratico delle azioni di governo parte inevitabilmente da modelli e concetti esistenti. Tali modelli sono forniti da quelle che noi consideriamo le democrazie "normali" ovvero, in larga misura, dai sistemi politici degli stati membri, Anche questa non è una novità. Progetti di riforma dell'UE ricordano sempre soluzioni (parlamentari, presidenziali, o anche semi-presidenziali) adottate al livello degli stati membri o comunque ispirate da sistemi politici esistenti.

Deficit democratico, euroscetticismo e partiti nell'Unione europea

BARDI, LUCIANO
2016-01-01

Abstract

Questo capitolo affronta il tema della democrazia nell’Unione europea (UE). La preoccupazione per la costruzione di un’Europa unita e democratica era sicuramente presente nei Trattati di Roma. Da un punto di vista istituzionale tuttavia, la democrazia europea è rimasta incompiuta. Il successo della Comunità Economica Europea fece sì che non si diffondesse una eccessiva preoccupazione per la sua democraticità. Il cosiddetto “consenso permissivo” rilevato attraverso i benevoli e positivi atteggiamenti dei cittadini europei nei confronti di un’Europa che sembrava portare grossi vantaggi con costi materiali e politici molto modesti attribuirono alla Comunità una legittimità sufficiente, ancorché non basata su un controllo democratico diretto da parte dei cittadini europei. Successivamente, solo in due occasioni ritorni di fiamma europeisti produssero iniziative riformatrici aventi come obiettivo l’attribuzione di un fondamento costituzionale all’unificazione federale, politica e democratica, dell’Europa. La prima fu costituita dal Progetto di Trattato per l’Unione Europea (Progetto Spinelli). Nel corso della prima legislatura dell’europarlamento eletto a suffragio universale diretto, Altiero Spinelli ritenne che ci fossero le condizioni per un’accelerazione definitiva verso l’Unione politica europea attraverso un nuovo trattato che prevedesse la costituzione di un sistema federale con un ruolo centrale per il parlamento. La lunga procedura che avrebbe dovuto portare alla sua approvazione produsse un risultato, quello espresso dall’Atto unico europeo (AUE) del 1987, che, almeno dal punto di vista istituzionale, fu ritenuto dai più assai deludente. La seconda occasione fu rappresentata dal non-ratificato Trattato costituzionale del 2004. In questo caso però non si può dire che il progetto di trattato rispondesse a un’ispirazione propriamente federalista; esso si inseriva piuttosto nella logica ancora gradualistica della stagione dei trattati, iniziata nel 1987 con l’AUE e conclusasi per il momento nel 2007 con il Trattato di Lisbona. Ma la democrazia in Europa non può più limitarsi al rispetto e all’accettazione passiva delle regole e delle procedure formali, ma deve basarsi sul consenso attivo dei cittadini. I cittadini devono sentire che sono in grado di esercitare un controllo democratico a entrambi i livelli. I partiti politici sono ancora le strutture attraverso le quali vengono svolte la maggior parte delle funzioni di governo. Anche se i partiti stanno forse trascurando troppo le funzioni di rappresentanza, non sono ancora emerse alternative credibili che sembrino essere in grado di far pervenire efficacemente, le aspirazioni e le richieste dei cittadini alle istituzioni politiche. In Europa la costruzione di un legame di rappresentanza tra i cittadini e le istituzioni attraverso gli stati membri non è più sufficiente e forse non lo è mai stata. Il processo decisionale intergovernativo non è mai stato oggetto di un efficace controllo democratico, ma è stato a lungo ritenuto capace di fornire sufficiente legittimità formale al policy-making dell'UE. Ora questo non è più una certezza. L'impatto delle politiche dell'UE sulle dinamiche politiche e democratiche nazionali è così forte che sono necessarie forme più esplicite e dirette di controllo democratico anche a livello europeo. I partiti devono riformarsi per fornire un collegamento efficace dei cittadini non solo con le istituzioni nazionali, ma anche con quelle a livello UE. Gianfranco Pasquino ha affermato che “l’assunzione di piena consapevolezza della centralità del proprio ruolo ad opera dei partiti politici, dentro il Parlamento europeo e nella società europea, appare talmente importante da diventare decisivo sia per il funzionamento e il potere del Parlamento europeo che per l’unificazione politica e la democratizzazione dell’Unione europea”. Questo è possibile solo se i partiti diventano organizzazioni propriamente multi-livello, come è il sistema politico dell'UE nel quale operano. Anche se l'idea che l'UE è un'organizzazione sui generis è molto diffusa, ogni discussione sul controllo democratico delle azioni di governo parte inevitabilmente da modelli e concetti esistenti. Tali modelli sono forniti da quelle che noi consideriamo le democrazie "normali" ovvero, in larga misura, dai sistemi politici degli stati membri, Anche questa non è una novità. Progetti di riforma dell'UE ricordano sempre soluzioni (parlamentari, presidenziali, o anche semi-presidenziali) adottate al livello degli stati membri o comunque ispirate da sistemi politici esistenti.
2016
Bardi, Luciano
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11568/846753
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